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Sotto un grembiule storto c’è un’anima che Dio ama infinitamente

SEWING, NEEDLE, DRESS
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Missionarie di San Carlo - pubblicato il 24/03/21
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Darsi al cucito e non riuscire a fare una cucitura dritta. E capire che Dio ci ama così come siamo, perché senza le nostre storture non ci sarebbe stato bisogno di mandare suo Figlio.

Di suor Patrizia Ameli

Durante il periodo di Natale mi sono data al cucito, cosa che non ho mai amato fare e che sinceramente non so nemmeno fare bene. Ho iniziato grazie ad una sorella che mi ha introdotto e mi ha trasmesso la sua passione e allora ho pensato che in sartoria avrei potuto esprimere la mia creatività.

Ho deciso di fare dei grembiuli da lavoro da regalare alle mie sorelle e ho preso un bellissimo modello fatto da una mia consorella tedesca: il grembiule è molto bello e preciso, non c’è una cucitura storta, fatto alla perfezione!

Volevo imitarlo, ma dopo vari tentativi ero senza speranza. Allora ho iniziato a creare nel mio stile. Le cose non andavano come avevo pensato, per cui all’inizio mi condannavo ma, ad un certo punto, ho dovuto accettare le righe storte. Le ho guardate a lungo e osservando il mio grembiule ho iniziato a capire che andava bene così, anzi quelle righe storte mi davano idee nuove su come abbellirlo. Ho iniziato quindi a mettere una tasca a destra, un’altra a sinistra, un ricamo sopra, una fascia in mezzo ed è venuto un grembiule non preciso, ma… del mio stile. Io ero contenta e subito mi veniva in mente la persona a cui sarebbe potuto piacere.

Attraverso questo lavoro ho toccato con mano cosa voglia dire che Dio scrive dritto sulle righe storte. Non sempre è così semplice da capire. Spesso ci paragoniamo a modelli di perfezione e quando non li raggiungiamo la voce del nemico può sussurrare in noi: «vedi che non ce la fai? Non ce la farai mai ad arrivare alla perfezione che ti è chiesta», l’inganno è che non ci “è chiesto” di essere diversi da come siamo. La risposta vera però si trova non rispondendo e dialogando con questa voce, ma rivolgendosi al Padre e chiedendo a Lui: «cosa mi è chiesto? Qual è la tua volontà?». Solo così si riceve la risposta più bella e liberante: “ti ho amato di un amore eterno”.

Questo per me vuol dire che Gesù aveva già visto il mio grembiule storto, aveva già calcolato che non sarei riuscita a farne uno dritto e mi aveva già preparato una sorella che con gioia accettasse il mio regalo. Con il mio stupore, ciò che la sorella ha amato di più nel grembiule sono state le tasche arancioni che ho messo per coprire alcuni errori.

Nella famiglia di Dio, come in una famiglia numerosa, c’è spazio per tutti i figli, per il perfettino come per il ribelle. Non dobbiamo perciò paragonarci con le nostre immagini di perfezione, ma solo ed esclusivamente con il Padre. Non dobbiamo fuggire dalle nostre righe storte perché è proprio lì dentro che Lui vuole parlarci e dirci che senza le nostre storture non ci sarebbe stato bisogno di mandare suo Figlio. Solo quando arriviamo ad accettare, perdonare e volere bene a noi stessi, possiamo desiderare la conversione di tutto il nostro essere per diventare simili a Lui.

La bellezza di questo lavoro di sartoria alla fine non è stato tanto il mio grembiule, ma l’aver intuito ancora una volta questo amore incondizionato su di me che mi dice “vai bene come sei”.

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