Festeggiano le nozze di ferro e una vita insieme cominciata con un sì dopo la fine della guerra: ci sono battaglie in difesa di quel bene che è la vita che si vincono stando (nascosti) al proprio posto.
Cosa stavo facendo mentre si faceva la storia?
Semplicemente ti amavo.
Izet Sarajlic
A due passi dalla casa in cui sono nata ho scoperto una storia incredibilmente … normale. Sono sicura che ciascuno di noi può scovare tesori simili a portata di mano, le scorte per l’inverno umano che viviamo sono qui vicino. Rina e Domenico Gamberini hanno festeggiato 70 anni di matrimonio. Sono le nozze di ferro, un metallo non appariscente come l’oro o prezioso come i diamanti, ma simbolo di quella forza presente e nascosta che si spende nel quotidiano. Stare lì dove siamo è cambiare il mondo.
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Una memoria nel Giorno della Memoria
Ieri, 27 gennaio, si è celebrata la Giornata della Memoria ma anche in una casa della provincia di Bologna si è ricordato qualcosa di speciale: due sposi, Rina e Domenico, hanno festeggiato il loro 70esimo anniversario di matrimonio. Dentro la grande Storia, ognuno ha la sua storia. Grandi battaglie in difesa di quel bene che è la vita si vincono anche stando (nascosti) al proprio posto.
Lui, Domenico, ha 98 anni e lei, Rina, ne ha 90: vivono nella loro casa sulle colline di Imola, accanto ai campi su cui hanno lavorato per tutta la vita.
Verrebbe subito da chiedere loro, ma qual è il segreto per stare insieme tanti anni? E Rina lo ha svelato ai giornalisti delle testate locali che hanno voluto documentare la storia di un matrimonio così longevo:
Bisogna fare sempre il meglio che si può e non prendere mai le spine per le punte, saper dire va bene lo stesso. (da Sabato Sera)
Il ferro è duro, ma malleabile. Resiste, ma si lascia plasmare. C’è grande forza nella docilità con cui si può accogliere l’altro senza annullare la propria individualità. Vediamo tanti legami giovani e freschi che si spezzano proprio perché le spine vengono prese per le punte. Dire sì alla compagnia di un altro significa mettere in conto di ferirsi a vicenda, ma può esserci anche la premura di curare quei tagli. Lì, nei punti dolenti del vivere quotidiano è sempre aperta la sfida di fronte alla tentazione di dire: basta ci do un taglio!
Quali risorse buone può offrirci un matrimonio durato 70 anni, oggi al tempo del divorzio breve?
Dai banchi di scuola alla guerra
Rina e Domenico hanno davvero passato una vita insieme, si sono conosciuti a scuola quando lei cominciò le elementari nel paese di Tossignano, in quel lembo di terra che è proprio tra l’Emilia e la Romagna. Ricorda Rina:
Siamo diventati ragazzi e dopo tre anni di fidanzamento mi ha chiesto di sposarlo e io ho detto subito di sì. (Ibid)
Noi romagnoli siamo gente istintiva, verace. Riconosco nella tempra di Rina la stessa caparbietà buona di entrambe le mie nonne, vissute tra campi e famiglia. Rina ha detto subito di sì, ma in mezzo c’era stata la guerra. Domenico era stato soldato in Croazia e poi era ritornato a casa, risalendo l’Italia da Brindisi insieme alle truppe alleate. Nel frattempo la sua famiglia era sfollata.
Il distacco, fare i conti l’ipotesi di morire o di non vedere più chi ami sono eventi che – a dispetto di quello che si penserebbe – non inducono alla disperazione, ma proprio a una chiarezza più nitida sulla voglia di costruire anziché distruggere. Rina e Domenico si sono sposati nel 1951, sono la generazione a cui si dà il merito di aver ricostruito il nostro paese e non è una medaglia teorica. Lei ha risposto subito di sì. L’innamoramento dà uno slancio incredibile, ma credo che nella risposta di Rina ci sia stata una vera prontezza e non solo una mossa entusiasta e istintiva.
