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La tragedia dell’aborto nel cuore di un papà

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Paola Belletti - pubblicato il 24/02/21
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Sono spesso esclusi, a volte felici di essere estromessi ma spesso travolti da un dolore che non ha patria, che non trova ascolto, che non viene considerato. Da un’intervista a cura dei volontari della Comunità Papa Giovanni XXIII la testimonianza di un padre che ha subito impotente l’aborto del figlio.

Trama e ordito

Il male, di solito, trascina con sè tante vicende e sviluppi che non si finirebbe mai di raccontare. Per questo i crimini sono spesso la materia prima più facilmente reperibile per tessere trame di romanzi, racconti, film.
Eppure è il bene ciò che cerchiamo, tutti, e che alla fine ordisce la storia.
La testimonianza di questo uomo, ferito al cuore del suo essere padre, ci mostra quanto terribile sia la lama dell‘aborto che affonda il suo metallo nelle carni di (almeno) tre persone ma alla fine trafigge tutta l’umanità.

L’aborto per i padri, un lutto ignorato

Non è solo il figlio, spesso, ad essere dimenticato, ridotto sulle carte a prodotto del concepimento che può essere rimosso e buttato; non è solo la donna, ingannata da una legge ingiusta, che per questo non vincola la nostra coscienza ma anzi ci spinge a divincolarci dai suoi tentacoli, che le consegna un potere di morte sul figlio e su sé stessa.
E’ anche il padre.
E’ l’uomo che ha dato la vita insieme a lei, che viene scaraventato fuori, lontano da lei e dal figlio e zittito dalla legge.
Tanti ne hanno tremendamente approfittato: altri hanno addirittura preteso dalle loro donne l’esecuzione dell’aborto. Ma quanti invece patiscono nel silenzio, quanti.
Sulla testata della Comunità Papa Giovanni XXIII, Sempre news, è apparsa un’intervista ad un padre che solo con la forza della fede e dei sacramenti sta superando il dolore per la perdita subita del figlio.
I volontari del numero verde dell’Associazione di Don Benzi hanno raccolto la testimonianza di Pietro (nome di fantasia), che a distanza di oltre 6  anni sta rielaborando il lutto del post aborto, dopo esser stato costretto dalla legge ad accettare la scelta della propria compagna. Ecco il suo racconto. (semprenews)

Il figlio negato

L’uomo racconta la sua storia, nella quale si intrecciano difficoltà di relazione, precarietà economica, invadenze indebite della famiglia d’origine e l’assurdo patrocinio di uno stato che lascia alla donna sola il potere di decidere per la morte del figlio che porta in sè.

So che hai attraversato un momento di grande sofferenza per la morte di tuo figlio nascituro? Cosa è accaduto?

«Convivevo già da 6 anni con la madre di mio figlio ed avevo già un altro figlio di 6 anni. All’epoca solo io ero occupato con un lavoro stabile anche se molto impegnativo, perché lavoravo anche la domenica. Il nostro rapporto si era logorato moltissimo a causa della sua disoccupazione che si protraeva già da due anni e a causa dei suoi problemi caratteriali, che le impedivano di adattarsi alle esigenze dei titolari con cui veniva a trovarsi. La situazione era diventata delicata anche perché lei era cresciuta in un ambiente agiato ed aveva difficoltà ad adattarsi ad uno stile di vita più semplice. Era quindi spesso a chiedere soldi ai suoi genitori che iniziarono ad entrare in maniera sempre più invadente nella nostra coppia. (Ibidem)

La notizia della gravidanza: gioia e paura

Arriva la notizia del secondo bimbo in arrivo. L’uomo racconta della sua reazione di gioia mista a preoccupazione: uno dei mix più ricorrenti e ragionevoli, in questi casi. Si sa che ogni vita è una novità assoluta, una fonte di felicità e bellezza ma anche una richiesta di nuove risorse e i padri più ancora delle madri si sento chiamati in causa come custodi di tanto bene.
Le ingerenze della famiglia della compagna, intanto aumentano il loro carico. Con il piede di porco dell’aiuto economico i genitori della donna forzano lo spazio della fragile famiglia ed entrano sempre di più nelle decisioni della coppia, pretendendo di avere voce in capitolo proprio per la quota economica che mettono a disposizione. Un vero e proprio ricatto che ottiene la sudditanza della figlia e la sempre maggiore esclusione del genero.

Il bambino non era a budget, va eliminato

Col passare del tempo i suoi genitori la convinsero che quella gravidanza sarebbe stata di ostacolo, sia per questioni economiche, sia per la difficoltà che avrebbe avuto nella ricerca di un nuovo lavoro.
Pur sapendo che la mia compagna aveva gioito nel sentire battere il cuore del bimbo che portava in sé (me lo disse poi una sua amica con la quale andò dal ginecologo), pian piano venne convinta dai suoi genitori a disfarsi del bambino. (Ibidem)

Dolore e impotenza

Oltre allo sgomento cresce il dolore per non riuscire ad impedire quella decisione. A distanza di anni l’uomo porta ancora su di sé profonde cicatrici che urtate fanno ancora male. La sua impotenza è misurata dal muro invalicabile della volontà della donna garantita dalla 194 come unico e insindacabile criterio per decidere della vita del figlio di entrambi.
Inoltre ho vissuto l’impotenza di essere padre in uno Stato che, con la legge 194 non tutela né il nascituro, né le idee del padre. Il papà viene totalmente ignorato nella scelta della madre sull’interruzione di gravidanza.  (Ibidem)

Dall’odio al perdono

E’ arrabbiato, si sente ingiustamente escluso. All’inizio proverà odio e risentimento per la compagna madre e assassina di un figlio che era anche il suo. Ma, col passare del tempo, inizia a riflettere e a mettersi in cammino interiormente. La via d’uscita è la comprensione e il perdono.

mi sono sforzato di mettermi nei panni di questa donna che, consapevole o meno, ha preso questa decisione e ho cercato di comprendere quale strazio deve aver vissuto la sua coscienza nel negare la sua femminilità e la maternità e, per come è strutturata la Legge 194, ritengo che la stessa non venga applicata correttamente in quanto, pur prevedendo dei percorsi di consapevolezza nei consultori, viene applicata in maniera scorretta ed è unicamente volta all’eliminazione dei bambini. (ibidem)

L’aborto non risolve nulla ma dissolve la vita e le relazioni

La traiettoria di morte iniziata con la decisione di interrompere la gravidanza è arrivata fino alla coppia che non sopravviverà a questo attacco. L’uomo si ritrova solo, impoverito privato non solo di una casa ma anche della consolazione di poter continuare ad essere un padre presente per il figlio piccolo che già avevano i due. Dovrà trovarsi un altro appartamento, pagare l’affitto, sopravvivere. L’ex compagna lo priverà persino delle foto e di tutti i ricordi possibili legati alla vita condivisa con lei e il bimbo di pochi anni. Il dolore è il più grande mai provato in vita sua, racconta l’uomo.

Nell’incontro con Dio l’inizio della rinascita

“Nonostante questo ho pensato che se avessi coltivato questo odio non sarei stato meglio, per cui decisi che dovevo cambiare diverse cose nella mia vita. Una di queste è stata il ritorno alla fede, e ai Sacramenti”. (Ibidem)
Grazie al cammino di fede sta ritrovando significato e speranza: verità e amore sono il vero senso della vita e non vengono meno neanche quando sembrano essere distrutti. Dio stesso, in Cristo, se ne fa garante. Ma la tristezza non è scomparsa. Ora cerca di recuperare un minimo di relazione e dialogo con la ex compagna per il bene di loro figlio.
Anche nella tristezza più cupa, ho sempre pensato che la verità e l’amore hanno un senso nella nostra vita.

Dura lex, iniquua lex

Da padre cosa vorresti dire al legislatore, a chi leggerà questa tua testimonianza?

«Desidero ardentemente che venga cambiata questa legge così iniqua e che non tiene conto della volontà di un padre. Non solo, questa legge secondo me è sbagliata anche per quanto riguarda le donne, perché non considera le conseguenze a livello fisico, mentale e spirituale di chi pratica l’interruzione volontaria di gravidanza, né aiuta la donna una volta che esce dalla clinica ad affrontare quello che, secondo me, è un vero e proprio lutto, la morte violenta del proprio figlio. (Ibidem)

Se parliamo di diritti, se ci sbracciamo e sgoliamo tanto per diritti che in fondo non sono nemmeno tali, che ne è – si chiede giustamente l’uomo – dei diritti del nascituro?

(…) Se gli viene negato persino il diritto di vivere? Mi sembra che sia stato Giovanni Paolo II a dire ” Una Società che uccide i propri figli è una Società senza futuro”. Io sono perfettamente d’accordo con il suo pensiero». (Ibidem)


SAD MAN
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