Un proiettile avrebbe potuto uccidere George, ma si piantò nello zaino dove era ripiegato il paracadute. Evelyn ne fece il suo abito da sposa.Un museo dell’aviazione di New York ha ricevuto un oggetto particolare da esporre: un abito da sposa. Verrà esposto tra molti altri cimeli di guerra, a ricordare che ci sono storie che fioriscono anche nei momenti storici più cupi e tragici. E quell’abito è davvero testimone della guerra, perché fu cucito usando la seta del paracadute di un soldato.
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Un paracadute per scudo
Furono tanti in tutto il mondo i matrimoni celebrati nel 1945, tra questi anche quello di George e Evelyn Breat. Si erano fidanzati prima della guerra e poi lui servì il suo paese come pilota militare. Rischiò la vita:
George Braet sposò sua moglie Evelyn nel 1945. Prima, affrontò diverse missioni aeree pericolose durante la guerra. Durante una di queste, il suo aereo fu bersaglio del fuoco nemico: un proiettile avrebbe potuto ucciderlo, ma si piantò nel suo zaino dove era ripiegato il paracadute. “Mio padre tornò a casa col paracadute pieno di buchi – ha raccontato Kate, la figlia della coppia – Se il paracadute non fosse stato lì, mio padre sarebbe morto”. (da Local12)
La futura moglie Evelyn ebbe l’idea di cucirsi l’abito nuziale con la seta di quel paracadute. Cominciò una paziente opera sartoriale per togliere le etichette militari e ritagliare i pezzi di stoffa non rovinati dal proiettile che lo aveva trapassato. E in questa immagine di una giovane ragazza che cuce e rammenda un tessuto squarciato dalla forza dirompente e istantanea di un’arma da fuoco è custodita una storia che parla dell’impresa che chiamiamo matrimonio. Ci sposiamo perché desideriamo essere “rammendati”, legati sì … consegnati a un vincolo che ci riconcili con ciò che qui e ora è strappato, come disse bene Fulton Sheen:
[…] marito e moglie cominciano a scorgere che l’amore umano non è se non una scintilla della grande fiamma dell’eternità; che quella felicità che deriva dall’unione di due esseri in una carne sola è soltanto il preludio a quella più completa comunione di due in uno spirito solo. E’ così che il matrimonio diventa il diapason a cui s’intona il canto degli angeli, o un fiume che corre al suo mare. Allora la coppia umana si rende conto che c’è una risposta all’ingannevole mistero dell’amore, che esiste, in qualche luogo, una riconciliazione fra la ricerca e la mèta, e che questa sta nella unione finale con Dio. (da Tre per sposarsi)
Un paracadute per abito
Spulciando nei giornali e sul web sono tantissime le storie di abiti nuziali fabbricati con il tessuto dei paracaduti dei soldati. In Italia, quando le truppe americane sbarcarono, molti furono recuperati in modo rocambolesco. In Sicilia venivano chiamate “le medusone”, gli enormi palloni aperti lasciati nel mare dopo i lanci. Altri paracaduti furono recuperati dagli alberi, altri ancora da aeroplani precipitati. Erano anni di miseria e la seta dei paracaduti significava una vera fortuna, insieme a molto altro materiale che poteva essere recuperato.
Il tessuto della calotta dei paracadute poteva anche essere di nylon, ma la seta giapponese era il tessuto più adatto. Infatti era scelta
… per le sue doti di alta resistenza e leggerezza. Tale seta è facilmente comprimibile e può restare lungamente e strettamente piegata e chiusa senza perdere la sua qualità. […] La seta dev’essere a maglie molto fitte; se fosse a maglie larghe la sua resistenza aerodinamica sarebbe minore e conseguentemente maggiore la velocità di arrivo, per pari superficie. (da Treccani)
Associamo questo tessuto a eventi di gala e occasioni eleganti, lo pensiamo adatto per una signora raffinata. E invece in guerra serve anche la seta. Lanciarsi da alta quota per atterrare in terriorio nemico, affidandosi alla leggerezza di un pallone di seta, è un grande paradosso di coraggio e vulnerabilità. E forse non siamo così lontani dal contesto matrimoniale.
L’abito nuziale, spesso si dice, deve essere «una favola» o «da sogno». E nelle favole ci sono sempre dei rischi mortali che il protagonista corre. E il nostro inconscio ci regala non solo storie zuccherose di notte, ma anche incubi. Queste spose che usarono i ritagli di paracaduti strappati e forati per cucire i loro vestiti di nozze forse sono arrivate a sfiorare davvero «la favola» e «il sogno». Sposarsi è un bel tuffo da alta quota, è dire sì all’ipotesi di andare incontro a rischi e sorprese, a buio e colpi improvvisi di luce. Ed è soprattutto aggrapparsi a quel paracadute di seta che è la mano di Dio, leggera e invisibile eppure resistente.
Una storia di speranza
George ed Evelyn Braet hanno trascorso tutta la vita insieme, un matrimonio durato 60 anni. Di «battaglie epiche» tra i muri di casa ce ne saranno state, insieme a fatiche e gioie. La loro è stata una storia invisibile e straordinaria come tante.
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Forse più che applaudire la longevità del loro amore, vale la pena notare che la loro ipotesi nuziale partì con la giusta consapevolezza, quella di chi dice: siamo scampati alla morte. Quel proiettile conficcato nella seta può essere il simbolo di un vero dono nuziale: non andiamo mai incontro a chi amiamo con un “abito” pulito, e chi ci accoglie dice sì a molti buchi e strappi che si rammendano solo donandoli, non nascondendoli.
Il vestito matrimoniale di Evelyn sopravvive ai due coniugi, e quest’anno compie 75 anni. E’ stato custodito finora dalla loro figlia:
Dopo 60 anni di matrimonio, la figlia Kate – che si è fatta suora – è grata di poter donare questo ricordo dei genitori defunti. “La nostra storia ci supera, perché è una storia d’amore, di coraggio e di speranza, è una storia che parla di futuro” – ha dichiarato. (da Local12)