Due catini attirano, oggi, la mia attenzione e mi rendono pensoso. Il primo è nelle mani del figlio di Dio questa sera, alla cena con i Dodici. Il secondo servirà a Pilato per mettersi al riparo dalle sue responsabilità e dalla sua coscienza.
Gesù sta per essere tradito. Tra poco sarà arrestato e condannato a morte. Lui lo sa. Il tempo stringe. Eccolo allora chiedere ai suoi amici di lasciarsi lavare i piedi. Qualcuno si ribella. Lui insiste.
Si china e versa acqua sulle loro polverose estremità. Poi prende il catino e glielo consegna:
Un altro uomo già compare all’orizzonte. È il Procuratore romano Pilato. La sua storia è destinata a intrecciarsi con quella di Gesù. I Giudei glielo hanno consegnato perché lo condanni a morte.
Pilato sa bene che è un sopruso: quell’uomo è innocente. Il suo dovere gli impone di rimetterlo in libertà. Ma la folla lo impaurisce. Lo incita a fare in fretta. Gesù gli sta davanti calmo, sereno, maestoso. Lui, al contrario, è altezzoso, nervoso, irascibile, insicuro.
Lo interroga, senza mai guardarlo negli occhi limpidi come l’acqua di sorgente. Gesù tace. La gente grida. Bestemmia. Minaccia. Terrorizzato, Pilato si arrende. Davanti a tanta cocciutaggine cede.
Poi fa ricorso a un catino. Non gli serve per raccogliere l’acqua versata sui piedi di qualcuno, ma per lavare le proprie mani. Per convincere la folla, il condannato e se stesso di non avere colpa del sangue che sta per essere versato.
Porge, tronfio, le sue mani e qualcuno, ossequioso, gliele bagna. Illuso. Nessuno può far finta di non vedere quando invece ha visto; di non sapere quando ha già saputo. Pilato non sa che quell’acqua non lo laverà ma lo accuserà per sempre. Lo marchierà a fuoco.
Due uomini. Il primo accetta di morire in croce per tutti, anche per il secondo, ma l’altro non lo sa. Il secondo crede di avere potere sul primo e invece è proprio da lui che lo riceve.
Due catini, così simili, così diversi. Ognuno di noi deve scegliere quale dei due mettere nella bisaccia della vita: se il catino del servizio e dell’amore o quello della codardia che si fa complice del male.
Ad ogni uomo è data la libertà di consegnarsi alla gioia vera che nasce dal servire e dal donare, o cedere all’illusione del piacere effimero del disimpegno e dell’egoismo.
Ognuno deve scegliere se fermarsi davanti al fratello nel bisogno o svoltare al primo incrocio, nascondersi dietro la prima siepe. Tanti svoltano. Prima di essere visti e chiamati a dare il proprio contributo. Per paura di essere arsi dalla febbre della giustizia e della solidarietà.
Altri – e sono un popolo che non finisce mai – vanno dritti per la strada tracciata dal Maestro. Sanno che non sempre è agevole, che potrebbe portarli a spogliarsi di tutto e della loro stessa vita, ma non vogliono tirarsi indietro.
Come ammanettati all’unico Signore di cui non possono assolutamente fare a meno, si incamminano felici per le strade del mondo. Nello zaino, fermo sulle spalle, il catino dell'amore, lo stesso usato da Gesù quella sera benedetta di tanti anni fa. La sera del Giovedì Santo.