Dovrà comparire di fronte al Giudice di Pace il prossimo 18 maggio, a rendere conto di un comportamento inadeguato: essere rimasta incinta. Non è Kafka, non è Bradbury. E' la storia di Lara Lugli, una pallavolista di serie B1 in forze al Ads Volley Pordenone fino al febbraio 2019.
Nel marzo 2019 ho comunicato al mio club, il Volley Pordenone, l’impossibilità di proseguire la stagione: ero rimasta incinta. A distanza di due anni, dopo aver subito un aborto spontaneo, in risposta alla mia ingiunzione di pagamento dello stipendio di febbraio, mai corrisposto, ho ricevuto una citazione per danni. Motivo: non aver onorato il contratto - Lara Lugli (da Corriere della Sera)
Il 7 marzo, alla vigilia della Festa della Donna, un post scritto su Facebook da Lara Lugli ha sollevato un polverone mediatico, e un'ondata di indignazione. Non siamo nella cornice stellare dei divi del calcio di serie A, siamo nella zona più silenziosa e nascosta dai riflettori dello sport dilettantistico.
Lara è una schiacciatrice, non ha militato in serie A ma è sempre stata un'atleta dalle doti spiccate ed eccellenti. Era capitano del Pordenone Volley, riconosciuta come figura di riferimento per tutta la squadra. Finché nel marzo del 2019 comunica alla società di essere rimasta incinta e il contratto che la lega al club viene rescisso.
Ma non è questo il problema, anche se è un problema. In tante conoscono la legge non scritta per cui gravidanza significa licenziamento, e ci si fa - tremendamente - "la tara". Però, anche se non è questo il motivo della contesa, ricordiamo l'ovvio: verrà un tempo in cui la gravidanza non sarà un'onta per le donne che lavorano? Sì, anche per le sportive.
Ricostruiamo, dunque, i fatti che pur essendosi innescati due anni fa hanno delle serie ripercussioni oggi. Perché Lara, dopo aver aspettato tanto, ha chiesto alla sua ex-società che le fosse versato uno stipendio mancante, quello del febbraio 2019 (la gravidanza e relativa recessione del contratto sono del marzo 2019).
In risposta a quella richiesta la Lugli ha ricevuto una citazione per danni e l'invito a comparire davanti al Giudice di Pace il prossimo 18 maggio. L'accusa? Aver tenuto un comportamento non rispettoso del contratto in seguito a cui la squadra non ha ottenuto i risultati sperati e ha perso i finanziamenti degli sponsor. Essere rimasta incinta è stato un comportamento lesivo nei confronti dei suoi datori di lavoro. Fa male leggere - nero su bianco - queste parole, tenendo anche presente che Lara ha vissuto il trauma di un aborto spontaneo, appena un mese dopo la notizia della gravidanza.
Le accuse sono che al momento della stipula del contratto avevo ormai 38 anni (povera vecchia signora) e data l’ormai veneranda età dovevo in Primis informare la società di un eventuale mio desiderio di gravidanza, che la mia richiesta contrattuale era esorbitante in termini di mercato e che dalla mia dipartita il campionato è andato in scatafascio. - Lara Lugli
Nel post pubblicato su Facebook Lara Lugli ha condiviso per intero la lettera di citazione per danni che ha ricevuto. Vergata da un avvocato donna. E alcuni passi è bene riportarli:
1Non si resta incinta quando la squadra è prima in classifica
Sempre a partire dall'assunto che la gravidanza sia un comportamento, se ne deduce che un'atleta responsabile dovrebbe pianificarla nei tempi più opportuni per il rendimento che ci si aspetta da lei. Da questa scrittura legale scompare il dato di realtà: c'è una persona che diventa madre, non una dipendente che pianifica una vacanza. E viene da chiedere: se si fosse infortunata giocando e fosse stata impossibilitata a scendere in campo fino alla fine del campionato ci sarebbe stata questa alzata di scudi? No. Perché un infortunio è - come dire - un'onorevole ferita subìta dal soldato "sul campo di battaglia". La gravidanza invece ... é proprio un'avversaria sul quello stesso campo. Il corpo della donna, a proposito.
