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Clubhouse: la nuova applicazione basata sulla parola “parlata”

CLUBHOUSE
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Umberto Macchi - pubblicato il 23/03/21
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In un mondo dominato dalle immagini è sbarcata un’applicazione che punta tutto sulla voce e sulla parola “parlata”: nessun commento o messaggio scritto, qui ci sono solo interazioni vocali. Questo social network è nato, almeno in apparenza, con un buon fine: “Costruire un’esperienza sociale più umana, dove invece di postare, ci si possa riunire con altre persone e parlare. Vuole essere uno spazio per una conversazione autentica, dove le persone possono divertirsi, imparare, instaurare rapporti significativi e condividere le proprie esperienze con gli altri”, come si legge sul blog ufficiale di Clubhouse.

Che cos’è e come funziona

Clubhouse è un’applicazione nata negli Stati Uniti nel marzo 2020 (ma in Italia se ne parla solo da qualche mese), e al momento è disponibile solo per il sistema operativo iOS (bisogna possedere un prodotto Apple per scaricarlo), anche se c’è da aspettarsi che a breve lo sia anche per Android. Non solo, ma per poterla usare bisogna essere invitati da qualcuno che già la utilizza.

Entrati nell’applicazione si può accedere a stanze tematiche create dai vari “creators”, partecipare come pubblico o come ascoltatori e richiedere di intervenire nella conversazione cliccando su un’icona per “alzare la mano”. Le “stanze” di conversazione tematiche moderate dagli amministratori/creatori sono veri e propri canali di commento e/o approfondimento tematico, indicizzati nell’applicazione in modo da poter essere trovati facilmente.

Un nuovo modo di comunicare la parola di Dio
“Lo sto sperimentando e mi sembra molto stimolante. È un social network che insegna a comunicare e persino ad ascoltare”, dichiara don Alberto Ravagnani, il prete ambrosiano youtuber seguito da migliaia di follower sul web, che ha trovato il modo di raggiungere i giovani parlando di religione.

Don Alberto ha creato la stanza “Un prete per chiacchierare”, e la sua idea ha funzionato subito, avvicinando molti ascoltatori, credenti e non credenti, che si sono fatti avanti per instaurare un dialogo, per fare domande sulla fede e sulla religione.

Qui, i consueti canoni comunicativi dei social vengono stravolti. Per ora c’è molto rispetto, molta correttezza, si ascolta, si alza la mano per parlare. “Sembra riabilitare l’uso della parola consapevole – continua don Alberto – e diventa quindi fondamentale saper dire le cose importanti con un linguaggio essenziale, focalizzando bene i concetti”.

Don Alberto è su Clubhouse tutte le mattine dalle 9.05 alle 9.30 per recitare una preghiera e leggere il Vangelo: “È importante che la Parola di Dio possa risuonare in un social network che ruota interamente intorno alla parola. Sarebbe bello se entrasse anche papa Francesco: con le sue parole dirompenti, Clubhouse esploderebbe di iscritti ansiosi di ascoltarlo”.

L’ascolto come strumento più umano
La nostra umanità non può non esprimersi nella parola, nella conversazione, nel dialogo. Questo richiede tempo, attenzione, ci spinge a riflettere e ci fa rallentare, a discapito della smania che contraddistingue il nostro presente, riportando a un più giusto equilibrio il nostro modo di intendere la persona, la comunità e la società. L’ascolto è parte fondamentale del dialogo, ma in una società come quella contemporanea, in cui tutti vogliamo essere protagonisti attivi della scena, è un aspetto molto trascurato. Che dire, è probabile che Clubhouse possa rivelarsi uno strumento capace di accogliere e concedere più spazio al prossimo? Non possiamo saperlo, ma ce lo auguriamo. Certo è che sembra finalmente arrivato il tempo di tornare ad ascoltare.

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