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Le ostie che nascono dalle mani insanguinate dei detenuti

HOLY COMMUNION,
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Silvia Lucchetti - pubblicato il 09/03/21
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L’iniziativa intrapresa 5 anni fa nel carcere Opera di Milano, che ha visto gli ultimi degli ultimi diventare artefici di una storia che dalla periferia meneghina si è diffusa alle periferie di molte grandi città del mondo. "Con queste mani, un tempo sporche di sangue, oggi produciamo ostie che vengono consacrate in tante chiese".

La rubrica Buone notizie del Corriere della Sera del 3 marzo scorso ospita un incoraggiante articolo che, parafrasando un passaggio del testo, testimonia come misteriose alchimie possono trasformare la disperazione in speranza. Veniamo così a conoscere l’iniziativa intrapresa 5 anni fa nel carcere Opera di Milano, che ha visto gli ultimi degli ultimi diventare artefici di una storia che dalla periferia meneghina si è diffusa alle periferie di molte grandi città del mondo. 

L’ideatore del progetto, Arnoldo Mosca Mondadori - pronipote dell’omonimo editore - lo presenta così:

Era un sogno, quello di Giuseppe, Ciro e Cristiano: i primi due condannati al carcere a vita, l’ultimo ancora con 14 anni da scontare, quando inviarono questa lettera al Papa pubblicata su Avvenire poco prima di Natale:

L’abbraccio forte e prolungato con il Pontefice era avvenuto alla fine dell’udienza generale in Piazza San Pietro di sabato 9 aprile 2016, quando il Papa si era soffermato con loro – che avevano portato a Roma 12.000 ostie per fargliele consacrare – un quarto d’ora, ascoltando i loro racconti e scrivendo una lunga dedica al libro “Il Senso del pane”. 

Il progetto ha infatti questo nome e vuole dare significato alle vite che Papa Francesco chiama di scarto, aiutando uomini e donne a riappropriarsi della propria dignità con il lavoro.  Da allora le ostie prodotte nel laboratorio del carcere hanno letteralmente preso il volo: i detenuti ne hanno impastato artigianalmente più di 4 milioni inviate a 500 chiese sparse in tutto il mondo. (Corriere)

EUCHARIST

È la Casa dello Spirito e delle Arti, nata dall’intuizione di Arnoldo Mosca Mondadori, a coordinare una rete che in pochi anni dal laboratorio pilota di Opera si è estesa a vari continenti. In Mozambico e in Etiopia sono impegnati ex ragazzi di strada; in Turchia e nello Sri Lanka lavorano ragazze per sottrarsi al mercato della prostituzione; a Pompei e Betlemme sono in campo giovani con disabilità fisica e psichica; nella striscia di Gaza vengono coinvolte le persone più povere; a Buenos Aires è nato un laboratorio dove le ostie vengono prodotte da ragazze e ragazzi che si stanno affrancando dalla schiavitù della droga. 

Perché scegliere l’ostia per rappresentare insieme simbolo e prodotto del desiderio di riscatto? Ce lo spiega sempre l’ideatore del progetto:

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