Sappiamo farlo entrando profondamente dentro le cose che stiamo attraversando? Spesso viviamo come avessimo il Covid: senza gusto. Sentendo solo il dolce e il salato, il freddo e il caldo. Niente di più. Figli di una generazione che si tappa il naso davanti alle sofferenze e mordicchia gioie istantanee.Quando perdi il gusto.
Molti di voi oramai sapranno di che parlo. Quella sensazione di mettere il cibo in bocca e a mala pena riesci a percepire sul fondo della lingua un sapore dolce o salato. Poi freddo o caldo. Ma niente di più.
Puoi masticare cavoli o patate, polpette o salsicce, mela o ananas, ma ad occhi bendati, non riconosceresti assolutamente quale sia l’uno e quale l’altro.
(Dovrei approfittarne e fare scorpacciate di pesce, visto che abitualmente il “solo odore” mi fa venire la nausea).
Insomma si mangia, ma non si mangia di gusto!
Ed è un po’ quello che ho sempre pensato, pensando alla vita.
Sappiamo vivere di gusto?
Perché per vivere, certo si vive, ma sappiamo farlo di gusto?
Cioè entrando profondamente dentro le cose che stiamo vivendo? E quando dico di gusto non intendo con piacere, ma fino alla fine. Fino all’osso. Io spesso non ne sono capace. Da sola, sicuramente, non ne sono capace.
Quando morì mio padre alzai un muro
Ricordo, ad esempio, quando morì mio padre. Innalzai un muro talmente alto, che il dolore mi toccò solo di striscio. Mi toccò, ma non lo assaporai.
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Mangiai quell’attimo di vita senza gustarne l’essenza, perché faceva troppo male.
Senza riuscire a mettere a fuoco che tutto è storia nostra, anche la parte più piccola, insignificante, fastidiosa o urticante è tesoro prezioso che non può restare senza essere assaporato, anche solo per qualche momento.
Ma io spesso non ne sono capace. Da sola, non ne sono capace.
Vivere come se avessimo il Covid: senza gusto
Per lo più sfuggo. Per lo più inconsapevolmente vivo come con il covid addosso, sentendo il dolce e il salato. Il freddo e il caldo. Niente di più.
Ma non credo di essere l’unica. Figlia di una generazione che si tappa il naso davanti alle sofferenze e mordicchia gioie istantanee.
Ma allora come mai ho ricordi vivi di dolori sordi? di coltelli nelle piaghe? di sale gettato su ferite ancora aperte?
E perché ancora ho memoria di felicità immense, profonde, vissute fino agli sgoccioli, fino all’ultima risata, che nessuno ha mai più potuto strapparmi dalle braccia?
E il cuore del Padre entra nel mio
Tuffi carpiati nel cuore di Dio.
Perché? Quando ne sono stata capace? Quando ne sono capace?
E me ne accorgo.
Perché la nebbia si dirada, gli spigoli si addolciscono, le priorità si rovesciano.
Il vento cambia.
E me ne accorgo.
E si accorciano le distanze tra la terra e il cielo. E il cuore del Padre entra nel mio. E io ci sprofondo dentro.
Gioia o dolore che contenga.
E gusto la vita in ogni suo piccolo morso. E non ho più paura di arrivare fino all’osso, non sono più sola.
Mi sento amata. In ogni momento, in ogni situazione.
Nulla mi turba, nulla più mi spaventa, solo Dio mi basta.
Ed ogni cosa riacquista il suo sapore. E finalmente mangio di gusto.
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