2Sei troppo vecchia, e troppo pagata
C'è la sottesa ipotesi che l'abbia fatto apposta. Perché non siamo più in un mondo in cui i figli, semplicemente, sono concepiti e nascono. Oggi i figli si pianificano, anzi si deve persino pianificare il desiderio di averli così che possa essere ben chiaro a chi ti assume (magari correlandolo di quell'avviso sonoro alla Wall-E "Agente contaminante!").
E' chiaro che in un documento legale non ci aspettiamo carezze e frasi dolci. E forse fa bene vedere i coltelli ben affilati che colpiscono per fare male: sono dichiarazioni di una sincerità disarmante. Finita la retorica dell'8 marzo, eccoci di nuovo nel mondo reale. Vediamo chiaro in faccia quello che è risaputo ma sottinteso. Il fatto che la donna abbia quest'assurda appendice della generazione è una gran brutta scocciatura, lì dove conta una pianificazione orientata agli utili. E qui non si parla più, evidentemente, solo della società sportiva in questione ma di un panorama di esperienze molto più vasto e capillare (e a cui ciascuna di noi può - ahimé - associare un nome e un volto).
A seguito dello scalpore suscitato da questo caso, la società del Pordenone Volley ha voluto replicare offrendo il suo punto di vista sui fatti.
Siamo consapevoli dei toni urlati del giornalismo, ed è sbagliato catapultarsi dentro una storia reale indossando solo un paio d'occhi. Conoscere realmente le motivazioni che hanno spinto questa società sportiva a un contrattacco così forte è indispensabile. Perché anche a fronte di questo comunicato restano aperte alcune domande.
Se l'oggetto della contesa è un mancato stipendio, perché non restare sul punto? Se Lara Lugli ha fatto una richiesta che non le spettava, perché non rispondere semplicemente dimostrando che quello stipendio non le spettava? Perché la necessità di avere una rivalsa così prepotente? Se la gravidanza era stata guardata con il sorriso, se il dolore dell'aborto era stato condiviso perché ritorcerglieli contro in una contesa legale?
In fondo il punto di partenza dovrebbe essere molto semplice dal punto di vista legale: Lara Lugli ha ricevuto lo stipedio del febbraio 2019? Le spettava?
Viste le acque torbide in cui navighiamo viene da pensare male, anzi al peggio. Che effetto a cascata può avere un caso del genere? L'effetto di far percepire alla donne l'impressione di essere in un vicolo cieco. Anche se la vicenda processuale di Lara Lugli non avrà seguito, anche se dovesse ricevere delle scuse. Intanto ad alta voce si è ribadito chiaro e tondo che, nel mondo reale, la creatura che può generare figli se vuole avere un percorso lavorativo meno incognito e problematico è meglio che non generi figli. Il che non vuol dire che non deve averli - ecco il correlato subdolo. E' a partire da casi come questi che bussa alla porta la strega con la mela rossa in mano: la surrogata.
Sembrerà non il male minore, ma addirittura un'alleata perfetta. Il venticello, neanche troppo tiepido, di un singolo caso come quello della Lugli dà fiato all'uragano che non è così lontano: convincerci che si può salvare capra e cavoli. Puoi avere figli (se li fai fare a qualcun altro) e puoi tenerti il lavoro.
Mi permetto di insinuare questo scenario perché, come diceva Chesterton, non serve a niente gridare dopo aver ricevuto una botta, meglio gridare prima. E non sono così sicura che ora sia "prima", forse è già tardi.
L' Associazione Nazionale Atlete si è mobilitata in difesa di Lara Lugli e ha dichiarato di voler interpellare Mario Draghi e Giovanni Malagó, per chiedere che cosa intendano fare "per mettere fine alla vergognosa situazione per la quale le donne italiane, non avendo di fatto accesso alla legge 91 del 1981 sul professionismo sportivo, vengono esposte a casi clamorosi come quello dell'atleta Lara Lugli".
La questione che si pone sul tavolo politico, sociale, umano è qualcosa che esula dal recinto dei contratti di lavoro per le donne. E' un esame di coscienza non individuale ma da porsi come consorzio civile:
Perché una donna se rimane incinta non può conferire un DANNO a nessuno e non deve risarcire nessuno per questo. L’unico danno lo abbiamo avuto io e il mio compagno per la nostra perdita e tutto il resto è noia e bassezza d’animo. - Lara Lugli