Nella Giornata Mondiale del Malato riportiamo alcune testimonianze che raccontano la preziosa esperienza del giovane Pier GiorgioDal 1993, per volontà di San Giovanni Paolo II, ogni 11 febbraio in concomitanza con la festa della Madonna di Lourdes, si celebra la giornata mondiale del malato, inteso come “un momento speciale di preghiera e di condivisione, di offerta della sofferenza (Messaggio per la I Giornata Mondiale del Malato)”.
Nel Messaggio di quest’anno, Papa Francesco ha fatto riferimento alla grave crisi pandemica da Covid-19, che sta affliggendo il mondo”, e che ci riguarda tutti da vicino: “la pandemia ha messo in risalto anche la dedizione e la generosità di operatori sanitari, volontari, lavoratori e lavoratrici, sacerdoti, religiosi e religiose, che con professionalità, abnegazione, senso di responsabilità e amore per il prossimo hanno aiutato, curato, confortato e servito tanti malati e i loro familiari. Una schiera silenziosa di uomini e donne che hanno scelto di guardare quei volti, facendosi carico delle ferite di pazienti che sentivano prossimi in virtù della comune appartenenza alla famiglia umana”.
Questo aspetto della cura e dell’amore per i più sofferenti ci riporta al grande insegnamento del Beato Pier Giorgio Frassati, morto per il virus della poliomielite, preso proprio per stare accanto ai malati.
“Intorno ai poveri ai sofferenti io vedo una luce che noi non abbiamo” diceva Pier Giorgio ad un amico che gli chiedeva come faceva ad andare in quei luoghi squallidi e maleodoranti.
La propria salute, a servizio dei sofferenti
“Insieme ci recavamo a visitare i lebbrosi, all’Ospedale di San Lazzaro. Un giorno trovammo un ragazzo di vent’anni col volto deturpato dalla lebbra. Pier Giorgio rimase colpito a vedere il povero giovane dal fisico esuberante già totalmente sconfitto dal male. “Vede” mi disse “che enorme valore ha l’essere in salute, come lo siamo noi.” E dopo un poco “anche le deformazioni di quel giovane scompariranno quando tra qualche anno raggiungerà il Paradiso. Perciò la nostra salute deve essere messa al servizio di chi non ne ha, chè altrimenti si tradirebbe il dono stesso di Dio e la sua benevolenza” (Teresa Vigna).
L’amore non ha classe sociale
La sua meta preferita era il Cottolengo. Passava tra le corsie con carità vigile e sicura, consolando i miseri e fermandosi a parlare con loro, come fossero veramente quei fratelli che egli chiamava, e recando denaro e dolci e roba di vestiario, e non dimenticando, di là d’ogni repulsione umana e di ogni timore di possibile contagio, di baciarli come il più caro amico. (Mario Ghemlera).
Si recava a visitare i poveri durante la famosa epidemia spagnola del 1918, non esitando a compiere i più umili servizi, anche quelli igienici. (Giuseppe Gorgerino)
Non solo farmaci, ai malati, ma carità
Ricordo quando Pier Giorgio saliva le molte scale di Berlino per visitare i suoi poveri malati. Lui stesso allora faceva le iniezioni alle carni martoriate dei suoi protetti, perché fossero ben curati, e più che con la forza dei farmaci, con quella della sua carità e del suo affetto (Franco Lequio)
Il virus della poliomielite come il Covid
Pier Giorgio è stato coerente fino alla fine perché è visitando i malati negli ospedali che si è preso il virus della poliomielite. “La morte di Pier Giorgio avvenuta con gli stessi effetti del virus di oggi, sempre tramite il naso e la gola, della paralisi fino all’asfissia, e con il corredo di bombole di ossigeno, ce lo fa sentire” – dice don Paolo Asolan (come sempre, del resto) – vicino e partecipe. E la sua ultima preoccupazione fu per i malati”.
Il dono di sé per i poveri, fino all’ultimo respiro
30 giugno 1925 – Pier Giorgio inizia quella che si può chiamare veramente la sua settimana di passione, atterrato dalla poliomielite, contratta certamente nelle sue visite ai malati, e che cinque giorni più tardi doveva condurlo alla tomba. La narrazione che la sorella ci offre, di quella settimana di angoscia solitaria e taciturna, stringe e morde il cuore.
3 luglio – Eppure anche in quei dolorosi momenti, non poté dimenticarsi dei suoi poveri. Chiese alla sorella Luciana di portargli la sua giacca e dal portafogli levargli una polizza del Monte di Pietà, poi fece ritirare dal cappotto una scatoletta di iniezioni: erano per Converso e per Sappa, che aveva impegnato i suoi orecchini di matrimonio, ed ha diretto all’amico Grimaldi, che quel giorno doveva fare con lui la visita ai poveri, questo biglietto scritto poco prima di morire, con mano paralizzata:
“Ecco le iniezioni di Converso, la polizza è di Sappa. L’ho dimenticata, rinnovala a mio conto”.
Il giorno dopo, 4 luglio 1925, spirava.