La nomina di suor Nathalie Becquart a sotto-segretario del Sinodo dei Vescovi ha sollevato comprensibili entusiasmi e ingiustificate euforie. L’evento è un segnale importante e merita di non essere dissipato ideologicamente.
Una donna nominata sotto-segretario del Sinodo dei Vescovi a Roma. Ed ecco che il piccolo mondo mediatico ribolle per spiegarci che finalmente la Chiesa si apre alla modernità, che alla fine accetterà la parità, che l’apertura al mondo e al progressismo segna una tappa decisiva e via dicendo…
Nessuno vuole sminuire i meriti della sorella saveriana scelta dal papa, e nemmeno di sminuire la portata di questa che comunque è una prima volta. Vorremmo però che si conservasse la lucidità: è divertente notare come certe penne, solitamente inclini a condannare “la Chiesa istituzione”, rallegrarsi tanto per una nomina così “istituzionale”!
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Il segnale è una buona cosa
Allora torniamo a chiederci: si deve cedere alle sirene di una forma di modernità, nella Chiesa, secondo la quale l’accesso delle donne “al potere” sarebbe il non plus ultra di una teologia della donna e del suo posto in seno all’assemblea dei battezzati? Che il Santo Padre abbia il desiderio di inviare un segnale – cosa a cui ci ha abituati fin dall’inizio del suo pontificato – è in sé una cosa buona. Eppure sarebbe semplicistico immaginarsi che con una semplice nomina tante differenti questioni, cariche di conseguenze nella vita della Chiesa, abbiano trovato una risposta!
La prima tra queste riguarda proprio l’esercizio del potere in seno alla Chiesa. Una sana teologia, e un sano esercizio delle virtù umane, obbligano normalmente a considerare ogni forma di potere ecclesiale prima di tutto come un servizio. Dobbiamo avere il coraggio di constatare – a partire dalla storia (anche contemporanea) – che questo comandamento del Signore ai suoi discepoli è stato raramente osservato, e che la struttura ecclesiale, una specie di “male necessario” quantunque di origine divina, nasconda in sé molte persone deviate dalla sete di potere.
È del resto un’analisi particolarmente interessante sviluppata in un documento recente della Commissione Dottrinale della Conferenza dei Vescovi di Francia: “L’albero e i suoi frutti” (dicembre 2020). Ecclesia semper reformanda, riconoscevano i nostri padri nella fede: la Chiesa dovrà sempre riformarsi perché, composta di donne e uomini peccatori, ha bisogno di purificarsi incessantemente nella sua umanità. Ciò suppone che ciascuno dei suoi membri “dirigenti” accetti, per quanto lo riguarda, di convertirsi e di mutare il modo in cui esercita le responsabilità che nel nome del Signore gli sono affidate.
Un rinnovamento teologico necessario
Un altro aspetto va senza dubbio evitato a ogni prezzo, per la riflessione sul posto delle donne: l’applicare alla struttura ecclesiale le “ricette” paritarie del mondo laico. La femminilizzazione paritaria sistematica e obbligatoria non sembra affatto aver portato frutti esemplari in giro per il mondo, e non si vede perché nella struttura ecclesiale le cose dovrebbero andare meglio. Così dei chierici possono sempre essere invitati a cedere a delle donne quanto dei loro “poteri” non è strettamente sacerdotale; mai però le donne potranno essere rivestite del sacerdozio ed esercitare il servizio che direttamente ne deriva, poiché questa impossibilità è inerente – secondo le parole decisive di Giovanni Paolo II – al deposito della fede rivelata e definita.
Sullo sfondo, resta da sperare ancora – come aveva auspicato a suo tempo papa Benedetto XVI – un rinnovamento della comprensione teologica e teologale del ruolo delle donne in seno alla Chiesa. Non si dovrebbe trascurare l’opera di Dio stesso che, per assicurare la salvezza del mondo, ha precisamente scelto una donna per dare alla luce nell’umanità il proprio Figlio. Sono poi sempre delle donne quelle che egli ha scelto per essere apostole degli apostoli dopo la Risurrezione.
Questi approfondimenti non potranno compiersi che realizzando sempre più quanto la Chiesa viva – anzitutto, essenzialmente e al di là di tutto – nel cuore battente di ogni battezzato (uomo o donna, chierico o laico), chiamato personalmente alla santità, nel crogiolo di famiglie cristiane che trasmettono la fede; e questo indubbiamente più che in tutte le assemblee ecclesiali – fossero anche quelle sinodali!
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[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]