Internet può essere un mezzo per fare molto bene, ma è anche un luogo pericoloso per le anime, offrendo tentazioni ad avidità e lussuria, all'uso di disumanizzare la retorica e ad abbracciare ideologie pericolose. E se il beato Carlo Acutis e il suo sito web sui miracoli eucaristici possono mostrarci il potere dell'evangelizzazione online, ci sono ancora ben pochi santi che hanno avuto accesso a Internet. La virtù, ad ogni modo, è tale indipendentemente dall'arena in cui viene praticata, e i santi possono offrirci preziose indicazioni su come perseguire la santità online anche se hanno vissuto molto prima dell'avvento di Internet.
San Giovanni Colobos (339-405) era un monaco nel deserto egiziano famoso soprattutto per la virtù dell'obbedienza. Quando gli venne detto di camminare per quindici chilometri fino al fiume ogni giorno per annaffiare un bastone da passeggio piantato a terra, Giovanni obbedì; dopo molti anni, il bastone fiorì e portò frutto.
Oltre che per l'obbedienza soprannaturale, Giovanni era famoso per il fatto di allontanarsi dalle persone che lo stavano infastidento o che discutevano tra loro. Si preoccupava per il fatto che sentire altri litigare avrebbe riempito la sua mente di negatività, e quindi quando la questione non aveva niente a che fare con lui si allontanava.
Molti di noi potrebbero assumere la stessa posizione online.
Santa Caterina da Siena (1347-1380) è nota per la sua azione di correzione nei confronti del Papa e per averlo convinto a tornare dalla Francia a Roma. Quello che molti di coloro che invocano la laica domenicana italiana spesso dimenticano, però, è la gentilezza e l'umiltà con cui scrisse, dicendo una verità intransigente ma presentandola in un linguaggio tenero, amorevole e rispettoso.
Si rivolse al Papa come al “carissimo padre in Cristo dolce Gesù”, ma lo avvertiva anche dicendo: “Se fossi in voi, avrei paura che il castigo di Dio si abbattesse su di me”. Definiva la depravata regina di Napoli “Carissima madre in Cristo dolce Gesù”, e poi aggiungeva: “Non più di così per amore di Cristo crocifisso! State in ogni modo attirandovi il giudizio divino. Me ne dispiaccio”.
Caterina diceva la verità con la massima preoccupazione per il cuore e l'anima di coloro a cui si rivolgeva, e senza alcun riguardo per la propria reputazione.
Come sarebbe la nostra presenza sui social media se facessimo lo stesso?
Sant'Oscar Romero (1917-1980) e il venerabile Rutilio Grande (1928-1977) erano una coppia di amici singolare. Pur essendo sacerdote diocesano, Romero visse con la comunità gesuita di Grande a San Salvador per qualche anno. Pur essendo all'epoca notoriamente scostante, Romero andava molto d'accordo con Grande, malgrado le differenze politiche e liturgiche.
Grande aveva preferenze progressiste per la liturgia, mentre Romero era molto più tradizionale. Grande era molto coinvolto a livello politico, lottando per i diritti dei poveri, mentre Romero (all'epoca) ignorava gli abusi del Governo di destra. I due erano tuttavia così vicini che quando Romero venne nominato vescovo ausiliare chiese a Grande di aiutarlo a progettare la liturgia. Anche se erano agli antipodi nello spettro politico, rimasero vicini fino all'assassinio di Grande. Fu guardare il corpo senza vita dell'amico che trasformò Romero da un uomo timido e dedito ai libri al paladino della giustizia che conosciamo bene.
Questa conversione fu però radicata nell'amicizia, possibile solo perché Romero e Grande erano stati in grado di volersi bene nonostante le loro differenze.
Il Servo di Dio Antonio Cuipa (m. 1704) era un leader della sua comunità Appalachi, secondo al comando di migliaia di nativi cristiani. Era un marito e padre di due figli, un falegname che lavorava sodo, flautista ed evangelizzatore.
Antonio arrivava nei villaggi non cristiani e suonava il suo flauto. Quando la gente rimaneva debitamente colpita, offriva flauti di legno intagliati da lui. Solo allora iniziava a predicare il Vangelo, iniziando dai punti in comune tra i cristiani e coloro che seguivano le pratiche spirituali native tradizionali. Antonio venne alla fine martirizzato, dopo aver usato la bellezza per portare tante anime a Cristo.
Il beato Teresio Olivelli (1916-1945) era un fascista. Non era un “cattivo” terribile che ha avuto un cambiamento di cuore, ma un uomo di preghiera che credeva (a torto) che il Partito Fascista avrebbe combattuto il comunismo e protetto gli interessi cristiani.
Teresio lavorò per l'Istituto Nazionale della Cultura Fascista e vinse un premio per un saggio che cercava di armonizzare il razzismo fascista e la dottrina cristiana. Anche se resistette ad alcuni dei peggiori errori del fascismo, era convinto che avesse un grande potenziale e cercava di influenzare il partito dall'interno, unendosi anche all'esercito italiano e combattendo accanto ai Tedeschi in una campagna in cui due terzi della sua divisione morirono.
Teresio, però, amava Dio più di quanto amasse il suo partito, e iniziò a vedere i mali del fascismo. Alla fine si rifiutò di collaborare con i nazisti e venne imprigionato. Dopo essere fuggito divenne membro della Resistenza, fondando una rivista chiamata Il Ribelle e lavorando contro nazismo e fascimo fino a quando venne arrestato, spedito in un campo di concentramento e picchiato a morte a 29 anni.
Il beatro Teresio Olivelli sa cosa significhi andare dietro a Gesù e mancare il segno. Sa anche che nessuno è troppo lontano per la grazia, e che qualsiasi ideologia abbiate trasformato nel vostro dio c'è sempre speranza per chi ama Dio.