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“Cosa succede se un prete si innamora?”

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Lucandrea Massaro - pubblicato il 13/04/21
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Il caso a Massa Martana in questi giorni ci aiuta a scoprire come stanno davvero le cose nella Chiesa

Un prete lascia il sacerdozio perché innamorato di una donna: “Il mio cuore è innamorato seppure non abbia mai avuto modo di trasgredire le promesse che ho fatto voglio provare a vivere quest’amore senza sublimarlo, senza allontanarlo”. Così Don Riccardo Ceccobelli, un parroco di Orvieto che l'altro ieri, al termine della messa celebrata nella chiesa di San Felice a Massa Martana, ha spiegato ai fedeli di essersi innamorato e di volere vivere questo amore alla luce del sole (HuffPost).

Inevitabilmente la notizia ha tenuto banco nelle cronache nazionali, non succede così spesso dopotutto. Ma al di là del lato romantico, e lasciando ad altri pruderie sulla condotta di questo o quel sacerdote nel frattempo, che cosa succede nella Chiesa quando un presbitero mette in discussione la sua vocazione e chiede la dimissione dallo stato clericale? E' una ferita per la comunità? E' da considerarsi un tradimento?

La cosa più importante è che il sacerdote - ma in effetti si può fare un analogo discorso per le suore - prima di qualunque scelta abbia la maturità di rifletterci sopra, ma più ancora abbia - e colga - l'opportunità di discernere (una parola che grazie a Papa Francesco abbiamo riscoperto) la sua vocazione:

Non è infrequente che il Vescovo, o il Superiore Generale, chieda al sacerdote di pensarci su, di capire cosa dell'esperienza di presbitero lo renda infelice e se è possibile risolvere. Non sono pochi i casi di "ripensamento", e di sacerdoti che tornano alla loro comunità (o in un'altra) con rinnovato zelo. Ma se così non fosse la procedura non è lunga e molto spesso la Chiesa o la Congregazione vengono in soccorso, anche economico. Un sacerdote che lascia la tonaca deve reinventarsi una vita, e non è sempre facile.

Molto spesso fuori dalla Chiesa (ma a volte anche tra i fedeli c'è confusione), per cui lo "spretato" - per usare una espressione volgare - non è più un sacerdote, ma questo non può avvenire davvero. Quello che accade con la dimissione dallo stato clericale, non è dissimile da quella di un militare in congedo: lo sono stati, e in caso di guerra sarebbero chiamati molto probabilmente in servizio. Ma non vanno in giro vestiti da soldati e non sono più sottoposti alla legge militare. Anche per il sacerdote che sceglie di togliere l'abito (o nei casi di obbligo in caso di colpa grave, ma è un altro discorso) è così: sacerdote lo saranno per sempre. Su Toscana Oggi, Padre Valerio Mauro, docente di Teologia Sacramentaria risponde così:

La Chiesa non prevede un sussidio o un aiuto, quello che un sacerdote ottiene lo ottiene in base alle buone relazioni che ha nella sua diocesi o dal suo percorso di studi che magari permette di trovare una collocazione nella scuola, ma il percorso non è facile né dentro le comunità - che possono vivere come un trauma l'allontanarsi di un sacerdote - né dentro le famiglie di origine che possono non capire la situazione. Uscire dalla Chiesa non è facile, ma sicuramente più meritorio che vivere una doppia vita che prima o poi crea assai più scandalo e sofferenza di una scelta aperta e alla luce del sole.

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