Fortuna… casualità… no. Per me sono Dioincidenze. E se guardo alla mia vita quante ne ho vissute! È la mano innamorata di un padre verso i suoi figli. di Francesca Centofanti
Tu chiamale se vuoi, coincidenze.
Fortuna, casualità, “l’accadere simultaneo e fortuito di circostanze diverse”. Chi di noi non ne ha fatto esperienza?
Quell’evento che si verifica nel momento giusto e al posto giusto. Dinanzi al quale non si può fare altro che strabuzzare gli occhi e dire: «noooo che combinazione!!», oppure: «neanche se l’avessi programmata a tavolino ci sarei riuscita…».
Il caso? O altro?
Neosposini in gita
Un giorno io e mio marito, neosposini senza prole al seguito, decidemmo di fare una gita, senza organizzare nulla, come spesso facevamo. Si partiva e si decideva la meta, strada facendo.
Era una ventina di anni fa, niente navigatore. La cartina aperta occupava mezzo abitacolo (chi ha la mia età si ricorderà sicuramente le ore passate affannandosi nel tentativo di ritrovare le pieghe giuste per richiudere quel chilo di carta).
«Punta il dito, ad occhi chiusi» mi dice mio marito.
«Vado» rispondo euforica.
Prima di chiudere gli occhi, piego la cartina, lasciando visibile solo l’area più vicina a noi, visto che si trattava di una gita di due giorni.
Il dito sembra fermarsi sul nulla. Poi guardo meglio. C’è una scritta piccola piccola, sperduta in un’ampia vastità di zona verde. Solo verde.
Ancora non ero ciecata come oggi, quindi riesco velocemente a mettere a fuoco quelle minuscole lettere. C’è scritto: agriturismo Pincopallo (nome inventato).
«Andiamo!»
La strada bianca era interminabile. Sembrava di stare a Frittole nel film Non ci resta che piangere.
Ma tra il mio ottimismo e la cocciutaggine del marito, non demordiamo.
Arriviamo.
Susanna: la nostra coincidenza
La nostra coincidenza ci si presenta subito davanti. Si chiama Susanna (altro nome inventato).
La receptionist, una come mille altre.
Dopo cena ci fermiamo al bar per una birra. Siamo noi e un altro paio di coppie. E basta. Il deserto.
Non so come sia effettivamente andata, perché, non so voi, ma quando parlo di Dio, io non ricordo una parola di ciò che mi esce dalla bocca.
Ma di certo ricordo che abbiamo parlato di Dio, anzi non di lui. Ma della nostra vita, la nostra vita con lui.
Susanna, a fine serata, mentre piange ci chiede come siamo arrivati in quel posto scordato dal mondo, due romani oltretutto.
E più cerchiamo di spiegarle la coincidenza fortuita (cioè, il dito) per la quale eravamo lì, più piange. Le sembra impossibile.
Abbandonata dal marito, con un figlio da crescere
Lei. Una donna forte, ma provata. In un periodo disastroso della sua vita. Attanagliata tra depressione e crisi emotive.
Abbandonata dal marito. Con un figlio da crescere. Senza più fiducia. Senza più speranza.
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Ma ora, quelle parole (che ancora oggi non so quali siano state) le riaccendono una flebile fiamma. Una luce, nel buio. Non si sente più così immensamente e improrogabilmente sola.
Abbiamo parlato fino alle due del mattino.
Il giorno dopo, siamo partiti.
Ci siamo scritte per circa un anno.
Poi basta.
Un caso? Una coincidenza?
Quell’appuntamento è stato solo un intersezione di varie casualità?
Altro che coincidenze… Dioincidenze
Anche Susanna che non crede, ha confermato che no. Non è possibile. C’è qualcosa o Qualcuno dietro quell’incontro altrimenti inspiegabile.
Alcuni le chiamano Dioincidenze. E così piace chiamarle anche a me.
E se guardo alla mia vita (e voi alla vostra, fatelo) quante ne ho vissute!
Quel flag messo per sbaglio sulla domanda di trasferimento che mi ha permesso di non rischiare il posto di lavoro.
Quel fidanzato lasciato così. Quasi su due piedi. Quasi sull’altare. Quasi una follia. Ma che ha aperto la strada a questa mia meravigliosa vita. Con mio marito. E i miei figli.
Quel ragazzo in classe di mia figlia, fratello del bimbo che stava in ospedale con l’altro mio figlio, 17 anni fa. Diciassette anni fa!
Carezze di Dio
Dioincidenze. Carezze di Dio. Strade, paletti, ricalcolo del percorso, chiamate.
Dategli il nome che volete, ma dietro cosa c’è? Chi c’è? Il caso? La fortuna? Un’accidentale combinazione? Magari per voi sono solo fatalità.
Per me, senza ombra di dubbio, no. Io ne sono certa. È la mano innamorata di un padre verso i suoi figli.
Lui ti prende. Ti accompagna. Se solamente tu lo vuoi.
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