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Ilaria: in un fumetto tutto il mio dramma di anoressica

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Silvia Lucchetti - pubblicato il 12/05/21
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Ilaria, trentina di 22 anni, ha rappresentato la sua parabola di anoressica in via di guarigione illustrando un albo ispirato alla favola del Brutto Anatroccolo di Andersen.

Sulla rubrica “Buone notizie” del Corriere della Sera dello scorso 12 aprile leggiamo la storia di Ilaria Gasperotti, una giovane di Trento poco più che ventenne che ha deciso di affidare il racconto della sua storia di anoressica in via di guarigione ad un albo illustrato. Per farlo si è ispirata alla favola del Brutto Anatroccolo di Andersen, ricca di significati sulla sofferenza di crescere e il travaglio di riconoscere la propria personale bellezza. Così ha iniziato a mettere in disegni e parole l’ingresso nella malattia: 

Come Andersen che nelle sue fiabe ha trasferito elementi della sua infanzia difficile, così Ilaria – appena laureatasi in Fumetto e Illustrazione all’Accademia delle Belle Arti di Bologna – ha raccontato la “favola” della sua vita disegnando quel qualcosa che la teneva imprigionata come nella tela di un ragno, che assorbiva completamente i suoi pensieri, che in qualche modo conosceva ma non riusciva a mettere bene a fuoco.

Una creatura mostruosa, l’anoressia, che gli occhi della sua matita hanno “visto” di colore giallo, con due cornetti in testa e stivali alle ginocchia, mentre entra subdolamente nella sua vita come un piccolo e grazioso compagno di giochi. 

Ma strada facendo il mostro cresce mentre la ragazza man mano si riduce sempre più fino a che le ossa non le sporgono minacciosamente dalle spalle. 

Tutto è cominciato alle superiori con una modalità tipica delle storie di anoressia:

Finalmente, recepito questo campanello di estremo allarme, Ilaria ha deciso di farsi seguire dal Centro Gruber, una struttura bolognese in cui vengono trattati con un approccio multidisciplinare i disturbi alimentari.

In questo sforzo di esternare il dramma della malattia e il percorso di rinascita intrapreso, Ilaria ha avuto il sostegno dei professori Emilio Varrà e Octavia Monaco che hanno intuito quello che stava attraversando e l’hanno incoraggiata a prendere carta e matita per liberare e trasmettere le sue emozioni. 

Il lavoro impegnativo che la ragazza ha realizzato, assolutamente meritevole di trovare un editore che lo pubblichi, è stato dedicato alla sua famiglia e alla mamma in particolare, per la continua e trepidante vicinanza con cui ha seguito la malattia della figlia, che indirizza a se stessa l’ultimo plauso per la sua fatica:

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