La Storia aveva scritto pagine di morte, ma nella sua piccola storia lei poteva dire di sì a un nuovo capitolo incentrato sulla vita. Ci siamo ridotti a pensare al matrimonio come a un fatto privato, esclusivamente intimo. A volte, lo costringiamo anche troppo nella gabbia dei nostri reciproci egoismi. Tanti sì pronunciati dai nostri nonni all’indomani del secondo conflitto mondiale sono stati un gesto politico nel miglior senso del termine: la cosa pubblica mi interessa al punto che gli do il nome di famiglia.
Lavorare nei campi, crescere figli
A causa della pandemia Rina e Domenico non hanno potuto festeggiare le loro nozze di ferro con tutta la famiglia, ed è un dispiacere visto che sono anche diventati bisnonni.
Qualche mese fa, prima che ripiombassino nel brutto della pandemia, Gianfranco, uno dei loro due figli, era a casa mia e, sorridendo, mi diceva che suo padre lo aveva appena chiamato per andare a raccogliere le olive. Dunque, finita la sua giornata lavorativa, sarebbe dovuto andare a lavorare nel campo insieme a babbo Domenico. Eppure era il sorriso di chi sa che quei campi sono casa.
Una volta sposati, Rina e Domenico comprarono un pezzo di terra in collina dove oggi restano ancora file di olivi e un orto da curare. Il loro matrimonio è anche la storia di una coppia che conosce la fatica del lavoro agricolo, dove non ci si risparmia e si collabora. Oggi si parla spesso di una riscoperta da parte dei giovani della vita contadina, ed è bello. Non è solo una bella favola bucolica, e sarebbe davvero un ottimo segno se i Millennials riscoprissero che risorsa enorme è sudare su un pezzo di terra, rispettare i tempi e i modi con cui la natura si riposa e dà frutto. Rina confessa proprio che la vita dei campi li ha rinvigoriti e addirittura ringiovaniti:
quando venimmo ad abitare da soli nella casa nuova a Montecatone , lui mi ripeteva sempre che gli avevo regalato 50 anni di vita in più, per come era migliorato tutto, per quello che avevamo costruito per la nostra famiglia appena nata. (Ibid)
Una vita felice e nascosta
Sono passati 73 anni in tutto da quando due giovani si sono innamorati, sono stati fidanzati per 3 anni e sposati per 70.
Oggi Rina e Domenico sono ancora fieri di cavarsela bene e da soli. Ma accanto a loro la famiglia è cresciuta: ci sono i figli Gianfranco e Cesare, i nipoti Ilaria, Carlotta, Alessio e Juri, il piccolissimo bisnipote Giulio. Forse qualcuno dirà: nulla di così straordinario. E forse è il complimento migliore che ci sia.
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È un gran peccato che l’ossessione per la visibilità sia legata a doppia mandata con tutto ciò che è morboso, tragico, urlato. Ho voluto mettere i versi di Izet Sarajlic all’inizio di questa storia proprio perché ribaltano l’idea di cosa sia straordinario. Sarajlic ha vissuto sulla sua pelle la guerra in Bosnia, ha perso due sorelle durante l’assedio di Sarajevo e quando dice
Cosa stavo facendo mentre si faceva la storia?
Semplicemente ti amavo.
ci accompagna nel mondo vivo delle presenze che cambiano il mondo. La grande storia conosce lacerazioni tremende che non mandano in frantumi per sempre il disegno del mondo perché tante piccole storie di persone (apparentemente) nascoste curano le ferite, semplicemente stando al loro posto. Siamo vittime della smania di dire tanti sì astratti, magari anche a cause buone. La Provvidenza ha sempre un volto in serbo per noi, ci chiama così. Il sì lo si dice sempre guardando qualcuno negli occhi. Rina lo ha detto guardando Domenico e dal loro amore ci abbiamo guadagnato tutti.