Si dice “ogni bambino nasce con il suo fagottino“ e mi aspettavo il miracolo di un lavoro fisso o di trovare casa. Ho scoperto che la Provvidenza è molto concreta anche se non è come me la aspetto io.“Ogni bambino nasce con il suo fagottino“, o una cosa simile.
Questa frase me la sono sentita dire mentre ero incinta di Chiara.
Nessun miracolo
C’era chi entusiasta mi raccontava di come dopo aver scoperto di essere incinta improvvisamente si fosse ritrovata di fronte a sé ogni porta spalancata: contratti di lavoro eccellenti, concorsi vinti, ritrovamenti di case, soldi e potrei andare avanti. Alla fine del racconto tutte mi guardavano sorridenti e come una formula magica pronunciavano la frase quasi canticchiando “ogni bambino nasce con il suo fagottino”.
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Va bene. Pensavo. Chissà quali meraviglie ci attendono. Ma il mio lavoro a progetto è terminato nel bel mezzo della gravidanza, non ci si è palesato di fronte un qualche miracolo economico e nessuna casa ci è stata venduta a prezzi stracciati.
Ovviamente non ci è mancato nulla. Ovviamente ce l’abbiamo fatta. Ma ovviamente io stavo aspettando da tempo di capire quale fosse il fagottino “che ci spettava”.
Avete presente? Quella soluzione facile. Come a dire“beh Dio mi sono fatta carico di una nuova vita adesso tocca a te”.
Vi sembrerà ridicolo ma io li avevo banalizzati così quei racconti. Che sciocca. Non vedevo oltre.
Non sapevo andare oltre.
La Provvidenza è concreta
Mi ci è voluto un anno. Sì, io sono sempre un po’ in ritardo, ma ora che tra pochi giorni Chiara compirà un anno, ho intuito il suo fagottino dove l’aveva nascosto.
Lei è una furbetta, una tipa tosta, una che di certo non è banale. È così, l’ho inquadrata abbastanza bene.
E quindi sarebbe stato troppo scontato farci trovare la casa dei sogni o un “posto fisso” per la mamma.
Non che siano banali i posti fissi e le cose “facili” – la nostra famiglia sta in piedi economicamente perché Qualcuno ha voluto che prima di sposarci mio marito passasse il concorso del lavoro che aveva sempre desiderato – ma lei (e Lui) sapeva che era per noi tempo di vedere oltre. Non erano fondamentali. C’erano già state – e saremmo degli sciocchi se non ne fossimo grati – ma quello non era il momento per quel genere di cose.
E chi a questo punto penserà che ora inizi a decantare come i figli si crescano con l’Amore ecc., si sbaglia, non comincerò questo tipo di discorso perché voglio essere il più concreta possibile.
La Provvidenza è concreta, non bussa alla porta per offrirti sentimenti. Non è un vento caldo che ti riempie il cuore, né una boccata d’aria fresca che ti fa sentire leggera.
È fatti, soldi, cibo, vestiti.
La nostra Provvidenza ha bussato proprio alla porta. Sì, perché fosse per me sarebbe rimasta lì dov’era. Di certo non me l’andavo a cercare.
Il fiocco rosa
Io non amo fare il primo passo e ci metto molto ad aprirmi. Ma come? Ti piace parlare, scrivere, sembri così spigliata! Lo sono sulle cose che voglio io. Non su tutto. E quando si tratta di chiedere aiuto divento improvvisamente balbuziente.
Fermi tutti, ma non era nella Bibbia che c’erano tanti personaggi incapaci di parlare? Personaggi importanti! Ah ecco, forse allora non è – bella dritta, me la segno…
Scusate il monologo interiore. Dove eravamo? Ah sì, la nostra porta.
Spesso mi viene chiesto come sono i milanesi, la verità è che non ne conosciamo molti.
Ma nel nostro palazzo ci sono degli esemplari nativi e all’inizio li ho criticati tutti.
“Ci si saluta a malapena e se mi servisse qualcosa non saprei proprio a chi suonare”. Così mi sono lamentata per un anno abbondante.
Ah poverina, e te per caso ti sei mai presentata a qualcuno quando sei arrivata? Ehm, no, mai.
Appunto. Allora non si tratta tanto di milanesi o meno.
Quando è nata Chiara abbiamo appeso un fiocco rosa fuori dalla porta – quello che le ha portato la sua nonna in ospedale.
Improvvisamente tutti ci salutano. Ci chiedono come stiamo. Si stupiscono perché non si erano accorti del pancione. Io tutto questo proprio non me l’aspettavo.
In particolare la vicina della porta accanto un giorno ci incontra sotto al palazzo e si scapicolla per salutarci. Parole di gioia escono dalla sua bocca e il suo viso non nasconde quel tipo di entusiasmo sincero che niente ha a che vedere con il perbenismo: “ma siete voi? Siete voi i genitori della bimba del nostro palazzo?”.
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Da lì è nata una conoscenza, che è diventata alleanza nei momenti difficili che quest’anno ci ha riservato. Di quelle solide, su cui puoi contare.
Potrei citarvi altri fatti. Altre persone. Tante delle quali magari nemmeno sanno che quei vestiti sono arrivati a noi. Sono indossati oggi da questa bambina che ama sporcarli con tutte le svariate tonalità del cibo che tanto le piace. E che grazie al Cielo l’asciugatrice ci fa trovare pronti in poche ore.
Sono tanti.
E sono puntuali.
Quella porta io ho imparato ad aprirla. Era lì fuori il fagottino di Chiara. Non sul nostro conto corrente, non sulla mia posizione INPS.
Era nel cuore delle persone che sorridenti oggi si entusiasmano se Chiara nell’ascensore le saluta con la manina.
Nell’armadio di chi ha pensato a noi per regalarci i vestiti.
Nel portafoglio di chi ama farle doni di ogni tipo.
E nell’abbraccio di chi ci sta accanto.
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