Nata e subito operata al Bambino Gesù per una grave malformazione polmonare, Chloe adesso sta bene. Ha cominciato il nuovo anno da “rinata”, e ci ricorda che il nostro vero inizio è essere salvati.
È nata proprio un soffio prima del nuovo anno, ma rischiava di morire subito. Grazie a un intervento salvavita all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma la piccola Chloe ora sta bene. Affetta da una grave malformazione polmonare, la neonata è stata operata ed è fuori pericolo.
A 5 giorni dall’operazione, “le condizioni cliniche della piccola sono buone”, spiega il professore Pietro Bagolan, direttore del dipartimento Medico Chirurgico del feto-neonato-lattante del Bambino Gesù. Chloe respira in modo autonomo, senza l’assistenza del ventilatore meccanico, il difetto nei polmoni è stato corretto, le prospettive di qualità di vita sono ottime. “Ha cominciato a mangiare attraverso un tubicino che dal naso arriva allo stomaco – prosegue Bagolan – ora si avvia verso la guarigione completa e in futuro, non avrà più bisogno di altre operazioni”. (da Repubblica)
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Nascere in pericolo di vita
Per molti di noi la notte del 31 Dicembre è stata l’occasione per dire addio al 2020. Chiudere l’anno vecchio, lasciarsi alle spalle mesi faticosi. Ma per qualcuno è stato un benvenuto. La prima cosa di cui la piccola Chloe potrà vantarsi è di essere nata allo scadere del 2020. Mentre tutti contavano i secondi per uscire dall’anno della pandemia, io ho trovato un ultimo cantuccio del 2020 per nascere – potrà dire.
Questa bambina è nata prematura, a 37 settimane e un giorno. Si sapeva già che la strada davanti a lei era in salita. La sua mamma si era mossa dalla Sardegna per poter dare alla luce la figlia a Roma, nell’unico ospedale in grado di intervenire subito sulla patologia diagnosticatale durante la gravidanza: Mavp.
L’acronimo si riferisce a una malformazione polmonare che colpisce circa 1 bambino su 3.000-5.000 nati vivi. Nel caso di Chloe la situazione era particolarmente grave:
All’interno dei polmoni del feto con questa insidiosa anomalia si sviluppa, infatti, un groviglio di vasi che devia il normale percorso sanguigno mettendo in comunicazione diretta arteria e vena polmonare: intrappolato in questo cortocircuito, il sangue non riesce a ossigenarsi e si riversa nel cuore in grande quantità con il rischio di generare un grave scompenso cardiaco. Si tratta di una malformazione complessa, difficile da osservare nel neonato o durante la vita fetale, che può richiedere un’assistenza altamente specialistica al momento della nascita per scongiurare il pericolo di morte – nei casi più gravi – con un intervento in urgenza. (da Il secolo XIX)
La sua storia poteva essere quella dell’ultimo tremendo decesso di un anno già così funesto. Il 1 gennaio, invece, è cominciata la sua «rinascita». L’equipe medica del Bambino Gesù guidata dal professor Pietro Bagolan, direttore del Dipartimento Medico Chirurgico del feto-neonato-lattante, ha eseguito un’operazione chirurgica risolutiva. A 5 giorni dall’intervento la bimba è ancora sotto osservazione in terapia intensiva ma sta bene.
Un cuore sovraccarico
“La lesione era molto estesa e il suo cuoricino dilatato e sovraccarico, il sangue che andava al polmone destro si ossigenava quello che andava al polmone sinistro no”. Il rischio, insomma, era quello di generare un grave scompenso cardiaco, di vedere la bambina che ossigenava sempre meno e quindi causare problemi di tipo generale, cerebrali o renali. “Fortunatamente l’intervento è stato risolutivo”. (Ibid)
Nascere con un cuore sovraccarico, un’immagine che dà le vertigini. La sofferenza è un peso che schiaccia, la Croce pesava sulle spalle di Gesù. Anche il Suo cuore era sovraccarico. Ed è solo avendo Lui come compagno di strada, proprio quando il dolore opprime, che il sovraccarico può essere portato offrendo la nostra fatica per i pesi che gravano sul cuore di chi non ha nessuno spiraglio di speranza.
Nella battaglia a lieto fine di Chloe c’è tutta la sintesi della nostra vita: esserci è essere stati salvati. L’inizio non è un dato neutro, a ben vedere. È sempre un trionfo sul nulla, e di più.
Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. (Ezechiele 36, 26)
Tutti siamo nati nel momento in cui questo cuore nuovo ci è stato donato. La cronaca, una volta di più ci porta a girare gli occhi su ciò che avevamo trascurato. In bilico tra gli insulti all’anno vecchio e gli oroscoposci dell’anno nuovo, stavamo dimenticandoci di cosa è un inizio. Anche per noi nascere e cominciare significa essere sopravvissuti a un intervento salvavita. Siamo qui perché è intervenuto il Cielo a sistemare i nostri polmoni e i nostri cuori; respiriamo perché siamo stati salvati.
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Anche se al centro della scena c’è la piccola Chloe, non solo lei è stata protagonista di questa storia. Ci sono i medici che l’hanno operata, e dal loro punto di vista emerge uno scorcio di osservazione non meno interessante: cominciare l’anno dandosi da fare per tenere in vita una bambina. Quest’impresa rimette a fuoco il senso di un mestiere devoto alla cura. Sono stati mesi di impegno sfibrante per chi lavora tra le corsie degli ospedali. Tra gli elogi di chi li definisce eroi e gli attriti con le quotidiane difficoltà, c’è da recuperare speranza anche per chi indossa un camice bianco.
E Chloe è un segno chiaro, tutto si mette a fuoco meglio quando diventa chiaro che il nostro posto è quello di alleati alla vita. Collaboratori di chi ha impresso la buona notizia della vita nel disegno del mondo.
E poi sulla scena c’è anche una mamma, che proprio come Maria ha lasciato la sua casa e si è messa in viaggio sul finire della gravidanza. Della madre di Chloe sappiamo poco, ed è giusto così; sappiamo che si è trasferita dalla Sardegna a Roma per poter far operare sua figlia appena nata. Il suo viaggio sarà stato pesante, col fardello di una diagnosi che poteva essere mortale. Anche lei adesso sta bene e ha potuto finalmente incontrare sua figlia:
La mamma, invece, è stata dimessa ieri mattina. “Quando l’ha vista per la prima volta era molto emozionata – ricorda Bagolan – la bimba le stringeva il dito. È stato commovente anche per noi. La madre ora sta bene, si è ripresa, a parte qualche dolore post cesareo”. (da Repubblica)
Aggrapparsi, i neonati lo fanno subito. È un istinto, certo. Ma la dice lunga. Esserci è stare aggrappati a ciò che ci è dato, attorno e a portata – appunto – di mano. Esserci è riconoscere che le presenze umane vicine a noi sono punti di sostegno, per tenersi a galla a vicenda sopra l’acqua alta del nulla. È inizio, è nascere tutte le volte che ci aggrappiamo a qualcosa con la forza della gratitudine che avrà sentito questa mamma stringendo sua figlia per la prima volta.