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Conoscete il reality che spedisce le “cattive ragazze” in convento?

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Emilia Flocchini - La Croce - Quotidiano - pubblicato il 17/03/21
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“Ti spedisco in convento” è l'edizione italiana di “Bad Habits Holy Orders”, format acquistato e prodotto in Italia da Discovery +. Sono state scelte dalla Produzione le Suore Oblate del Bambino Gesù e la loro casa di Sorrento.

Già da alcuni anni circolava la voce secondo cui sarebbe stata realizzata una versione italiana del format «Bad Habits, Holy Orders», lanciato dall’inglese Channel 5. Dal 12 marzo questa voce è diventata una realtà: la piattaforma Discovery+ ha infatti rilasciato le prime due puntate di «Ti spedisco in convento», titolo con cui Real Time, circa tre anni fa, aveva trasmesso la versione originale.

Il format, che non è stato acquistato solo nel nostro Paese, prevede che una comunità di suore accolga per un breve periodo di tempo – quindici giorni, nel nostro caso – un gruppo di cinque ragazze che hanno abitudini distanti dalle loro: vanno in discoteca, tornano tardi a casa, si ubriacano, indossano abiti scollati, passano di letto in letto oppure privilegiano le comodità. Alle suore spetta il compito d’indicare loro che una vita diversa è possibile e che alle “cattive abitudini” del titolo originale possono essere sostituiti i consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza.

La produzione, affidata a Fremantle per Discovery Italia, ha effettuato una ricerca anche sul campo, per trovare anzitutto un istituto o una congregazione che fosse disponibile ad accettare il progetto e che avesse un luogo adatto alle necessità del programma. Sono quindi state individuate le Suore Oblate del Bambino Gesù, molto poco note rispetto ad altre, ma che sembravano indicate per lo scopo: fondate nel 1672 per l’educazione delle ragazze povere di Roma, sono presenti dal 1916 a Sorrento, in un edificio con vista sul mare, che un tempo ospitava l’Istituto Bambino Gesù, una scuola per bambini (accanto al cancello si legge ancora quell’indicazione), mentre oggi è la casa per ferie “La Culla”.

Quanto alle ragazze coinvolte, hanno dai sedici ai ventitré anni. In ciascuna è stato identificato un possibile personaggio: c’è Emilia detta Emy, cubista che fa della “cazzimma”, ossia di una tenacia sfrontata, il suo punto di forza; c’è Valentina, studentessa di Diritto, con una stima di sé molto accentuata, unita a un certo snobismo; poi Stefania, non dissimile da Emy soprattutto per i suoi modi diretti; Sofia, che vive a Miami ed è l’unica ad avere un piano preciso per il proprio futuro, ossia sposare il compagno Brad e vivere nel lusso; infine Martina, la più giovane, che si è costruita l’identità goticheggiante di Wendy ma che, allo stesso tempo, vorrebbe affrontare il mondo reale.

Idealmente rappresentano due situazioni sociali diverse: da una parte quelle che fuggono da condizioni quasi povere, dall’altra quelle che, per loro stessa ammissione, cambiano le scarpe più spesso dell’abbigliamento intimo. Nella prima puntata, in effetti, si consuma uno scontro proprio tra Stefania e Valentina, perché la seconda ha disprezzato la mancanza di calici per il vino durante la cena. In ogni caso, sono accomunate dalla priorità che danno a «sesso, droga e successo» ottenuto tramite i social media, a cui brindano di nascosto (ma non troppo) dalle suore.

Quanto a loro, hanno cercato di sfuggire all’essere inquadrate in un ruolo specifico: la stessa madre generale, suor Daniela, che ha raggiunto per l’occasione Sorrento, nella prima puntata chiede espressamente alle consorelle di non essere considerata in base al suo incarico, per tornare, in un certo senso, alle origini della sua vocazione a servizio dei giovani. La superiora della comunità è invece suor Monica: a lei spetta il compito di elencare e di far rispettare le cinquanta regole per la vita comune. Con lei vivono suor Felicita, la più anziana ma non la meno coinvolta, suor Analia, ventottenne dalla risata scoppiettante, e suor Arleide, addetta al giardino e all’orto.

Il loro contesto non è descritto con toni opprimenti, ma con un certo rispetto. Spesso ci sono immagini della cappella vuota, dove campeggia una grande icona della Trinità sul modello di quella di Rublëv (di fatto, nella casa si svolgono anche corsi di Iconografia), ma anche dello stesso ambiente dove la comunità religiosa si raduna per le preghiere comuni.

Il montaggio delle scene in cui partecipano alla Messa o pregano i Vespri appare invece confuso: a volte il cappellano fa gesti che non corrispondono alle parole che si sentono. Per il resto, insieme alla scelta della musica e alla selezione delle protagoniste, costituisce gran parte del meccanismo del programma.

Anche le suore nostrane hanno avuto una reazione simile a quella delle inglesi: hanno espressamente chiesto alla produzione di non inserire nulla che non fosse vero e si sono opposte a rigirare scene che televisivamente non rendevano. Le loro reazioni appaiono genuine, come la loro curiosità all’arrivo delle ospiti: sono state informate del genere di persone che avrebbero avuto di fronte, ma incontrarle è risultato diverso.

Le ragazze, invece, credevano di partecipare a un progetto più incline al loro stile di vita. Almeno sanno fare il segno della croce e in cappella non sono molto composte, ma non hanno gesti offensivi nei confronti del sacro. Anzi, quando suor Monica le ringrazia per aver preparato la colazione, ma avvisa che nel refettorio manca qualcosa, Emy esclama: «Dobbiamo accendere Gesù», riferendosi a una nicchia dove si trova una statua del Bambino benedicente.

La parola chiave del programma è “sfida”: ricorre nella prima puntata, ma anche nella seconda. Le giovani, per il puro gusto d’infrangere le regole, sfidano le ospitanti mettendo alla prova la loro pazienza. Le religiose, che fanno del loro meglio per non innervosirsi, hanno accettato l’esperienza per provare a gettare un seme di bene. È plausibile che l’abbiano fatto anche puntando agli spettatori, magari a quelli che cercano di trovare elementi d’imbarazzo proprio nel loro modo di fare.

Rispetto alla versione inglese ci sono elementi in comune: le esperienze di lavoro fisico, a cui le ragazze non sono abituate, ma anche i tentativi di farla franca, le pigrizie e le maschere sotto cui nascondono animi vulnerabili e trascorsi dolorosi. Nelle prossime puntate si capirà se abbiano trovato almeno qualche affinità con le suore, sebbene qualche segno positivo si noti già in quelle appena rilasciate.

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