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Gli occhi di Santa Gemma: una finestra sul Paradiso 

GEMMA GALGANI
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Fabiola Maria Bertinotti - pubblicato il 07/04/21
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Esistono momenti nella vita che sembrano scolpiti nel “qui e ora”. Sono attimi surreali. Ti pare di camminare lungo una linea retta che è sempre esistita e che continuerà ad esistere, ma sai che “quel” momento contiene una rivelazione, e che da quel punto in poi la tua vita non sarà più come prima. Così è stato per me quando i miei occhi hanno incontrato lo sguardo di santa Gemma Galgani. 

Dopo lo shock dell’ascensore (“Così Gemma mi convertì in ascensore”) ero ripiombata nella mia vita ordinaria. Mi sembrava di essere una giocatrice di scacchi, appassionata e inarrestabile, saltavo da un evento all’altro, macinavo sfide professionali e personali con voracità, quasi compiaciuta di sentirmi sempre all’altezza, con un misto di fredda razionalità esteriore unita a una profonda sofferenza interiore che però non mostravo a nessuno. Una settimana dopo, sentii il bisogno di chiamare Gennaro, il provvidenziale receptionist che si era scapicollato giù dai cinquecento gradini dell’hotel di Maiori per operare manualmente l’argano dell’ascensore e salvarmi così la vita da un tragico soffocamento per asfissia. Al telefono, Gennaro mi consigliò di leggere un libro sulle coincidenze e, prima ancora che completasse la frase per dettarmi titolo e autore, in un lampo la mia memoria mi riportò al bar milanese e all’uomo che mi aveva offerto la cartolina promozionale di quel libro, esattamente quello. Io, che raramente ricordo i nomi (ma che per contro ho un’ottima memoria per i numeri e le sensazioni) interruppi Gennaro per anticipargli con precisione il cognome dell’autore. Impossibile ma vero: era esatto, eppure avevo visto quel volantino per un istante e l’avevo gettato il giorno stesso. Carta straccia. Capii che era un segno e comprai immediatamente il libro. Lo lessi d’un fiato. Il libro parlava di una sequela di coincidenze in salsa thriller e aveva fra i protagonisti il diavolo in persona, nei panni di uno spietato assassino con poteri soprannaturali. Trovai il romanzo banale, scontato e persino mal scritto, ma straordinario! E la sua straordinarietà consisteva nel fatto di racchiudere un messaggio per me. La narrazione si snodava lungo varie località del mondo che avevano una relazione stringente con la mia vita. La storia cominciava a Milano e, precisamente, in zona Stazione Centrale, dove avevo incontrato l’uomo del volantino; continuava in costiera amalfitana, dove avevo rischiato la vita in ascensore, e terminava - tenetevi forte - a Monza, la città in cui sono nata e dove vivo. Ma le coincidenze non erano finite. Una mia collega, a cui avevo confidato questa stranissima sequenza di eventi, poco dopo mi comunicò che l’autore del libro avrebbe tenuto una conferenza presso l’atélier gestito dal suo fidanzato. Che fare? Ormai mossa da incalzante curiosità, ci andai con mio marito. Trovai la conferenza noiosa tanto quanto il libro, anche se mio marito mi spinse a rivelare in pubblico la mia strana esperienza, racconto che ovviamente piacque molto all’autore. Ci scambiammo i biglietti da visita promettendoci di vederci in futuro per un caffè. Da quel momento, per mesi, mi dimenticai di tutto: caso archiviato.

Un giorno, sul treno da Roma a Milano ricevetti un SMS dallo stesso scrittore con l’invito a bere il famoso caffè. Tergiversai con scuse varie per qualche settimana e, infine, decisi che tutta quella sequela di strane coincidenze meritava bene di concludersi con un caffè! Ci andai. Lo scrittore mi chiese l’autorizzazione a includere la mia esperienza in un suo prossimo libro sugli angeli. Rifiutai diplomaticamente adducendo motivi di privacy, mentre, in verità, non mi andava di diventare il capitolo di un libro. Per addolcire il mio diniego, cominciai a parlare della mia famiglia, di mio marito e dell’adozione del mio amatissimo figlio nato in Nepal. Come spesso mi piace fare, feci scorrere alcune belle foto sul mio smartphone. Ad un tratto, lo scrittore si ammutolì davanti ad un primo piano di mio figlio quindicenne: una foto che evidenzia i suoi meravigliosi occhi dal taglio spiccatamente orientale. “Ho già visto questi occhi”, esclamò con aria impressionata. “E non intendo dire che conosco tuo figlio, o che il taglio o il colore degli occhi siano identici a quelli di qualcuno che conosco. Intendo che ho già visto la profondità di questi occhi”. Aprì di scatto il portafoglio ed estrasse la foto di una giovane donna dagli occhi bellissimi. “Si chiama Gemma Galgani” - mi disse. “Devi conoscerla. Lei è una santa, una santa attivissima. Pensa che parlava col suo angelo custode che le faceva persino da postino!” “Fabiola, tu devi andare al Santuario di Lucca e alla Casa delle Stigmate. Sì, perché santa Gemma ha ricevuto le stigmate, proprio come san Francesco e padre Pio!”, concluse con convinzione. 

Ma che vicenda folle era mai questa? Cosa mi stava succedendo? Confusa e stupita, accettai la foto della santa e rastrellai su internet ogni possibile informazione su Gemma, attratta dallo sguardo magnetico di quella bellissima giovane. Era dai tempi remoti in cui facevo catechismo che la nozione di “Paradiso” non apparteneva più al mio vocabolario. “Welcome to Paradise” sembravano dirmi quegli occhi, emanando un’intensa spiritualità. Avevo forse preso un ascensore per il Paradiso? Era stata Gemma a strapparmi dall’angoscia e dalla morte in quel fatidico ascensore? 

Va bene, Gemma. Hai vinto. Ho capito che le coincidenze non erano che campanelli per darmi un “sonoro risveglio”, una wake-up call. Mi fiondo a Lucca, dove sono così esplicitamente invitata! E la storia continua....



Hai qualche storia legata a Santa Gemma Galgani? Scrivimi pure a questo indirizzo, la leggerò con piacere: fabiola_bertinotti@libero.it

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