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Le suore che illuminano l’oscurità a Cuba

CUBA
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Macky Arenas - pubblicato il 28/04/21
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“La Chiesa a Cuba trova sempre più cammini innovativi per accompagnare il popolo”

Quest'ordine è presente a Cuba da molto tempo. Nel 1961, quando l'ateismo cercava di imporsi nel Paese, le religiose sono state espulse. Nonostante gli ovvi rischi e le paure che il regime è riuscito a infondere attraverso le crudeli reclusioni, i lavaggi del cervello e le fucilazioni, nel 1987 sono tornate e sono riuscite a rimanere fino a oggi nell'isola grazie all'amore, alla dedizione, al coraggio e all'intelligenza di un gruppo di loro.

Sono a Cuba da 34 anni, e hanno deciso di trasformare la casa principale dell'ordine da convento in un ospizio per anziani. In questo modo hanno modificato la propria spiritualità orientandosi verso un servizio più specifico.

Viviamo una Nazaret

La loro comunità è situata al centro della città di Santa Clara, nella provincia di Villa Clara. Come spiegano loro stesse, è una casa di riferimento a disposizione della Chiesa, della diocesi e delle congregazioni religiose che arrivano per qualche motivo in città. Accolgono tutti, allegre e a braccia aperte.

Nel laboratorio “Madre Bonifacia”, dedicato alla produzione e alla vendita di immagini religiose e bigiotteria, “è una Nazaret che viviamo con donne di varie età, ed è uno spazio di promozione ed evangelizzazione per tutte”. Le suore ospitano gruppi di bambini, giovani e adulti che aiutano a svolgere varie attività.

Le Ancelle di San Giuseppe promuovono la dignità di bambini e e giovani, soprattutto in ambienti operai, e svolgono attività educative e sociali di integrazione. Questa congregazione religiosa ha una spiritualità rivolta al mondo del lavoro, e in condizioni normali si dedica alla formazione spirituale e morale delle ragazze che cercano lavoro nelle grandi città e di dar loro alloggio, visto che in genere vengono da lontano.

Molti laici che coltivano questo carisma giuseppino le aiutano nel loro lavoro a favore delle donne povere, in case per figlie di donne lavoratrici, facendo pedagogia, curando la pastorale e assistendo gli anziani soli.

Le Ancelle di San Giuseppe sono state fondate nel gennaio 1847 a Salamanca (Spagna) da madre Bonifacia, canonizzata nel 2001. Attualmente sono presenti in 15 Paesi, tra cui Congo e Vietnam.

Neanche con un petalo di rosa!

Servono in villaggi e città di Villa Clara e Sancti Spíritus. La gente nutre per loro una grande riconoscenza per la loro dedizione generosa e il lavoro encomiabile che svolgono. Aleteia è riuscita a sapere da un testimone d'eccezione residente in Venezuela che le conosce e le apprezza quello che il dittatore cubano Fidel Castro pensava di loro, del loro operato e della loro presenza a Cuba, cosa che pensava di tutti coloro che si dedicavano a gestire ospizi per anziani.

Lo ha riassunto in una frase: “A questa gente, neanche con un petalo di rosa”, avrebbe detto in un'occasione riferendosi in particolare alle suore di Santovenia, che gestiscono un ospizio per anziani molto noto situato nella Calzada del Cerro all'Avana. Il motivo era semplice: quello che facevano loro non l'avrebbe fatto nessuno. Il nostro informatore ci ha chiesto di rimanere anonimo visto che si reca a Cuba con una certa frequenza.

Multa all'abnegazione

Le Ancelle di San Giuseppe avevano ragioni reali e concrete che le hanno portate a pronunciarsi qualche giorno fa con una lettera pubblica contro una misura arbitraria che sarebbe stata applicata loro. Suor Ana Elena Lima, Ancella di San Giuseppe e direttrice di una casa per anziani della Chiesa cattolica all'Avana, ha scritto perché è stata imposta loro una multa di 2.000 pesos per non aver rispettato le “misure igieniche” all'interno dell'istituzione. Non era vero, e quello che si stava multando in realtà era l'abnegazione di queste donne laboriose. Le religiose hanno dovuto pagare la multa, nonostante sulle reti sociali ci si mobilitasse per dire che non era giusto e l'accusa non rispondeva a verità.

La questione si è diffusa rapidamente sui social media, visto che nella zona interna di Cuba le piattaforme digitali hanno acquisito sempre più versatilità e si sono trasformate in forum pubblici di dibattito e discussione.

“All'interno del dibattito sulla loro denuncia – ha affermato Julio Pernús, un laico attivo nel giornalismo ecclesiale dall'Avana – c'è un tema che non dobbiamo perdere di vista, ed è il fatto di sapere che che quando una religiosa ricorre a questa via comunicativa pubblica attraverso la sua pagina personale su Facebook, cercando di canalizzare quella che ritiene un'ingiustizia, ci dà un livello di allarme sul grande deterioramento delle istituzioni ufficiali, incaricate di rispondere a questo tipo di richieste”. Pernús ha anche richiamato l'attenzione su quanto è accaduto con la lettera della religiosa: “Dimostra che continuano a unirsi voci dalla Chiesa per dare un apporto al necessario dialogo nazionale che contribuisca a democratizzare le istituzioni esistenti”.

Qualcosa si muove a Cuba

Anche se è comprensibile che vecchie paure possano abitare lo spirito e il DNA di molti Cubani, è certo che qualcosa si sta muovendo nel Paese, cosa che oggi si esprime nel coraggio di tanti che espongono la propria libertà e perfino la propria vita per far sì che le cose cambino. I giovani di oggi vogliono orizzonti e sanno di avere il diritto di averli, e quindi non sono disposti a rimanere impassibili vedendo come un'altra generazione viene privata del futuro. Le religiose non sono un'eccezione, ma le animatrici della partecipazione e dell'impegno. Protestano anche quando sanno di essere vittime di ingiustizie, soprattutto quando queste colpiscono quanti beneficiano del loro lavoro – poveri, bisognosi, coloro che attraverso di loro vedono il volto di Cristo.

“Una religiosa – ha confessato Pernús – mi chiedeva se non credevo che le suore rischiassero la chiusura del loro ospizio per il fatto di aver reso pubblica l'ingiustizia della multa di 2.000 pesos. Alla fine mi ha detto: 'Questa è una cosa che possono pagare, e se chiudono l'ospizio a risentirne di più saranno gli anziani che vi risiedono'”.

Non è un favore, è un servizio

Un'osservazione è pertinente: il servizio prestato da queste religiose non è un favore che lo Stato permette loro di svolgere. Piuttosto, la loro gestione necessaria è quella a cui lo Stato dovrebbe essere grato e che dovrebbe promuovere, perché offrono un servizio di qualità a tutta la Nazione, che il regime non è in grado di prestare. Lo sapeva bene l'astuto Castro, e per questo riconosceva il lavoro delle religiose non impicciandosi. Cos'è successo ora che i suoi eredi politici si permettono di agire contro questo servizio? Accidia, ignoranza, abusi di potere... questa volte il reclamo non era per i 2.000 pesos, ma per l'arbitrarietà della multa.

L'aspetto significativo della lettera aperta di suor Ana è che, secondo Pernús, “fungerà da precedente per non rimanere in silenzio di fronte alle ingiustizie. La Chiesa a Cuba trova sempre più cammini innovativi per accompagnare il popolo”.

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