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L’amore e la fede di una moglie, più forti della cattiva sorte

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Martha, Mary and Me - pubblicato il 10/02/21
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Essere insieme “nella cattiva sorte” cosa significa? La Beata Elisabetta Canori Mora non subì un matrimonio infelice, lo trasformò in un audace cammino di conversione. Era bella, Elisabetta, era una di quelle ragazze di cui ti viene da pensare “come è fortunata, viene da una buona famiglia e ora ha sposato un uomo ricco e bello, la sua vita è perfetta!”. Invece tutta quella apparente fortuna iniziò a incrinarsi subito dopo il matrimonio e ad essere attraversata dal male che tutto vuole distruggere. Cristoforo, il marito, era un uomo estremamente geloso, le vietava di uscire, di vedere la sua famiglia e passò da un estremo all’altro quando incontrò un’altra donna con la quale iniziò una relazione che durerà molti anni.

Una storia come tante, fatta di tradimenti costanti e senza neanche la premura di nasconderli.


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Una fedeltà audace

Nel frattempo Elisabetta e Cristoforo ebbero quattro figli, di cui soltanto due sopravvissero. Lui oltre ad essere un marito terribile era anche un padre inesistente, non si occupò mai delle figlie, che crescevano sotto le cure e l’amore della madre. Cristoforo, sebbene vivesse questa doppia vita, non se ne andò mai di casa, anche perché l’adulterio era reato e lui non voleva certo andare in prigione. Ecco che qui tutti ci chiediamo: ma Elisabetta?

Come faceva a sopportare tutto questo? Perché non se n’è andata?

La risposta potrebbe essere semplice ma sono sicura che ci lascerebbe comunque perplesse: lei era fedele al marito, perché credeva profondamente in quel sì pronunciato davanti a Dio, nella buona e nella cattiva sorte, e quella era la cattiva sorte e non ci fu un solo istante in cui prese in considerazione di lasciarlo. Accettò con amore quella grande croce e andò avanti. Nel frattempo, come se non bastasse, Cristoforo aveva delapidato tutti gli averi della famiglia, quindi Elisabetta si dovette occupare non solo della casa e della crescita delle figlie ma anche di portare il pane in tavola senza poter contare sull’aiuto di nessuno, anzi trovandosi tutti contro, infatti i parenti del marito davano a lei la colpa di ogni cosa. Elisabetta non si abbatté mai, iniziò a fare lavori di cucito e riuscì in questo modo a sostenere la famiglia, anche se con tante difficoltà.

La sua fede cresceva sempre di più, la preghiera la assorbiva in ogni istante e il suo amore per le figlie e il marito era luminoso.

BEATA ELISABETTA CANORI MORA

Wikipedia

Non togliere gli occhi da chi è perso

La cosa che mi ha colpito moltissimo fu che Elisabetta credeva profondamente nel fatto che in quanto cristiana doveva prendersi cura dei più peccatori, dei persi, dei lontani da Dio e mostrare loro l’amore del Signore, e pensava che non ci fosse nessuno più peccatore, perso e lontano da Dio di suo marito.

Fu questo a non farla cedere, ma non basta, perché se abbiamo fede vera sappiamo che Dio non ci lascia mai scoperti, ci dà sempre un sacchettino di grazie, proporzionato alla croce che portiamo. Ad Elisabetta diede una valigia di grazie e doni speciali, visse momenti di estasi, ebbe visioni di episodi della vita di Gesù, aveva il dono della guarigione, della preveggenza e della scrutazione dei cuori. Era come se più Cristoforo faceva di tutto per distruggere Elisabetta, dal punto di vista umano, emotivo, economico, tanto più Dio la elevava, la alzava verso il Cielo, come a dirle “forza, ci sono io, non mollare, non ti lascerò sola neanche un istante”.

Una conversione in cammino

L’episodio forse più incredibile di tutta la vita di Elisabetta fu che un giorno parlando a Cristoforo gli disse che lui, peccatore incallito e impenitente, avrebbe celebrato la messa e confessato. Elisabetta si ammalò e morì in poco tempo, Cristoforo la veglió durante le ultime ore prima della sua morte, anche se continuava ad essere quello che era, ma il suo cuore si aprì alla vista della moglie defunta e iniziò un percorso di conversione che lo portò anni dopo a prendere i voti ed essere ordinato sacerdote, così da avverare la profezia di Elisabetta.



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Dio ci lascia liberi, sa che siamo fragili e umani, e quando non ce la facciamo, quando una croce ci schiaccia lo comprende e ci ama lo stesso, anche se non riusciamo a portarla fino alla fine. Ma la fede è un cammino, è un percorso, e a volte credo che Dio ci dia una spinta in più, ci copre con un’armatura speciale perché lui vede molto più in là di noi miopi e sa che se resistiamo, se non ci facciamo sconfiggere dalle difficoltà, da tutto quel male sbocceranno rose dal profumo mai sentito.

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO DA MARTHA, MARY & ME

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