Su La Croce quotidiano è nata una rubrica, un appuntamento periodico, che raccoglie testimonianze di dolore e speranza legate alla maternità e alla femminilità.Di Rachele Sagramoso
Donne sotto la Croce, rubrica periodica di colloqui al femminile (Scrivi la tua riflessione o le tue domande alla mail)
Cara Rachele, ti scrivo non perché ho una questione da porti, ma perché ho bisogno che tu rivolga alle mamme in attesa e alle neo-mamme che ti leggono, una preghiera. Mio figlio è nato qualche mese fa e sapevo che avrebbe dovuto affrontare una lunga ospedalizzazione con uno o più interventi cardiaci. Fu dura perché dovevo occuparmi di altri fratellini e spesso non potevo stare con lui ricoverato. Ero davvero preoccupata perché mi domandavo se lui mai mi avesse “riconosciuto”, se si fosse mai “attaccato” a me: «Mi riconoscerà come mamma?», mi domandavo. Ovviamente quando mi occupavo di lui e affidavo a mia madre la cura del maggiore, mi preoccupavo che anche lui non mi sentisse distante da me. In sostanza temevo tantissimo che entrambi i miei due figli – entrambi per la mia assenza – perdessero fiducia in me.
E invece poi ho seguito il mio istinto di mamma e ho ascoltato il bisogno di contatto col mio bambino malato (è stato ricoverato cinque mesi) e ho lasciato che il mio bimbo più grande fosse felice nello stare con la nonna.
Quello che vorrei che tu dicessi alle mamme che possono temere quello di cui ho avuto paura io, è che il tempo dell’amore si recupera: ci vuole pazienza e dedizione, ma il sorriso pieno d’amore che mi rivolse il mio neonato dopo che aveva trascorso tutta la sua prima parte di vita in mia assenza, mi rincuorò. Ed è l’unica cosa che conta, nonostante tutto il dolore di prima e la paura e le incertezze del futuro. Lui ama me, la sua mamma, nonostante tutti i miei limiti: mi è sembrato come l’amore di Dio per una creatura imperfetta quale sono.
Ps. Quanto ride quando lo baci!
Per favore, rassicura le mamme che stanno per vivere o che vivono questo timore.
M.
Cara M., ti accontento subito perché la commozione nel guardare la foto che mi hai mandato allegata alla tua richiesta, è stata fortissima. Quando conosco mamme come te e come tante altre, mi sento piccola e insignificante: quanta fortezza bisogna possedere per poter reprimere ogni timore nella prova che la vita ci ha chiesto di affrontare, sostituendo il vuoto lasciato dalla paura, con la Fede? Eppure nessun giogo è più dolce dell’amore che il figlio possiede per la madre, e ognuna di voi è un enorme esempio per la Maternità.
Sei stata la “casa sulla roccia” di tuo figlio e questo l’ha reso forte e sicuro di sé: amandolo hai cresciuto la sua enorme voglia di vivere (Dante lo chiamerebbe “desiderio”). Lo hai fatto nonostante la paura, lo sgomento, la stanchezza: questo perché l’amore è intenzione, perché “ad amare s’impara”. Gli hai consegnato la bellezza della speranza nella vita e così facendo ti sei resa “l’arco di Gibran” (ricordi? “Voi siete l’arco dal quale, come frecce vive, i vostri figli sono lanciati in avanti”).
Ti abbraccio fortissimo.