Un documento contrario all’antisemitismo. Che fa venire meno sempre più, ipotesi di una Chiesa e di un Vaticano indifferenti alla persecuzione contro gli ebrei.
In un videomessaggio, Mons. Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, ha reso noto il ritrovamento di una corrispondenza risalente ai primi del ‘900 tra Santa Sede e il Consiglio dei Rabbini Askenaziti di Gerusalemme. In questo documento si ribadiva che non poteva essere calpestato il principio di fraternità.
L’intervento di Gallagher riguarda la campagna #StopAntiSemitism, in occasione della Giornata del ricordo dell'Olocausto che Israele commemora l'8 aprile.
Il segretario per i Rapporti con gli Stati ha ribadito «la condanna dell’antisemitismo in ogni forma e specie» contenuta nella Dichiarazione Conciliare Nostra Aetate, il primo importante documento vaticano che promuove il dialogo tra Chiesa cattolica e ebrei.
Una condanna «non apparsa improvvisamente», ha spiegato Gallagher, ma che è «il frutto di atteggiamenti maturati nel corso degli anni precedenti».
A rafforzare questo pensiero, il ritrovamento di «una piccola perla» nell’archivio storico della sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato.
Si tratta di un carteggio del 1919 tra il Consiglio dei Rabbini Askenaziti di Gerusalemme e la Santa Sede. il Consiglio chiedeva aiuto a Benedetto XV perché usasse «tutta la sua influenza e forza spirituale per porre fine a atti di intolleranza e misure antisemitiche», di cui erano vittime le comunità ebraiche in Europa Orientale.
Dunque «già nel 1919, tra queste nostre mura, circolava – ha spiegato monsignor Gallagher – la ferma convinzione che il principio di fraternità non poteva essere calpestato dalla furia antisemita e si auspicava che il diritto alla religione fosse rispettato».
Per il presule, quanto riportato è un esempio «di una goccia d’acqua in un mare» che fa ben comprendere come fosse chiaro che non si potesse «tollerare alcuna forma di antisemitismo» e che era necessario adoperarsi per contrastarlo. Al contrario di una presunta indifferenza della Chiesa rispetto alla persecuzione subita dagli ebrei dai regimi totalitari.
Un’azione incisiva come quella operata dall’allora nunzio apostolico in Ungheria, monsignor Angelo Rotta, riconosciuto come “Giusto tra le Nazioni” dallo Yad Vashem per il suo impegno nel sottrarre gli ebrei alla Shoah (Vatican News, 8 aprile).