Quando ci è data occasione di vederci così, noi uomini, impegnati nella cosa che conta di più, custodirci l'un l'altro, allora la speranza almeno come attitudine psicologica, torna a dire la sua nelle nostre vite.
Siamo in Russia, al confine con la Cina. Nella clinica di Blagoveshchensk è scoppiato un incendio. Le fiamme divampano da un focolaio sul tetto in legno della struttura vecchia più di un secolo.
L'intervento dei vigili del fuoco non tarda ad arrivare; ma ce n'è un altro che deve assolutamente proseguire: in una delle sale operatorie è in corso un'operazione a cuore aperto per bypass coronarico.
E' un intervento cardio-chirurgico complesso e, sebbene consolidato da tecniche che sono andate via via migliorando dal primo realizzato nel 196o, piuttosto rischioso. Quasi sempre viene realizzato con circolazione extracorporea, a cuore fermo (a meno che il chirurgo non sia esperto della più complessa tecnica a cuore battente, più sicura e conservativa in caso di paziente infartuato o con altre comorbilità). La circolazione sanguigna e l'attività polmonare sono affidate ad una macchina. L'energia elettrica è fondamentale come e più che in altri interventi.
Le fiamme divampano, il fumo si diffonde. I vigili del fuoco si impegnano a spegnerlo ma anche, nel frattempo e con l'aiuto di ventilatori, a tenere il fumo soffocante fuori della sala operatoria dove una squadra di medici e infermieri specializzati continua l'operazione.
Due ore di lavoro in condizioni estreme, concentrati sull'obiettivo: salvare la vita della persona affidata alla loro competenza, e in questo caso più che in altri, alla loro lucidità e spirito di sacrificio.
Due ore per metterlo in sicurezza e poi trasportarlo in un'altra sede.
Le immagini che ci arrivano via social dalla Russia sono impressionanti. Il fumo denso che si arrotola in densi grovigli che escono dal tetto; i vigili del fuoco impegnati con idranti, scale, camion. E il paziente che esce, in barella, scortato rapidamente dei paramedici.
"Non c'era altro da fare", commenta il chirurgo, "dovevamo salvare la persona".
Questi episodi sono esaltanti perché svelano chi siamo. Nella quiete, nel comfort si vede meno; ma siamo tesi a proteggerci, capaci di sacrificio per il bene di un altro, persino uno sconosciuto. E certi medici, che hanno fatto di questa chiamata comune il loro compito più alto, lo fanno anche in condizioni estreme.
Bella e terribile, la natura umana.