Marco è unico, come tutti noi, ma lui lo è in modo speciale e drammatico. E' un bambino di 12 anni affetto da un difetto genetico che gli causa una serie di sintomi da gravi a gravissimi e che chiedono ai suoi genitori una presenza e un livello di allerta costante, a tutte le ore del giorno e della notte. Vivono a Fossano, in provincia di Cuneo, in una coraggiosa e tenace normalità.
Ho incontrato la sua storia sul sito Ogha!, che racconta la sua storia e ciò che lui e la sua famiglia è nato. Non è raro trovare storie di prove durissime che hanno come frutto più visibile e sorprendente la costruzione di luoghi e relazioni che possano dare sollievo agli altri.
Silvia si presenta nel video come la mamma di Marco: un bimbo affetto da malattia genetica rara, ad oggi unico caso al mondo.
La malattia non ha un nome ma una sigla che descrive o meglio intercetta il gene difettoso responsabile dei tanti problemi che affliggono il bimbo che però non sembra averne mai l'aria. Pur colpito da questa grave sindrome e soffrendo intensamente, dice la mamma, si sveglia ogni giorno con il sorriso.
Il cromosoma 1, il più grande del nostro patrimonio genetico, è quello a carico del quale è avvenuta la micro-delezione di un frammento, denominato con quella algida sigla 1.Q41.12.
Soffre sempre, Marco, ma sorride e, osserva mamma Silvia, se sorride lui perché non dovremmo farlo noi?
Poiché questo gene presiede ad una serie di funzioni decisive per la nostra vita il fatto che in Marco sia difettoso ha generato una cascata di sintomi imponente.
Spiega sempre la mamma che, se consideriamo il nostro organismo come una macchina complessa che funziona ad ormoni, quella di suo figlio è inceppata poiché il suo corpo non è in grado di produrne in quantità adeguata. E sono proprio loro i responsabili della regolazione del sonno, della termoregolazione, della circolazione del sangue...
In bocca ai genitori di Marco, Silvia e Ciro, ha però assunto altre connotazioni. Addirittura questi eroi del quotidiano l'hanno associata al termine che di solito immaginiamo per descrivere una vita che scorre lieta, senza intoppi, tutta per sempre e felicità a perdita d'occhio: favola. Così si chiama la loro associazione: La Favola di Marco e serve ad aiutare altre famiglie, altri bambini, innanzitutto togliendoli dalla morsa della solitudine.
Sì, perché proprio dal fondo della loro situazione estrema e sofferente, ma per niente priva di gioia, hanno deciso di realizzare qualcosa che aiuti altre famiglie, altri genitori e fratellini, sorelline.
Intanto con Marco ci si potrebbe trovare in sintonia per due delle sue grandi passioni: coccole e cibo.
Se lo si vuole far contento basta portarlo al ristorante; per lui è festa assicurata. E' un bel bambino paffuto, occhioni grandi e azzurri come la mamma, una testa fitta fitta di capelli biondo cenere. E' un bel bambino, è amato, Lo si vede mentre guarda la tv e coccola il fratello.
Mi stupisce sempre, anzi no me lo aspetto ma è ugualmente bello e commovente, vedere in chi lotta a mani quasi nude contro nemici così infidi e multiformi, rinunciando per anni di fila (ANNI!) a dormire una notte di sonno intera, che cerca di cogliere nuovi sintomi nel proprio bambino per intervenire tempestivamente, che in caso di collasso sa fare una iniezione per rianimarlo, ecco commuove vedere proprio in queste persone grande capacità di leggerezza e gioia di vivere.
C'è anche una certa amarezza nelle parole della mamma che racconta l'ironia di una sorta così dura: volevano figli per poter viaggiare con loro e riempirsi di esperienze e bellezza in giro per il mondo; ora fanno il tour degli ospedali.
Non lo dice ma lo sospetto: sa che ciò che riesce a vedere ora, con la profondità che ha guadagnato attraversando questa prova, non lo avrebbe scovano nemmeno in capo al mondo
E così la cucina diventa una sorta di domestico quartier generale per fronteggiare un nemico sempre attivo e piuttosto imprevedibile.
Eccola, la famiglia, nella sua vera natura: un esercito compatto, capace di far fronte comune contro i nemici che colpiscono uno o tutti, è la stessa cosa, perché tutti sono in fondo uno.
Perché, mi chiedo, è ancora così difficile accettare che bellezza, gioia e malattia possano stare insieme? Possono eccome, a volte paradossalmente quasi di più. Anche se è giusto augurarsi per i propri figli la benedizione di una vita lunga, prospera e serena forse è molto più ragionevole ammettere che quello non sia il sommo bene e che non è affatto garantito. La nostra condizione umana è tanto fragile ed esposta a pericoli, ma quando nasce un bimbo ci si aspetta sempre che sia l'inizio di una nuova creazione, magnifica e perfetta. Non lo è, fino in fondo, o meglio non lo è senza passare dalla via stretta che Cristo ha aperto per primo e per tutti. E che è fatta di croce, certo, ma per la resurrezione.