Una storia di speranza che mostra come spesso, anche nelle situazioni meno favorevoli, la vera differenza la facciano le persone, come i bravi medici della sanità calabrese che hanno operato e curato Francesca Stella.Che bello avere dei fatti, delle storie che in un solo tiro fanno strike di attese scontate e luoghi comuni. Un attimo, non che la situazione critica della sanità calabrese possa essere spacciata come stereotipo da abbattere, tipo quelli bersaglio delle fastidiosissime pubblicità degli assorbenti. La sanità della regione Calabria ha tanti problemi e tragiche carenze. Ma ha anche tanti medici capaci e umanamente pronti.
Così, in pieno lockdown, il primo e il più scioccante per certi versi, un ospedale e dei medici calabresi hanno aiutato a nascere e a vivere una bimba che rischiava di non farcela: si chiama Francesca Stella e ora sta bene.
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E’ venuta al mondo il 10 aprile, mentre il mondo era un po’ sottosopra per questo virus che ancora ci tiene sotto scacco. E’ nata a Cosenza ed è stata ricoverata per tre mesi. La bimba, che aveva una gemella che non è riuscita a vedere la luce (non è indicato per quali cause), era affetta da una malformazione congenita piuttosto rara e che richiede interventi chirurgici urgenti e cure specialistiche prolungate: aveva una forma grave di atresia intestinale, “malattia rara che consiste nell’assenza di un tratto di intestino che porta all’ostruzione di una sua porzione. Si può intervenire chirurgicamente”, si legge sul sito dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù.
La vita è fatta di incontri, anche molto precoci
Le persone che si sono parate sulla strada dissestata e pericolosa della piccola hanno fatto da subito la differenza.
Il primo incontro fortunato è stato con Stefano Palomba, primario dell’U.O.C. di Ostetricia e Ginecologia del Grande Ospedale Metropolitano “Bianchi – Melacrino – Morelli” di Reggio Calabria. (il fatto quotidiano)
Allora tutto dipende dalla fortuna, che si presume cieca? Dipende cosa si intenda per fortuna. Certo è una bella notizia in assoluto che Francesca Stella sia nata e sia stata salvata dalla competenza di medici e sostenuta dall’amore dei suoi genitori; è ancora più stupefacente per il momento in cui è successo e per il teatro di questo spettacolo di vita.
Nel suo nome c’è parte della storia che l’ha portata qui: Francesca era il nome della nonna e Stella quello destinato alla sorellina che non c’è più.
L’importanza di una diagnosi tempestiva
“Palomba ha subito diagnosticato il problema della nostra piccolina e da allora non ci ha mai lasciato soli”, raccontano i genitori di Francesca Stella. “Oltre ad aver monitorato costantemente l’evolversi della gravidanza, è stato poi fondamentale nell’indirizzarci verso il percorso che ha portato alla nascita e alla guarigione di Francesca Stella”, aggiungono.
Così è bello vedere agire medici ed esprimersi la nobile arte della medicina: la diagnosi, precoce o prenatale, serve per salvare, per guarire, per soccorrere la vita. Non per scartarla.
Dalla diagnosi alla chirurgia: un solo intervento anziché molti
Continua Il Fatto:
(…) Luciano de Leon, guidato da Sweaky Pavzi, chirurgo pediatrico dell’Angiada Hospital di Cognac, (…) è riuscito a risolvere il problema di Francesca Stella in un unico intervento, ripristinando completamente l’integrità dell’intestino del piccolo paziente, che solitamente richiede più interventi chirurgici (…).
Siamo nel pieno della prima ondata, quella che ha mostrato senza ombra di dubbio che il Sars-CoV-2 non è (per moltissime persone) equiparabile ad un’influenza; quella che ci ha tristemente abituati alla conta dei morti, alla preoccupazione circa la saturazione dei posti in terapia intensiva, alla teoria delle bare uscire dalle città, del Nord soprattutto, allora.
Ma le terapie intensive non esistono solo per l’insufficienza respiratoria da Covid-19; continuano ad esistere anche le unità di TIN, la terapia intensiva neonatale; quello strano inferno di dolcezza e paura, di strumenti complicati e precauzioni, di orari ridotti e isolamento dal mondo. Di medici e infermieri specializzati, guardiani e sostenitori delle vite più piccole e minacciate.
Anche Francesca Stella ha dovuto essere curata a lungo in una unità di TIN; i medici lo sapevano, fa parte del normale e critico decorso post operatorio per la sua patologia; lo sapevano e si sono preparati al meglio:
“Con lo scoppio della pandemia ci siamo subito organizzati per continuare a garantire ai nostri piccoli pazienti le migliori cure in sicurezza”, racconta Scarpelli. “La nostra struttura è il Centro di riferimento regionale per la chirurgia neonatale e, considerata l’importanza di mantenere pienamente operativi i nostri servizi abbiamo creato percorsi dedicati ai pazienti Covid-19. Nel frattempo abbiamo continuato a operare senza mai fermarci. Oltre a Francesca Stella – continua – siamo intervenuti, ad esempio, su un neonato di appena 1,2 chili che presentava sia atresia esofagea che intestinale. E abbiamo continuato a prenderci cura di ben 58 neonati”. (ibidem)
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