di Fernando Merino
Qualche giorno fa, mia sorella Celeste mi ha chiesto di accompagnarla a vedere «Cobra Kai», una serie di Netflix con i personaggi di Karate Kid. Non credevo fosse così valida!
Forse perché mi ha ricordato le lezioni di karate che ho preso quando ero bambino, perché offre molti insegnamenti per la vita o perché mi ha ricordato quando sia speciale avere un “sensei” (maestro).
Mentre guardavo la serie ho pensato molto a Gesù. È Lui il mio “sensei”. Ovviamente è molto più di un “sensei” di karate, ma voglio approfittare di questo termine per ringraziare per come Gesù mi accompagna nelle lotte della mia vita, mi incoraggia, mi insegna, mi corregge, mi allena, e anche se cado continua a scommettere su di me.
Sono tanti gli insegnamenti del mio “sensei” – tutta la Sua vita è luce per guidare i miei passi. È per questo che vorrei condividere tre dei Suoi insegnamenti.
1. Diventa fratello di tutti
Non importa se qualcuno non ti piace, se è antipatico, se ha una personalità che ti infastidisce, se critica la Chiesa, se professa un’altra religione, se ti deride, se pensa al contrario di te, o perfino se agisce come tuo nemico.
Qualunque cosa accada, il nostro “sensei” (Gesù) ci insegna che dobbiamo diventare fratelli di tutti gli esseri umani che ci circondano. E i fratelli non vanno discriminati, attaccati, ridicolizzati o esclusi.
I fratelli vanno integrati, accolti, guariti, amati, perdonati, in ricordo di nostro Signore Gesù.
2. Guarisci le ferite!
Io? Sì, tu! Non hai bisogno di poteri magici per guarire. Ci sono persone che hanno doni speciali, e sia benedetto Dio per il bene che fanno. Tu e io abbiamo forse un modo diverso di farlo.
Ascoltando i nostri amici possiamo guarire ferite di solitudine. Ringraziando i nostri genitori guariamo ferite di insicurezza. Giocando con i nostri fratelli guariamo ferite di rifiuto. Guardando i poveri guariamo ferite di anonimato.
Chiamando i nonni guariamo ferite di tristezza. Aiutando a migliorare il LinkedIn dei nostri amici che hanno perso il lavoro guariamo ferite di scoraggiamento.
Siamo Chiesa, siamo un ospedale da campo. Non ci concentriamo solo sul fatto di non sbagliare o di mantenere una vita di preghiera attiva. Niente di tutto questo ha davvero senso se non viviamo chiedendoci: “Come posso servire mio fratello che ha bisogno di me?” Coraggio! Siete sempre in tempo per farlo!
3. Leva la voce contro le ingiustizie!
Molti cattolici hanno paura di esprimersi di fronte a un’ingiustizia, perché forse hanno un rispetto
tossico nei confronti dell’autorità e non si azzardano a correggere il leader del gruppo, il sacerdote incaricato o perfino il vescovo.
Forse nel nostro lavoro non denunciamo abusi o corruzione per paura di perdere il nostro posto o status, o forse non protestiamo di fronte a qualche atto di violenza maschilista in famiglia per timore di spezzare qualche legame familiare.
La paura è naturale, ma come direbbe il “sensei” di Cobra Kai, “Può essere che non vinca sempre, ma non abbandono mai un combattimento”. Dobbiamo diventare speranza per le vittime, per quelle persone vulnerabili che vengono colpite da strutture, cattive pratiche, gesti…
Bisogna farlo con astuzia, carità e compassione. La paura non deve renderci complici della possibilità che qualcuno dei nostri fratelli viva un inferno che gli ruba la vita, e la vita in abbondanza che il Signore gli dà.
Avanti!
Gesù non vuole essere il nostro “sensei” solo per la “vita spirituale”. Vuole accompagnarci in ogni secondo della vita, in tutti i settori della nostra esistenza.
Qui non ci si allena per vincere incontri di karate, ma per dare la vita per il bene di un pianeta in cui guardarsi di più come fratelli, in cui i muri vengano sostituiti da abbracci di pace.
Forza, e che lo Spirito di Dio ci accompagni in tutte le nostre battaglie!