Portare il conflitto dalla guerra al tavolo degli scacchi. La storia di Tani Adewumi ha a che fare con il fatto che certe ferite non si rimarginano, ma possono anche essere il modo per scoprire un talento. Lo scorso 1 maggio, ad appena 10 anni, Tani è diventato uno dei più giovani campioni di scacchi al mondo, tutti gli Stati Uniti lo applaudono. E' arrivato a questo traguardo lungo una strada piena di ostacoli, mossa dopo mossa ha sconfitto la tentazione di soccombere a un destino triste.
Anche Michelle Obama si è complimentata con lui. In uno dei tanti video che girano, si vede Tani serio di fronte alla scacchiera, concentrato sulla strategia e con un rosario bianco al collo. E' qualcosa di più che un semplice portafortuna o segno scaramantico.
La famiglia Adewumi è dovuta scappare dalla Nigeria nel 2017 per sfuggire alle persecuzioni di Boko Haram contro i cristiani. Indossare un rosario, oggi, è per Tani un gesto audace, sapendo che nella sua terra natale un segno simile può essere una condanna a morte. Non so fare paragoni con le mosse scacchistiche, ma di sicuro non è un giocatore che temporeggia o sta sulla difensiva.
Non ci si può aspettare che chi ha conosciuto la guerra sulla sua pelle stia pacato in disparte. Forse l'aggressività nel gioco di Tani è uno dei tanti modi di trasformare la paura che ha covato dentro in un sentimento meno tremendo e cupo.
Dopo la fuga dalla Nigeria la famiglia Adewumi è stata accolta in un rifugio per senzatetto di Manhattan. Ne sono seguiti anni difficili per mantenersi e trovare il modo di ricostruire una vita in una metropoli enorme e spietata come New York. Ma la Grande Mela si è rivelata anche piena di occasioni. E' nel rifugio per senzatetto che Tani ha scoperto il suo talento: la scuola elementare che frequentava aveva un corso extrascolastico di scacchi. Venne accolto anche se non poteva pagare la quota di iscrizione, il padre lavorava come lavapiatti e autista di Uber e la mamma come donna delle pulizie.
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A due anni di distanza da quel momento critico eppure ricco di sorprese, la madre di Tani prova grande gratitudine. Oggi sono riusciti a trasferirsi in una casa di loro proprietà ed entrambi i genitori hanno un lavoro stabile. E nel frattempo Tani è diventato un campione che è in lizza per battere il record come più giovane grandmaster. Gli esperti sono concordi nel dire che ha avuto una velocità di apprendimento del gioco che è stupefacente.
Negli schacchi le cose sono molto chiare: c'è il bianco e il nero, gli avversari sono uno di fronte all'altro, prima tocca a uno poi all'altro. Non stupisce vedere il contrasto tra questo gioco così ordinato e strategico e il tormento, nascosto, che resta nell'anima di questo bambino.
Chiedo scusa agli amanti degli scacchi. E' una disciplina che ammiro da lontano, perché è l'opposto di ogni mia predisposizione. Non ho mai saputo calcolare le mie mosse, non riesco a farlo nella vita quotidiana e neanche davanti a una scacchiera. Ci ho provato, ma non riesco a ricordare come si muove il cavallo e come l'alfiere. Nella storia di Tani, invece, sembra che adesso le mosse siano pianificate alla perfezione. L'America lo adora, è uscito un libro e a quanto pare si farà anche un film.
E' il perfetto caso del sogno americano che si avvera. Ma io non riesco a smettere di pensare al bambino serio e concentrato davanti alla scacchiera, che però nella vita reale può scoppiare in lacrime da un momento all'altro. Lo capisco, perché chi ha conosciuto la persecuzione deve crearsi uno scudo di difesa molto resistente. Tollerare le incognite per chi ha temuto per la sua vita è dura.
Ma la realtà non sarà mai una scacchiera. Il cavallo s'imbizzarrisce, dà calci e corre dove gli pare. C'è il rischio che, anche avendo pianificato tutto, un brutto scatto matto arrivi a mandare all'aria tutto. Chesterton disse che il poeta non impazzisce ma il giocatore di scacchi sì. Voleva dire che si rischia la follia cercando di applicare all'anima le regole ferre degli scacchi.
Ecco. Spero che Tani diventi un grande campione di scacchi, ma spero che fuori dai tornei accetti la sfida che tutti noi sentiamo ogni giorno, quella di essere poeti. No, non significa scrivere endecasillabi, ma sentire la vertigine di non essere mai pronti e con la mossa giusta in tasca. E' un azzardo enorme quello che scrisse Montale:
Un imprevisto è la sola speranza. Ma mi dicono ch'è una stoltezza dirselo.
La speranza non è una faccenda strategica, è una fiducia quasi folle. E' quella di chi dice: "Stiamo a vedere" e prende forza non dai calcoli, ma dal sapere che il Signore della storia non è un avversario.