Siamo un magazine femminile, è vero; e la scelta dei titoli di questa settimana non va fuori tema come potrebbe sembrare. Cosa c'è di più "Per Lei" che lo sposo e padre Giuseppe? Cosa di più interessante che rivedere il mondo dagli occhi dell'uomo vivo per eccellenza che fa il giro del mondo per imparare sempre daccapo ad amare sua moglie?
Cosa può interessarci di più di raccogliere e nutrirci di briciole di preghiera nel nostro quotidiano, conteso tra prosaica efficienza e accesso al mondo interiore che custodiamo nel cuore?
Che siamo gente di successo o anonimi signor nessuno, che ci sia stato riservato un posto di instabile onore nel mondo o siamo finiti non si sa perché negli angoli peggio frequentati della società, poco importa. Può venirci a fare visita in ogni caso, il dolore. E la domanda che saetta lungo i secoli e ci sibila vicino all'orecchio, spesso risalendo dalla nostra propria gola, è sempre quella: Perché? Qual è il senso del male e del dolore?
Il fatto è che questa domanda non rimbalza tra le pareti di un'anima vuota e anonima come un garage sfitto. E' lanciata contro qualcuno, senza troppe cerimonie; scagliata con forza in faccia ad un Altro. Che, invece di rispondere, che cosa fa? Ci passa in mezzo Lui e gli cambia senso, valore, durata persino.
Da Giobbe a Gesù, il grande mistero della sofferenza e del rapporto con Dio. Perfetto tornare a rifletterci ora, nel tempo forte di Quaresima.
Pregare, l'abbiamo capito a nostre spese, non è un'incombenza da inserire sbrigativamente tra un impegno e l'altro. Perché lo spazio, a ragionare così, non lo troviamo. Ci serve un altro approccio. Ci serve imparare a vivere la preghiera, dobbiamo, in fin dei conti, puntare a diventare preghiera noi stessi.