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Col nostro sì quotidiano Dio nutre e disseta il mondo

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Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 26/01/21
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Dio, che avrebbe potuto fare tutto da solo, ha deciso di non farlo senza di noi: ci manda nel mondo come testimoni della sua compagnia presente accanto agli uomini.

In quel tempo,  il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe.
Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi;
non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa.
Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi.
Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l’operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi,
curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio». (Lc 10,1-9)
“La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe”. Così inizia il vangelo nella memoria dei Santi Timoteo e Tito. Questa seconda generazione di evangelizzatori è il chiaro frutto della richiesta di operai della messe.
Da Gesù in poi, il mondo è un campo immenso che esige il sì di molti affinché venga evangelizzato. Gesù che potrebbe arrivare ad ogni uomo senza di noi, ha deciso di non farlo senza di noi. In questo senso la nostra preghiera è anche una grande memoria di quanto dovremmo noi imparare a dire il nostro sì qualunque cosa stiamo facendo e in qualunque stato di vita stiamo vivendo. Gli operai della messe non sono solo i preti, ma ogni battezzato che decide di non vivere più in maniera supina il proprio battesimo.
Ma per far questo serve liberarsi di visioni romantiche e assumere un sano realismo: “Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi”. Vivere seriamente la testimonianza battesimale significa capire che il mondo è fatto di lupi e noi siamo come degli agnelli davanti ad essi. Questa percezione di inadeguatezza non deve bloccarci ma farci ricordare che la nostra forza non è nelle nostre capacità, ma in una forza che viene dall’alto.
Ad esempio se io mi convincessi che le mie forze possono bastare ad essere un buon prete allora sarei un illuso. Io da solo sono buono a fare danni, ma io con l’aiuto di Dio posso combinare anche qualcosa di buono. Lo stesso discorso è vero per qualunque vocazione. Chi vive così vive annunciando il vangelo con la propria vita e nel proprio stato di vita. Ma deve anche essere disposto ad accettare che non tutti accoglieranno la nostra vita e il nostro modo di vivere. Gesù non ci ha promesso simpatia da parte di tutti, ci ha chiesto solo di testimoniarlo senza prendercela in caso contrario.
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