Un'équipe multidisciplinare dell'Università Monash di Melbourne (Australia), guidata dall'argentino José María Polo, ha pubblicato su Nature uno studio in cui si descrive come a partire da cellule epiteliali adulte (fibroblasti) si generi una struttura pseudoembrionale umana.
Qualcosa di simile era già stato ottenuto in quattro occasioni precedenti, ma per via della natura delle cellule dalle quali sono state ottenute le strutture cellulari pluripotenziali, non presentavano l'organizzazione cellulare adeguata per poter essere utilizzate come strutture biologiche pseudoembrionali come quelle ora prodotte.
Queste ultime hanno una struttura spazio-temporale e una dinamica molecolare simile a quella di una blastocisti umana, il che fa sì che possano essere utili per studi sperimentali.
La tecnica utilizzata è simile a quella usata negli esperimenti messi a punto da Shinya Yamanaka per produrre le cellule iPS, per cui gli autori di questo studio le definiscono iBlastocisti.
Secondo gli autori, le cellule generate hanno una struttura cellulare simili alle blastocisti umane, per cui possono essere usate per studiare lo sviluppo embrionale nelle sue prime fasi, le possibili mutazioni genetiche che vi si possono verificare, come possono agire su questa struttura biologica diverse tossine e soprattutto per aiutare a sviluppare nuove terapie utilizzabili nella fecondazione in vitro.
Da un punto di vista bioetico, ci sembra che queste iBlastocisti prodotte e il loro possibile utilizzo sperimentale non presentino alcuna difficoltà etica, perché da queste non si possono produrre embrioni praticabili, ovvero non si possono generare esseri umani vivi.
Per questo, ci sembra che si tratti di un importante progresso tecnico che non presenta difficoltà etiche per essere utilizzato a livello sperimentale.
Articolo pubblicato dall'Osservatorio di Bioetica della UCV e riprodotto da Aleteia con permesso espresso.