La rubrica Buone notizie del Corriere della Sera del 3 marzo scorso ospita un incoraggiante articolo che, parafrasando un passaggio del testo, testimonia come misteriose alchimie possono trasformare la disperazione in speranza. Veniamo così a conoscere l’iniziativa intrapresa 5 anni fa nel carcere Opera di Milano, che ha visto gli ultimi degli ultimi diventare artefici di una storia che dalla periferia meneghina si è diffusa alle periferie di molte grandi città del mondo.
L’ideatore del progetto, Arnoldo Mosca Mondadori - pronipote dell’omonimo editore - lo presenta così:
Era un sogno, quello di Giuseppe, Ciro e Cristiano: i primi due condannati al carcere a vita, l’ultimo ancora con 14 anni da scontare, quando inviarono questa lettera al Papa pubblicata su Avvenire poco prima di Natale:
L’abbraccio forte e prolungato con il Pontefice era avvenuto alla fine dell’udienza generale in Piazza San Pietro di sabato 9 aprile 2016, quando il Papa si era soffermato con loro – che avevano portato a Roma 12.000 ostie per fargliele consacrare – un quarto d’ora, ascoltando i loro racconti e scrivendo una lunga dedica al libro “Il Senso del pane”.
Il progetto ha infatti questo nome e vuole dare significato alle vite che Papa Francesco chiama di scarto, aiutando uomini e donne a riappropriarsi della propria dignità con il lavoro. Da allora le ostie prodotte nel laboratorio del carcere hanno letteralmente preso il volo: i detenuti ne hanno impastato artigianalmente più di 4 milioni inviate a 500 chiese sparse in tutto il mondo. (Corriere)
È la Casa dello Spirito e delle Arti, nata dall’intuizione di Arnoldo Mosca Mondadori, a coordinare una rete che in pochi anni dal laboratorio pilota di Opera si è estesa a vari continenti. In Mozambico e in Etiopia sono impegnati ex ragazzi di strada; in Turchia e nello Sri Lanka lavorano ragazze per sottrarsi al mercato della prostituzione; a Pompei e Betlemme sono in campo giovani con disabilità fisica e psichica; nella striscia di Gaza vengono coinvolte le persone più povere; a Buenos Aires è nato un laboratorio dove le ostie vengono prodotte da ragazze e ragazzi che si stanno affrancando dalla schiavitù della droga.
Perché scegliere l’ostia per rappresentare insieme simbolo e prodotto del desiderio di riscatto? Ce lo spiega sempre l’ideatore del progetto: