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Sposata già 10 volte, e continuerà per trovare il marito perfetto

CASSEY, MARRIAGES
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Annalisa Teggi - pubblicato il 24/02/21
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Cassey non smette di inseguire il desiderio di «trovare quello giusto». Quanto bene nella vita va perduto se rimaniamo intrappolati nel sogno di un amore ideale e su misura?«Quello giusto» mai espressione fu più ambigua e ingannevole. E si cade senz’altro in una brutta trappola quando «giusto» significa «su misura» per i nostri desideri. Ecco una fotografia fin troppo ricorrente nel mondo attorno a noi: sognando l’amore perfetto, si passa da una relazione all’altra. Ma dietro questa bulimia di rapporti feriti e smarriti, cosa c’é? Possibile che la promessa di un amore vero sia da relegare solo al mondo dei sogni?



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Ho amato tutti quelli che ho sposato

Sì sa che i talk show bramano storie accattivanti ed estreme, e noi – pubblico – ce le sgranocchiamo come pop corn. Nulla più, facciamo zapping tra un cuore infranto e un tradimento scabroso. Però anche dietro una storia confezionata per le luci dei riflettori c’è una voce autentica, magari da scovare in una frase solo accennata a metà. Dietro il caso umano c’è una persona, ed è lei che in realtà vogliamo ascoltare.

In uno show televisivo americano è stata ospite la signora Cassey, brillante donna d’affari di 56 anni. Bionda e bella, presenza scenica perfetta. Con il ritmo di una chiacchierata leggera e battute simpatiche, in quattro minuti e mezzo la sua storia è stata servita sul banchetto mediatico: la signora ha 10 matrimoni alle spalle, si sta separando dall’ultimo marito e ha intenzione di continuare la sua ricerca del marito perfetto.

Ho amato tutti quelli che ho sposato. Ricordo molto bene ogni matrimonio, sfortunatamente.

Eccola lì, quell’ironia agrodolce che strappa l’applauso del pubblico. Ma con tutta la leggerezza possibile, anche Cassey si rende conto che il suo racconto non è una barzelletta. Dietro ogni relazione c’è stato un investimento emotivo profondo. La consapevolezza di una lunga serie di fallimenti pesa. Investimento, fallimento sono termini che una donna che lavora nel mondo degli affari maneggia con destrezza. Conoscerà strategie vincenti per uscire con la vittoria in tasca anche dai garbugli finanziari più complessi. Eppure è disarmata quando il bilancio riguarda i suoi affetti, e aggiunge con gli occhi lucidi:

Non so se ridere o piangere, a volte entrambe le cose. Non credo sia una cosa divertente, non l’ho mai fatto con disinvoltura.

CASSEY, MARRIAGES

Dr Phil | Youtube

Ed è in quegli occhi lucidi che trapela la “voce” della sua persona, dietro la maschera del caso umano. Ma il conduttore non ha tempo di entrare in quella ferita appena accennata, ci sono spunti più gustosi da raccogliere a scopo di gossip e il tempo incalza.

Noi però, senza telecamere puntate contro, possiamo fermarci. Se l’ipotesi di partenza di un matrimonio è un amore sincero da parte di entrambi, perché non basta? Le lacrime trattenute di Cassey suggeriscono la soglia di una riflessione da spalancare: l’amore non è fatto solo dell’amore che sono capace di desiderare e dare.

Non voglio restare sola per il resto della mia vita

Cassey passa poi a elencare sinteticamente le sue relazioni, per ciascun marito una pennellata diversa: ogni volta una grande aspettativa, e poi qualcosa che va storto. L’ultimo si è rivelato un maniaco del controllo e la sua vita è diventata pesante. In molti l’hanno tradita, e lei lo ha fatto a sua volta, ma mai per prima. Alcuni matrimoni sono stati non brevi: otto anni, sette anni, sei anni. Le incrinature sono via via arrivate con il logoramento della vita quotidiana. Non si sta parlando di quei casi in cui intervengono problemi seri e drammatici, ma di separazioni motivate da una incompatibilità che diventa fastidiosamente forte dopo un po’ che si sta insieme.

Siamo fin troppo vittime dell’abbaglio che la relazione affettiva debba essere idillica.

L’incompatibilità può essere l’allegra premessa di buon matrimonio, soprattutto se spazza via il ricatto di trovare «quello giusto» (o quella giusta). Quello giusto non c’è. Dare il benvenuto all’incompatibile non è scegliere qualcuno con cui non si va d’accordo, è invece accogliere l’ipotesi che ci sia qualcosa di buono per il nostro destino nel camminare insieme a una persona di cui sappiamo fare una lunga lista di difetti (considerati tali rispetto ai nostri desiderata). Il sogno si avvera grazie alla doccia fredda del «è quello giusto/a, proprio perché non ne fa una giusta».

Quando Cassey, tra il serio e il faceto, confessa che andrà avanti a cercare il marito perfetto, le scappa di detto un’altra frase tutt’altro che banale:

Non voglio restare sola per il resto della mia vita.

Se torniamo indietro fino all’origine, questo fu il motivo per cui Dio creò Eva: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda» (Genesi 2,18). L’amore umano è un segno della promessa di Dio di vincere la solitudine. Ma cosa significa davvero “solitudine” in questo caso? Che nessuno uomo si salva da solo. Il dono di un compagno di viaggio non è per intrattenimento o compiacimento, ma per un bisogno che solo l’umiltà riconosce: l’io per vedersi senza i filtri dei propri ricatti e incubi ha bisogno di guardarsi al plurale.

WEDDING

Di IVASHstudio|Shutterstock

E affrontare senza paracolpi la paura di stare da soli, può essere un passo doloroso che vale la pena fare. Perché in quella vulnerabilità la vista si rischiara, fosse anche solo guadagnandoci la consapevolezza che non si può usare un’altra persona per evitare la propria paura del vuoto. Nella vera solitudine, c’è sempre una Voce che parla … il passo grande è mettere in silenzio il rumore della nostra voce.

Non mi diceva più ti amo

Dal matrimonio col secondo marito è nato un figlio, ma dopo un po’ di anni Cassey lo ha lasciato perché lui non le diceva più: ti amo. Può essere una sciocchezza, può essere una cosa enorme. Non è certo la formalità di una frase a tenere in piedi un rapporto o a farlo crollare. Ma è vero che il nostro puntiglio può ingigantire piccole cose fino a farle esplodere, e a volte ci aggrappiamo alle scuse più improbabili pur di giustificare una scelta che dipende da altro.



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Eppure è frequente sentire e vedere coppie in cui c’è questa ripetizione spasmodica di «amore», «ti amo». E ci sento dietro sempre l’eco di qualcosa che manca, come se quelle frasi sottintendesso una domanda in realtà: «sono amato, davvero?». Alle nostre spalle c’è uno sfondo nero, l’incognita di esserci nella generale indifferenza del mondo. Ed è intollerabile. Ma anche se l’uomo o la donna ideali ci ripetessero «ti amo» mille volte al giorno, quello sfondo nero rimarrebbe. C’è bisogno di una parola di amore più che umana per tenere in piedi ogni amore umano. Sullo sfondo nero, qualcuno ha dipinto una storia diversa.

«Mi ami tu?» Gesù lo chiese tre volte a Pietro, che lo aveva rinnegato tre volte. E non stava solo ricucendo un’amicizia tradita, stava suggerendoci che avremmo visto i suoi occhi, e l’abbraccio della sua presenza, dietro ogni nostra promessa d’amore. E’ appoggiandosi su quella pietra che l’amore può lasciare il regno dei sogni e osare una promessa nella realtà.

 

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