La rubrica “Mostre, Arte e Fotografia” di Repubblica del 20 aprile scorso ci presenta l’originale iniziativa di due artisti, Marzia Messina e Sham Hinchey, che hanno realizzato una serie di 24 scatti fotografici veramente speciali intitolata REsisters, che sta per Resistenza e sorellanza.
24 ritratti femminili dai visi profondamente segnati dalla vita, uniti dal filo conduttore di un passato travagliato e di una forte volontà di riscatto.
I due, che fanno coppia nella vita e nella professione, hanno gettato lo sguardo sulle storie delle donne di “Providence House”, un’organizzazione che accoglie e assiste ex-detenute e homeless, costituita alla fine degli anni ’70 per volontà delle “Sisters of St. Joseph”, la Congregazione delle Suore di San Giuseppe presenti in vari paesi del mondo dove dedicano il loro apostolato ad opere di istruzione, assistenza sanitaria e promozione sociale.
Così Marzia e Sham raccontano il progetto:
Dopo essere venuti a contatto con i loro drammi personali, Sham e Marzia si sono serviti della fotografia per mettere in primo piano l'umanità di queste donne, che è la loro forza, sottolineandone i tratti con l’uso sapiente di luce e composizione.
Da questa prospettiva sono nati ritratti che emanano resistenza, forza e determinazione: una dignità che solo apparentemente stride con la storia di avversità che ha caratterizzato le loro vite.
Come quella di Rosalie che, dopo aver passato 27 anni tra le sbarre di una prigione per aver ucciso l’uomo che la molestava, è uscita dal carcere a 70 anni determinata ad iniziare una nuova vita.
Oppure quella di Johniazia, vittima di violenza domestica e ridotta ad una peregrinazione da homeless, che la sera di una vigilia di Natale bussa disperata alla porta di “Providence House” insieme alla figlia cieca di pochi mesi, alla ricerca di cibo e abiti per difendersi dal freddo.
Le donne ritratte da Marzia e Sham nonostante le storie terribili e strazianti che hanno alle spalle, non serbano rancore e non provano rabbia. Appaiono in pace con la loro storia:
La fotografia attraverso i loro scatti diventa uno strumento di denuncia di storie di una umanità marginalizzata che altrimenti rimarrebbero nell’ombra.
Questo il commento per descrivere la loro cifra professionale ed umana declinata in una realtà vitale e controversa come quella di New-York:
A loro va il merito di aver illuminato di un bagliore di dignità e speranza i visi di queste donne, che sostenute dalla solidarietà di chi le ha accolte sono oggi alla ricerca di riscatto e di un futuro migliore.