Più di venti ragazzi, di età compresa tra 16 e 18 anni, hanno deciso di "bypassare" la zona rossa e vivere insieme per tre settimane nella grande struttura dell’oratorio di Biumo Inferiore, a Varese.
Ma non è una costrizione, anzi: è stata una scelta di condivisione e socialità che in questi tempi di Covid è stata vissuta dai ragazzi come una boccata di aria fresca (Varese News, 24 marzo).
L'idea è nata proprio da uno di loro - Leonardo, studente di terza superiore - che ha suggerito di ispirarsi al modello adottato dai cestisti statunitensi della Nba: un tampone per tutti e poi l'ingresso in una "bolla" dove condividere una normalità quotidiana che all'esterno è preclusa.
«La proposta è stata avanzata per la prima volta lo scorso settembre, ma ha richiesto un lungo periodo di tempo per concretizzarsi. Abbiamo dovuto studiare con attenzione le norme e richiedere tutte le autorizzazioni del caso - spiega don Gabriele Colombo, il 35enne sacerdote responsabile della pastorale giovanile della Comunità pastorale 'Beato Samuele Marzorati', che sta condividendo l'esperienza della bolla con i ragazzi -. Ci siamo concentrati in particolare sull'allegato 8 dei Dpcm finora emessi, che si occupa delle politiche familiari. E prevede la possibilità di effettuare attività ludico-ricreative e di educazione non formale. Ovviamente nel rispetto delle norme anti contagio».
L'autorizzazione ufficiale è arrivata il 19 febbraio. E il 7 marzo «siamo entrati nella nostra bolla in oratorio. Usciremo il 28 marzo per ricongiungerci con il resto della comunità in occasione della Domenica delle Palme - continua il sacerdote -. Si tratta di una bella esperienza per tutti, basata non solo sulla socialità, ma sulla fraternità, ovvero sulla capacità di prendersi cura l'uno dell'altro e degli ambienti comuni» (La Repubblica, 26 marzo).
Non sappiamo come hanno reagito i genitori dei ragazzi che hanno chiesto di entrare nella bolla di Biumo, quando i loro figli hanno esordito: “andiamo a vivere insieme. Non ce la facciamo più chiusi in casa con voi, senza poter fare nulla. Abbiamo bisogno di stare tra ragazzi”.
Sappiamo però che poi mamme e papà li hanno aiutati. E che il progetto è decollato: tampone prima di entrare, e così è iniziata la vita in oratorio in tempo di covid. Naturalmente senza mettere il naso fuori, per superare la crisi della "zona rossa" e di tutte le privazioni della socialità di questo tempo infinito segnato dal virus.
Basket e calcio e allenamenti fanno da corollario a tante attività della giornata: colazione, Dad. «Ognuno ha il proprio angolino» dice il sacerdote. Pranzo insieme e questo è l’unico momento in cui entra un esterno nella comunità, senza alcun contatto con il gruppo, un cuoco professionista. Altrimenti i ragazzi rimarrebbero a digiuno a pranzo visto che sono tutti impegnati con la scuola (Prealpina, 25 marzo).