Margherita di Città di Castello – nota anche come Margherita di Metola – è ormai annoverata fra i santi della Chiesa cattolica. Nata verso il 1287 in una famiglia della piccola nobiltà: sarebbe stata cieca e handicappata fin dalla nascita. Sperando in un miracolo, i genitori la condussero a Città di Castello, in Umbria, sulla tomba di un frate francescano morto in odore di santità. Il miracolo non ebbe luogo e i suoi genitori la abbandonarono lì sul posto.
La bimba crebbe e visse in un monastero mendicando il proprio cibo: la sua levatura spirituale provocava però delle gelosie, tanto che venne scacciata anche da lì. Alla fine fu accolta in una famiglia dove si dedicò all’educazione dei bambini e a una vita di carità verso i più miseri. Assai pia, frequentava una chiesa gestita dai Domenicani – e poi sarebbe anche entrata a far parte del Terz’Ordine domenicano.
Facendo di Margherita una santa mediante canonizzazione “equipollente”, papa Francesco ha scorciato alcune procedure (facoltà a cui erano ricorsi anche alcuni dei suoi predecessori): con essa la Chiesa assicura che la santa può essere presa a modello e può intercedere, ma non garantisce l’esattezza dei fatti riportati su di lei per riguardo alle norme della critica storica.
La canonizzazione equipollente è utilizzata soprattutto quando i fatti si riferiscono a un lontano passato, e può essere praticata senza il riconoscimento di alcun miracolo. Essa si giustifica quando i canonizzati beneficiano di un culto locale molto antico, e difatti viene utilizzata assai di rado. Papa Francesco vi ha fatto ricorso cinque volte: nel 2013 per Angela da Foligno, nel 2014 per José de Anchieta, François de Laval e Maria dell’Incarnazione. Il caso più recente è stato invece quello del polacco Michel Giedroyc, monaco del XV secolo, nel 2019.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]