Scrive Fulton Sheen: “L’eternità è insita nell’anima nostra, e tutto il materialismo di questo mondo non può sradicarla”. Il conflitto tra amore e sesso, anima e corpo, esiste solo per chi guarda l’altro escludendo Dio dalla relazione. Nessun cuore umano aspira a un amore che duri due minuti o due anni, ma a un amore sempiterno. Non c’è nulla meno soggetto al tempo che l’amore. Nei suoi momenti romantici l’amore usa il linguaggio dell’eternità, parla di Divinità e di Paradiso, di quanto possa meglio esprimere le sue aspirazioni all’eterno.
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Il paradosso del cuore umano
Ma insieme con questo anelito a un amore senza sazietà, a un’estasi senza fine, sussiste l’opprimente constatazione di non poter mai possedere un tale amore in modo completo. Quei matrimoni che ebbero inizio come un ballo in maschera in cui ognuno dei due appariva soave, attraente, romantico, presto raggiungono la crisi quando le maschere vengono tolte e i personaggi sono veduti quali realmente sono. Bene scrisse una poetessa:
«Si», ti risposi ier sera,
Ed oggi ti dico «no»;
I colori visti a luce di candela
Non paion più gli stessi quando è giorno.
E Thomas Moore, seguendo la stessa idea, scrisse:
Peccato! Come una piccola cagione
Provoca dissensi tra i cuori che s’amano
Cuori che il mondo ha invano messi alla prova,
Che il dolore ha legati più strettamente,
Che resistettero alla burrasca quando le onde erano tempestose.
E pure, in un’ora di sole, s’infransero
Come navi che colino a picco
Quando il cielo è tutto tranquillo.
Il paradosso dell’amore è che il cuore umano, il quale esige un amore estatico, eterno, può anche raggiungere un momento in cui abbia avuto un eccesso di amore e non desideri più di essere amato. Francis Thompson racconta in una sua poesia com’egli sollevasse un bimbo da terra e lo tenesse tra le sue braccia, e come quello piangesse, sferrando calci, e volesse essere rimesso a terra. Riflettendovi, il poeta si domandava se analogamente non agissero molte anime al cospetto di Dio. Esse non sono sempre disposte a lasciarsi amare da Lui!
Certamente nell’ordine umano può venire un momento in cui si manifesti un conflitto tra il desiderio e il non-desiderio d’amore. Che
cos’è mai questa misteriosa alchimia nel cuore dell’uomo che lo fa oscillare tra il rammarico di non essere amato abbastanza e il fastidio d’essere amato troppo? Dilaniato tra la brama e la sazietà, tra l’appetito e il disgusto, tra il desiderio e la soddisfazione, il cuore umano si chiede: «Perché devo essere così? Quando giunge la sazietà, il Tu sparisce, nel senso che non è più desiderato. Quando il desiderio ricompare, allora il Tu diviene una necessità. A esser troppo amati, si è scontenti a esserlo troppo poco, si avverte il senso del vuoto».
Pellegrini dell’Amore
La spiegazione di questa tensione è evidente. Il cuore dell’uomo è stato creato per il Sacro Cuore di un Dio d’amore, ma solo Dio può soddisfarlo. Il cuore ha ragione di desiderare l’infinito, ma ha torto quando di un compagno finito pretende di fare il sostituto dell’infinito. La soluzione di una tale tensione sta nel considerare le delusioni che essa comporta alla stregua di altrettanti ammonimenti che ci ricordino come noi non siamo che i pellegrini dell’Amore.
Alla luce di Dio, tanto l’essere troppo amati quanto l’essere amati troppo poco hanno un tratto comune: quando infatti la brama di un amore infinito venga riconosciuta come il desiderio di Dio, allora il finito di ogni amore terreno ci apparirà come un ammonimento destinato a ricordarci che
I nostri cuori sono creati per Te, o Signore, e non possono essere soddisfatti se non in Te.
Il contrasto tra ciò che è immediato e ciò che è interiore viene ora a svanire, poiché lo stesso godimento procurato dalla immediatezza della carne si tramuta in occasione di gioia nell’intimità dell’anima, la quale sa di usarla per un fine divino e per la salvezza di entrambe le anime. Così, quando gli istinti s’integrano con lo spirito e servono gli ideali dello spirito, viene raggiunta la sintesi della vita. Per il Cristiano non esiste, nel matrimonio, l’alternativa di dover scegliere tra il corpo e l’anima, tra l’amore e il sesso. Egli deve eleggerli entrambi. Il matrimonio è una vocazione a includere Dio in ogni particolare dell’amore.
In questo modo il sogno degli sposi di essere eternamente felici si traduce in realtà, non solo in loro ma per mezzo loro. Ora essi si ameranno non come essi avevano sognato di amarsi, ma come Dio volle che si amassero. Una tale conciliazione della sintesi è peraltro possibile solo per quelli che sanno come non due, ma tre elementi occorrano per attuare l’amore. Dio solo può dare ciò che il cuore esige.
Fango e cielo
Nel vero amore cristiano, marito e moglie vedono Dio avvicinarsi a loro attraverso il loro stesso amore. Ma lontani da Dio, i coniugi devono cercare l’infinito nella finitezza del compagno, che è come un cercare «fichi tra le ortiche». L’eternità è insita nell’anima nostra, e tutto il materialismo di questo mondo non può sradicarla. La tragedia delle psicologie materialiste dei nostri giorni deriva proprio dal tentativo di soddisfare le aspirazioni infinite dell’anima con una mera funzione del corpo.
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Eliminate dall’amore quel Terzo Elemento che è Dio, e non vi rimarrà altro, come sostituzione dell’infinito, che una ripetizione terribilmente monotona. Il nostro bisogno di Dio non cessa mai. Quegli stessi che negano l’esistenza dell’acqua sono sempre assetati, e quelli che negano Dio manifestano pur sempre il bisogno che hanno di Lui, e che si rivela nella loro brama di Bellezza, di Amore, di Pace, che in Lui solo esistono.
L’uomo ha i piedi nel fango della terra e le ali nei cieli.
da Tre per sposarsi (libro distribuito dal Centro Missionario Francescano, per acquistarlo: laperlapreziosa@libero.it )