E’ il cammino di una vita educarsi a riconoscere la volontà di Dio come buona e benefica; le croci che incontriamo e che fanno tanto male non sono fortuite né prive di senso. Impariamo docilmente a lasciarci scolpire ed entriamo in un’intimità nuova col Signore.Di Costanza Miriano
Dolori
Quando ti raccontano di un dolore serio, di quelli che ti spaccano il cuore in due – succede, neanche troppo raramente negli ultimi tempi – vorresti trovare qualcosa di sensato da dire, ma il rischio di ferire, di sembrare superiori, di essere superficiali è… diciamo che più che un rischio una certezza. Non per nulla sono campionessa europea di messaggio cancellato.
È per questo che ho scritto Niente di ciò che soffri andrà perduto, perché so che per messaggio non sono capace di dire, in poco tempo,
“la tua croce è terribile, amico carissimo, ma sono certa che porta con sé un bene che ora non vediamo”.
Non misurare le croci
Uno dei rischi più comuni è sentirti dire che tu non puoi capire, perché la tua vita non ha niente che non vada, ma, come ho scritto nel mio libro,
“misurare le croci nostre con quelle degli altri non ha senso: non è che la vita sia come giocare alla roulette russa e se ti va male sono fatti tuoi. Il caso non esiste, siamo figli amati, e la croce, anche se rimane un mistero, è pensata per noi.
E fu così – ho trovato scritto nel Monastero della Beata Colomba a Perugia, in fondo alla chiesa – che la saggezza infinita dall’inizio dei tempi pensò di donarti questa croce, come un dono prezioso la vide, con il suo sguardo sapiente la concepì, con il suo divino intelletto permeandola di celeste generosità la misurò, affinché le sue dimensioni non eccedessero di un solo millimetro, ne calcolò il peso fino all’ultimo grammo, la tua croce unta dalla sua grazia divina, impregnata dalla sua celeste consolazione, la tua croce scese dal cielo come un saluto del padre, come un obolo prezioso del suo generoso amore”.
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Scolpiti come capolavori
Fa male ma ti scolpisce, può fare di te un capolavoro, può portarti a un livello di intimità col Signore che gli altri manco si sognano.
“La prova è per noi un deserto, ma l’Esodo è, per il popolo di Israele, il momento della conoscenza di sé; anche l’Apollo delfico ti invita a conoscere te stesso, ma se non è Dio a rivelartelo, ti manca un pezzo. La Bibbia rappresenta la conoscenza di sé come un lungo viaggio: c’è dapprima il momento dell’autoconoscenza, quello in cui arriva la manna, cioè lo stretto necessario che coincide con la bontà di Dio.
Poi segue il momento della rabbia dell’uomo, il non detto fra noi e Dio. L’uomo ha paura di Dio, tremendum et fascinans, e ci vuole tempo per educare la nostra libertà a cercare la volontà di Dio, che è conoscibile e ti fa bene, ma te ne devi convincere. Educare la libertà è un processo lungo, che l’Esodo racconta attraverso la storia del popolo che cerca Dio. La Bibbia è la lettera d’amore che Dio ha scritto all’uomo. Abramo ci dice: “Staccati dalle tue sicurezze”. L’Esodo è il libro sulla conversione, Dio vuole che tu sia libero: distaccati, cammina e scopri chi sei. (…) Siamo vivi e siamo liberi, e invece perdiamo un sacco di tempo per non fare l’incontro più importante. Luca grazie a una malattia che sembrava una tragedia l’ha fatto”,
Gabriella invece attraverso un tradimento che ha squarciato il suo matrimonio come un Frecciarossa che ti entra in salotto.
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