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Come si fa una preghiera di guarigione e liberazione? Quando si recita?

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 28/04/21
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Padre Adolfo Lippi risponde a queste domande e spiega i tre momenti del rito, distinguendo l'esorcismo "privato" da quello "solenne"

Cos'è la preghiera di liberazione? Da quanti momenti è formata? E chi la può recitare? Ne parla padre Adolfo Lippi, passionista, in "Guarigione e liberazione" (Edizioni Rinnovamento nello Spirito).

«Con queste preghiere - spiega l'autore - si chiede a Dio, alla Madonna, a san Michele Arcangelo, agli angeli e ai santi di venire liberati dagli influssi malefici di Satana (nell’esorcismo ci si rivolge al diavolo in nome di Dio, della Vergine…)». 

Pregare per questo motivo, cioè per essere liberati, osserva Lippi, non solo è lodevole, ma anche raccomandabile, si è sempre fatto e lo si deve fare, in privato e in pubblico. Diciamo subito che la preghiera liberazione è sulle labbra di Gesù. Quando invochiamo Dio onnipotente perché ci liberi dal maligno, facciamo ciò che ci ha insegnato Gesù nel Padre Nostro: "…ma liberaci dal male".

La preghiera di guarigione e liberazione è fatta di tre momenti. Il primo è la lode a Dio per la persona. Per quanto la miseria e magari le trasgressioni della persona siano grandi, la preghiera non comincia con la supplica per la liberazione e la guarigione, ma con la lode a Dio. Si comincia con una lode personalizzata, come tutto, in questo tipo di preghiera, è personalizzato. Si loda Dio per la persona, per la sua vita concreta. Si benedice Dio perché ha creato questa persona, che, comunque, è un dono per la creazione, qualunque cosa abbia fatto. 

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Così si stacca la persona dalla fissazione sopra i suoi mali e si riconduce al disegno primitivo di Dio su di lei, che è certamente un disegno di amore, cioè di vita e di crescita della vita fino alla pienezza, giacché questo è il significato dinamico dell’espressione che si trova tante volte nei Vangeli: vita eterna. 

Secondo momento: l’invocazione. Al momento della lode segue quello della supplica propriamente detta. Si invoca l’aiuto di Dio in obbedienza al comando del Signore. Si fa appello alla compassione di Gesù che guariva tutti i malati che si rivolgevano a lui. Ci si mette in ascolto della persona, ma anche in ascolto dello Spirito per comprendere la malattia e la sua radice. Si può, allora, invocare la misericordia di Dio sul passato della persona, particolarmente sulla sua infanzia, sopra i suoi genitori e antenati, sopra le ferite del cuore, i traumi patiti, le carenze affettive. 

Se lo si ritiene utile o necessario, si fa una preghiera di liberazione, chiedendo l’allontanamento di quegli spiriti di cui si è constatata la presenza o per quanto la persona stessa ha raccontato o dagli effetti che si riscontrano in lei.

Il terzo momento è il rendimento di grazie. La preghiera non si chiude mai senza il ringraziamento per quanto Dio ha certamente operato attraverso di essa. È il terzo momento costitutivo di ogni preghiera sacramentale o carismatica. Il fatto stesso di aver pregato è un segno della compassione e della misericordia di Dio per la persona. 

PRAYING

La preghiera, sottolinea il sacerdote passionista, è accoglienza, benedizione, coinvolgimento nella sofferenza dell’altro, ascolto, dialogo, impegno, unità. Essa, però, non può essere astratta, generica, fredda; inoltre non poggia sulle qualità umane delle persone o sulle tecniche di ascolto e di lettura delle malattie, ma sulla potenza del nome del Signore Gesù. La fede in Gesù – una fede viva e immediata, concreta e aderente alla vita – la persuasione di attuare un suo comando, la carità che essa suscita, opera nel sofferente.

Ma chi può recitare questa preghiera? Sottolinea Lippi che canonisti e moralisti distinguevano tradizionalmente tra l’esorcismo semplice e privato, corrispondente a quella che oggi si preferisce chiamare preghiera di liberazione, e l’esorcismo ufficiale o solenne. Spiegava, a esempio, il noto manuale di teologia morale di Noldin e Schmitt: «L’esorcismo privato, che non è un sacramentale, può essere eseguito da tutti i fedeli […]. L’efficacia di questo esorcismo non deriva dall’autorità o dalle preghiere della Chiesa, né è fatto in nome della Chiesa, ma nel nome di Dio e di Gesù Cristo».

Un altro noto teologo e moralista, Adolfo Tanqueray, consigliava: «Se l’infestazione diabolica è moralmente certa o molto probabile, si possono adoperare, in forma privata, gli esorcismi prescritti dal Rituale romano o altre formule brevi; è bene in questo caso non avvertire la persona che si è sul punto di esorcizzarla, ove si temesse che questo avviso possa turbarne o esaltarne la fantasia; basta dirle che si recita una preghiera approvata dalla Chiesa. Per gli esorcismi solenni occorre la licenza dell’Ordinario e le precauzioni che indicheremo parlando di ossessione».

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