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Embrioni chimera uomo – scimmia, l’esperto: più rischi che benefici

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 17/04/21
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Con questa tecnica si potrebbero far sviluppare negli animali organi "umanizzati" da utilizzare nei trapianti. Ma il Vaticano aveva già sollevato perplessità. "Rischiamo di creare una realtà intermedia fra uomo e animale, una subumanità", dice il professore Faggioni

La produzione dei primi "embrioni chimera" uomo - scimmia potrebbe non soddisfare quel criterio etico indicato in un importante documento del Vaticano di qualche anno fa.

Cioè evitare gravi sofferenze nell’animale sottoposto all’esperimento, anche se il fine si potrebbe considerare “nobile”: creare organi “umanizzati” negli animali, che possono essere trapiantati negli esseri umani

Aleteia ha parlato di questi "embrioni chimera" con il bioeticista Maurizio Faggioni, docente dell’Accademia Alfonsiana. Ma prima cerchiamo di capire il senso dell’esperimento che in questi giorni sta facendo discutere la comunità scientifica mondiale. 

Un gruppo internazionale di ricercatori è riuscito per la prima volta a far crescere cellule umane all’interno di embrioni di scimmia. È un nuovo progresso in una tecnica sperimentata da tempo (Anni ’70). Che un giorno potrebbe essere sfruttata per far sviluppare negli animali organi umani da utilizzare nei trapianti. Questa tecnica per sviluppare “embrioni chimera” è osservata con interesse dalla comunità scientifica, ma si porta dietro non poche implicazioni etiche.

I dettagli del nuovo importante risultato sono stati pubblicati da poco sulla rivista scientifica Cell. I ricercatori hanno inserito all’interno degli embrioni di scimmia alcune cellule staminali umane, quindi con la capacità di differenziarsi in tessuti cellulari con varie funzioni. E li hanno poi tenuti sotto controllo per osservarne la crescita.

Per l’esperimento sono stati impiegati 132 embrioni di macaco di Giava (Macaca fascicularis). I ricercatori hanno notato la crescita sia di cellule dei macachi sia delle staminali umane. A 11 giorni dall’inizio dell’esperimento, 91 embrioni erano ancora vitali, mentre a 17 giorni erano ancora attivi 12 embrioni. Al diciannovesimo giorno, solamente 3 embrioni erano ancora vitali.

Non è chiaro che cosa abbia determinato l’alto tasso di insuccessi dopo due settimane di sperimentazione. Ma secondo alcuni esperti - che non hanno partecipato alla ricerca -questa circostanza indicherebbe che gli embrioni siano diventati via via meno sani a causa della compresenza di cellule da un’altra specie (Il Post, 16 aprile).

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Lo studio sugli embrioni chimera uomo - scimmia è stato condotto dall’istituto Salk. Hanno collaborato Università Cattolica San Antonio de Murcia (Spagna), University of Texas Southwestern Medical Center (Usa) e Kunming University of Science and Technology (Cina). 

«Poiché non siamo in grado di fare alcuni tipi di esperimenti nell'uomo, è essenziale avere modelli migliori per poter condurre studi più appropriati per comprendere la biologia umana e le malattie». Così ha detto il coordinatore della ricerca Juan Carlos Izpisua Belmonte, del Laboratorio di Scienze biologiche dell'Istituto Salk (Ansa, 15 aprile).

In merito alla possibilità di umanizzare i tessuti animali in vista dei trapianti, si espresse con cautela, ma senza escluderla del tutto, la Pontifica Accademia per la Vita.

Nel 2001, l'Accademia pubblicava il documento “La prospettiva degli xenotrapianti - Aspetti scientifici e prospettive etiche”. «Dal nostro punto di vista - si legge al suo interno - confortati dalla prospettiva biblica secondo la quale, come già ricordato, l’uomo è creato "a immagine e somiglianza di Dio" (Gen. 1,26-27), riaffermiamo che la persona umana gode di una dignità unica e superiore; ma egli deve rispondere al Creatore anche del modo in cui tratta gli animali». 

Di conseguenza, «il sacrificio degli animali può essere giustificato, ma solo se richiesto dal raggiungimento di un bene rilevante per l’uomo. E' questo il caso dell’utilizzazione di animali per il prelievo di organi o tessuti da trapiantare. Anche quando ciò implicasse la necessità di sperimentazioni e/o di modificazioni genetiche su di essi».

Tuttavia, anche in questa prospettiva, prosegue il documento, «è eticamente richiesto che, nell’usare gli animali, l’uomo osservi alcune condizioni».

Cioè: «Evitare agli animali stessi sofferenze non necessarie, rispettare i criteri di vera necessità e ragionevolezza, evitare modificazioni genetiche non controllabili che possano alterare in modo significativo la biodiversità e l’equilibrio delle specie nel mondo animale».

Il professore Faggioni, docente di bioetica presso la Accademia Alfonsiana in Roma, evidenzia alcuni limiti etici sugli esperimenti uomo - animali.  

«Il tentativo che si sta facendo - afferma Faggioni ad Aleteia - è di usare organi di animali umanizzati per i trapianti, poiché c’è scarsezza di organi umani da poter trapiantare. Cioè produrre in un animale, organi che siano compatibili con il trasferimento degli stessi in un essere umano». 

«Il fine può essere anche compreso - spiega il bioeticista - ma i modi per raggiungerlo sono discutibili. In questo caso si creano, infatti, "embrioni chimera" uomo - scimmia, introducendo cellule staminali umane attive negli animali e seguendo il loro percorso di sopravvivenza ed evoluzione in essi». 

E’ lecito porsi alcune domande. «Saremo in grado di controllare un processo di questo tipo? Siamo certi che le cellule umane introdotte non possano procurare sollecitazioni al sistema nervoso della scimmia in cui vengono impiantate? Che rapporto c’è tra la realtà animale e la realtà umana? Se questo percorso si concretizzasse - sottolinea il docente di bioetica dell'Accademia Alfonsiana - si rischierebbe fortemente di mettere in essere realtà animali che hanno delle facoltà, delle capacità, che sconfinano in quelle umane». 

Nel caso specifico, evidenzia Faggioni, «sarebbe molto dannoso per l’animale, per una sua sofferenza, per una sua consapevolezza. Questo è un argomento antropologico drammatico. Aprire la strada alle chimere umane con contaminazione di facoltà umane a danno di questa creature - che saranno “intermedie” - espone a rischi».

«La seconda considerazione su questa tipologie di esperimenti è che la provenienza di queste cellule staminali può creare problemi morali non indifferenti». 

Quindi, conclude il bioeticista, «la procedura, in astratto, lo ripeto, può essere corretta: produrre organi umani o umanizzati e utilizzarli nei trapianti. Ma noi non controlliamo questi processi. E si apre la strada a chimere uomo - scimmia, a tragiche commistioni di uomo e animale, alla creazione di creature animali con alcune capacità potenziate dalla presenza di strutture umane da adibire a lavori pesanti o rischiosi o ripetitivi. Una realtà intermedia fra uomo e animale, una subumanità»

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