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Gesù salva toccando

JESUS,HANDS,HEAVEN
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Carlos Padilla - pubblicato il 09/02/21
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Dio fatto uomo prende la mano di chi soffre, rialza il malato e lo cura. Si avvicina, tocca, sollevaOggi mi addentro nella vita quotidiana di Gesù. Si potrebbero girare tanti film raccontando quei momenti apparentemente poco importanti che passano quasi inosservati.

Momenti dimenticati dagli evangelisti. Momenti di cielo sulla terra, che cambiano tutto anche se sembrano non cambiare niente. Marco raccoglie uno di quei giorni apparentemente senza importanza:

“In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva”.

Gesù e i Suoi discepoli più vicini escono dalla sinagoga in cui ha predicato. Vogliono riposare, ed entrano in casa di Simone. Sua suocera, già anziana, è malata, con la febbre. Gesù si avvicina a lei e semplicemente la cura. Lei, allora, si alza, ha ormai le forze sufficienti per mettersi a servire con gioia.

Sembra qualcosa di poco importante nella vita di Gesù e dei Suoi discepoli. Un aneddoto irrilevante. Perché allora Marco lo raccoglie? Mi diranno che a questo evangelista piaceva raccontare i dettagli, ed è così.

Marco raccontava quello che sentiva dalle labbra di Pietro, e quel fatto ha segnato profondamente il suo cuore. Ha guarito la suocera di Pietro da una malattia non tanto grave. Era una cosa quotidiana. E poi la vita è andata avanti.

Gesù ha vissuto tanti giorni poco trascendenti ma pieni di vita. Pieni di momenti come quello su cui medito oggi. Pieni di incontri, di riposo, di guarigioni che non sono grandi miracoli che meritano di essere narrati. Quante piccole cose non sono state raccontate!

Coinvolgersi

Gesù si avvicina a chi soffre. È quello che fa sempre nella vita. Si avvicina a me. Non mi cura da lontano. La cosa abituale è avvicinarsi a chi sta soffrendo. A chi ha una malattia o è perduto in mezzo alla vita.

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Di Lighthunter|Shutterstock

Egli non cura da lontano, e questo mi commuove sempre. Voglio farlo anch’io. Non voglio rimanere lontano da chi soffre. Non voglio passare da lontano e gridare una benedizione, come per non macchiarmi.

Ora le distanze brevi sono proibite per paura del contagio, per salvare la salute dei più vulnerabili. Non voglio abituarmi a curare da lontano, a distanza, attraverso le reti sociali, Internet. Guarigioni d’ufficio, attraverso lo schermo.

Questa è una parte della mia vita, ma poi tutto tornerà ad essere diverso. Per questo è bene ricordare come cura Gesù. Prendendo la mano del malato. Alzando chi è caduto o soffre. Così fa con me, e così vuole che faccia io.

Gesù si coinvolge con chi soffre, con chi ha bisogno di aiuto. Non resta al margine aspettando che tutto si risolva senza fare niente.

Gesù tocca

Non basta una parola. Prende la mano, alza il malato e cura. Si avvicina, tocca, alza. Sono verbi di azione. Gesù si mette in cammino per riscattare chi è caduto, per salvare chi sta soffrendo. José Antonio Pagola descrive così Gesù: “Soffre con i poveri. Vicino agli ultimi. Si avvicina al peccatore con rispetto, amicizia e simpatia”.

Gesù è così con chi ne ha più bisogno. È vicino, non pone barriere né distanze. Non si allontana dal malato o dal debole. Si mette al suo livello.

È così umano e vicino… Tutto lo commuove nel profondo. Vorrei essere così. Dipendere da chi soffre. Vicino a chi è malato. Preoccupato di chi sta peggio. Mi piace quello sguardo vicino di Gesù. Guarda il cuore malato nella vicinanza dell’intimità. Non voglio vivere estraneo al dolore altrui. Non voglio agire da lontano. Per questo mi avvicino a chi soffre. Non pongo barriere.

Per rialzare basta avvicinarsi

Conosco molte persone che pongo barriere quando qualcuno si avvicina troppo a loro. Cercano di frapporre una distanza quando vedono che le distanze si accorciano.

Hanno paura di coinvolgersi troppo nel cuore altrui. Non vogliono che qualcuno entri nella loro intimità e sentirsi così violati nel loro pudore.

Mantengono le distanze nei vincoli per non compromettersi, per non soffrire troppo. Si custodiscono costruendo muri. Non si lasciano toccare e non toccano.

Non si lasciano violare, e si giustificano non volendo violare nessuno. È una paura dell’impegno. Non vogliono soffrire con chi soffre e accompagnare chi ha bisogno di loro.

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By Prostock-studio/Shutterstock

Vicinanza e rispetto

Oggi mi soffermo a guardare Gesù. Voglio essere come Lui. Voglio avvicinarmi e toccare chi soffre. Alzare chi è caduto. È quello che Lui fa con me. Si avvicina a me e mi salva, mi rialza e mi sostiene.

Non resta lontano dalla mia vita. Entra nel più intimo e tocca le fibre più profonde del mio cuore. Quel modo di agire di Gesù è quello che mi salva. Gesù salva toccando. Tocca la mia vita e tutto ciò che c’è in essa. Tocca i miei dolori e le mie ferite.

È quello che faccio io con un rispetto infinito. Mi avvicino in ginocchio all’anima di chi soffre senza porre barriere, senza mantenere distanze. Senza voler violare la sua intimità.

Lo faccio anche attraverso lo schermo. Anche così sono vicino. Non mi proteggo per paura di coinvolgermi troppo. È questo il modo abituale di amare di Gesù. Nell’aspetto umano, commovendosi e piangendo con chi piange. È quello che voglio fare anche io con gli altri.

Non resto lontano, distante, proteggendo il mio mondo. Esco dalle mie sicurezze e mi avvicino a chi soffre di più, a chi è più solo. Mi coinvolgo e lascio che la mia vita possa così salvare quella altrui.

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