Il giorno dopo, la folla, rimasta dall'altra parte del mare, notò che c'era una barca sola e che Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma soltanto i suoi discepoli erano partiti.
Altre barche erano giunte nel frattempo da Tiberìade, presso il luogo dove avevano mangiato il pane dopo che il Signore aveva reso grazie.
Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafarnao alla ricerca di Gesù.
Trovatolo di là dal mare, gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».
Gesù rispose: «In verità, in verità vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati.
Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».
Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?».
Gesù rispose: «Questa è l'opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato». (Gv 6, 22-29)
Perché cerchiamo Gesù? Delle volte la ricerca di Lui è solo uno dei tanti modi di esprimere il nostro individualismo malato che cerca solo il proprio benessere. Lo cerchiamo per stare bene ma non perché abbiamo capito davvero cosa ci sta indicando.
Cristo certamente vuole portare un “bene” dentro la nostra vita, ma il bene che Egli porta indica anche una direzione da seguire. Credere prendendoci qualcosa di Cristo e poi non imboccare nessuna direzione uscendo dalla Chiesa non serve a molto.
Il vero problema non è sentirci bene quando andiamo a pregare, ma che decisione prendiamo quando lo abbiamo fatto davvero e con tutto il cuore. Fanno bene quindi i discepoli a domandare:
Ogni vera soluzione nella vita spirituale non consiste nel verbo “fare”, ma nel verbo “credere”. E credere implica un orientamento di tutta la persona e non solo delle sue azioni.
A volte noi “facciamo” ma senza “credere”, e questo diventa il vero problema. Oggi il vangelo ci invita a far fare pace tra ciò che ci passa nel cuore e le nostre decisioni concrete. Tra quello che crediamo e quello che scegliamo. Tra fede ed etica.
Molto spesso è la spaccatura tra questi due aspetti la vera radice della cattiva testimonianza cristiana. Una preghiera che non è unita a un’autentica scelta di bene, è una preghiera sterile. La cosa che il mondo ci rimprovera è la stessa che Gesù riferisce ai “credenti” dell’epoca: “dicono e non fanno”. Noi dovremmo saper passare dal “dire al fare”, o meglio dal credere alla testimonianza concreta. Solo la nostra vita può dire davvero la fede che professiamo.
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