Un’epidemia? Niente paura! Armata di fede incrollabile, santa Marianne Cope, religiosa statunitense, si è presa cura dei lebbrosi nell’arcipelago hawaiano di Molokai fino alla fine della sua vita, insieme col padre Damien de Veuster. Di temperamento ottimista, tutte le sue scelte di vita sono state guidate dalla fiducia in Dio.
Novembre 1883, porto di Honolulu, arcipelago delle Hawaii, pieno Oceano Pacifico. Dopo una lunga traversata, la nave americana SS Mariposa è in vista. Le campane della cattedrale suonano a distesa mentre sulla banchina la folla si accalca per accogliere i viaggiatori: tra loro, sei religiose francescane arrivano dall’America come rinforzo per occuparsi dei lebbrosi. Alla loro testa sta suor Marianne Cope. Numerose congregazioni hanno rifiutato l’invito della Chiesa nelle Hawaii a venire a prestare man forte in una gravissima crisi sanitaria, la religiosa ha accettato senza esitare:
Non ho paura delle malattie – ha dichiarato – […]: stare al servizio dei lebbrosi sarebbe per me una gioia grandissima.
Con questa dichiarazione la religiosa quarantacinquenne ha lasciato le sue funzioni di responsabile della congregazione a Syracuse, cittadina dello stato di New York. Una follia. Una volta ancora, però, suor Marianne si fidava di Dio.
Abbandono alla Provvidenza
In effetti, tutte le scelte di vita di questa religiosa americana di origini tedesche sono state vissute nell’abbandono alla Provvidenza: attratta giovanissima dalla vita consacrata, pazientò nondimeno nella fede fino all’età di 24 anni prima di entrare dalle Suore Francescane, perché doveva sovvenire ai bisogni dei suoi fratelli e sorelle. Più tardi, la giovane religiosa – tutta presa dalla spiritualità di san Francesco – creò degli ospedali nella regione di New York spalancando le porte ai disadattati e agli alcoolizzati. «È stata un esempio della bellezza della vita francescana», avrebbe dichiarato di lei il cardinal José Saraiva Martins nel 2005, mentre la beatificava.
Appena sbarcata nelle Hawaii, le religiose scoprirono i malati in uno stato deplorevole e abbandonati alla promiscuità. Dotata di forte senso pratico e col cuore saldato a Cristo, suor Marianne fondò a Maui un centro per le ragazze lebbrose, e poi si fece carico della gestione di un altro ospedale insalubre e sovraccarico. Cimici nei materassi, pavimenti sudici… le infaticabili religiose sanificarono gli ambienti e consolarono i pazienti.
Dio aveva però previsto per suor Marianne una missione più difficile. Una chiamata che ella avrebbe vissuto come al solito in una pace confidente: nel 1887, il governo decise di confidare i lebbrosi nell’isola di Molokai, a Kalaupapa, piccola lingua di terra ai piedi di falesie vulcaniche. «Accettiamo con gioia questo lavoro», esclamò lei accingendosi ad accompagnare i malati. E non avrebbe mai più lasciato l’isola.
Ottimismo e serenità
Lì la religiosa avrebbe incontrato Damien de Veuster, responsabile del lebbrosario da diversi anni. Infettato dalla lebbra, si sarebbe spento nel 1889 e sarebbe stato canonizzato nel 2009. Dopo la morte, suor Marianne avrebbe rilevato lo stabilimento per ragazzi creato dal missionario, mentre al contempo si sarebbe occupata di un altro centro, per le ragazze. Un carico di lavoro impressionante. In mezzo a malati talvolta ributtanti, alcune suore si scoraggiavano, ma tornavano a trovare la pace confrontandosi con suor Marianne, detta “madre dei lebbrosi”. Sempre ottimista e serena, il suo desiderio fu quello di «rendere la vita dei pazienti il più confortevole possibile»: dunque piantava fiori, vestiva decentemente i bambini e insegnava loro a cantare.
Madre Marianne morì a Molokai il 9 agosto 1918 a 80 anni, senza aver mai contratto la malattia e lasciando un’eredità spirituale e umana considerevole. «La vita della beata Marianne Cope fu un’opera d’arte della grazia divina», avrebbe ancora detto il cardinale Martins durante la beatificazione.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]