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Ricama l’ecografia così il papà cieco può “vederla” con le mani

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Annalisa Teggi - pubblicato il 16/12/20
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Un’idea commovente che ha permesso a Nathan di toccare l’immagine del proprio figlio. E che a noi ricorda che siamo davvero un ricamo di Dio: “Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, ricamato nelle profondità della terra”Nathan Edge diventerà padre tra qualche mese, ha 26 anni ed è di Mansfield in Inghilterra. Dall’età di 7 anni è completamente cieco e, quando la sua compagna è andata a fare l’ecografia della 12 settimana, gli è rimasta l’amarezza di non poter vedere quella prima immagine di suo figlio. Un’amica di famiglia gli ha fatto una bella sorpresa!

Vedere con la mani

Assistere alla prima ecografia è un momento emozionante, è dare un volto a qualcuno che c’è ma la cui presenza è suggerita solo da quelle due benedette lineette sul test di gravidanza e, per alcune mamme, dalle famigerate nausee. Chi c’è, è nascosto e ancora silenzioso nella pancia; tanto presente quanto invisibile. Per i genitori il desiderio di vedere è sempre grande. Siamo tutti adulti e razionali, ma quando si entra in quella stanza c’è quasi l’impressione che l’ecografo sia uno strumento più magico che tecnico …


LAURA STEERMAN, ART, ULTRASOUND
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Vederlo, appunto. Diamo quotidianamente per scontate un sacco di cose e le nostre frasi più comuni tradiscono questo sguardo obliterato, ma ci sta. Le eccezioni sono quei casi che possono avere l’effetto benedetto di farci meravigliare della norma. Questa storia ci restituisce moltiplicato lo stupore di vedere un figlio che cresce nel grembo.

C’è questo giovane quasi-papà di 26 anni, cieco dall’infanzia. Nathan Edge ha condiviso su Twitter la gioia incredibile che ha provato quando ha ricevuto dall’amica di famiglia Deb Fisher un regalo: ha preso la foto dell’ecografia fatta dalla compagna di Nathan, Emma Fotheringham, e l’ha trasformato in un ricamo. Che è un’immagine in rilievo, ed esercitando il tatto di Nathan ha potuto vedere toccando.

Avevo provato a immaginare mio figlio usando le descrizioni degli altri – ha detto Edge – ma ora sono capace di costruire una vera immagine del mio bambino. E’ straordinario. Avrei potuto vivere tutta la vita trascurando del tutto questa ecografia. (da Today)

Tutta la famiglia aveva infatti condiviso la gioia di vedere il bimbo, quando Emma era tornata dallo studio medico. E Nathan si era sentito escluso da questo momento importante. Si dice che gli amici si vedono nel momento del bisogno, ed effettivamente l’intuizione dell’amica Deb è stata un tocco provvidenziale.

Posso immaginare che non sia stato un regalo solo per il papà. Anche mamma Emma avrà goduto della meraviglia di quel ricamo. Ricamare è un po’ come non lasciarsi sfuggire niente di un’immagine ecografica in bianco e nero, anche sgranata. Ogni puntino conta e va guardato e poi va cucito.

L’ecografo sforna immediatamente l’istantanea, una ricamatrice anche molto abile ci mette più tempo ad arrivare all’opera finita. Deb Fisher, l’amica che ha avuto la bella idea, nella vita addestra cani e ha dichiarato di non essere esperta di ricamo. Tutto quel tempo impiegato a infilare e sfilare l’ago punto per punto, la pazienza di essere precisa e attenta … ecco forse questa storia ha un orizzonte più ampio del semplice regalo perfetto per un quasi-papà non vedente.

L’uomo è un ricamo

Avevo intenzione di mettermi a ricamare, pensavo che non sarebbe stato difficile – ha detto la Fisher, aggiungendo – Ho dovuto cucire e scucire un sacco di volte. (da People)

È davvero ammirabile l’entusiasmo dei dilettanti come Deb. Si parte in quinta perché s’intuisce il valore di una buona idea. Ma sarò brava a farlo? è una di quelle domande che faremmo bene a lasciare nel dimenticatoio. Ci si può buttare in un progetto che vale anche senza competenze e industriandosi lungo la via. (Qui è dove salto un lungo ed entusiasmante discorso sul fare male le cose, ma il senso è quello!).

Cucire e scucire, fare e rifare. Chissà a cosa pensava Deb per tutto il tempo in cui cuciva e scuciva? Ed è rimuginando su questa domanda che ho cominciato a spulciare in giro.

Innanzitutto ho scoperto che non è insolito ricamare l’ecografia dei propri figli. Non tanto in Italia, ma all’estero e in particolare negli USA ci sono molte mamme o appassionate che si dedicano a questa attività. C’è chi lo fa per se stessa e chi esegue ricami di ecografie su commissione. Su Youtube ci sono alcuni tutorial, quindi chi voglia cimentarsi nell’impresa ha anche un supporto di istruzioni concrete…

Questo tripudio di ricamatrici (credo che lo stesso discorso valga per altre attività meravigliose che sono state degradate a meri hobbies) mi ha confermato un sospetto: l’uomo ha bisogno e voglia di fare. Gode quando fa qualcosa con le sue mani (… perché fondamentalmente sente la stessa gioia di Dio quando creò). La creatività è l’allegra sorella minore della Creazione.

Ma il lavoro manuale sta sempre più scomparendo dalle nostre giornate. Ticchettiamo su tastiere, sterziamo a destra e sinistra, e poco altro. Chi ne patisce di più è il nostro cervello, che si meriterebbe la lentezza di un tempo meno frenetico di quello delle mail, delle chat, dello zapping.

Certe attività come il ricamo sono relegate alla sfera degli hobby. Prima ho detto degradate e devo subito rimediare.

Hobby non è una parola di categoria più bassa rispetto al rispettosissimo lavoro. Avere un hobby significa prendersi un frammento di tempo libero, ma libero come Dio quando creò il mondo. E non è un caso che nella Bibbia la creazione dell’uomo sia associata al ricamo proprio in un Salmo, cioè in un testo in cui la meraviglia dell’uomo esplode:

Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, ricamato nelle profondità della terra (Salmo 139)

E gli esegeti ci dicono che il verbo originale ebraico è raqàm, ricamare a colori.

Ricama e prega

So che l’immagine che sto per inquadrare farà venire un infarto alle femministe: la donna che ricama. Oddio, ma non siamo nel 2020?

Con il rischio di essere fraintesa completamente, ci vado pesante ricordando che Chesterton disse che la donna, più che meritarsi un lavoro, si meritava 20 hobbies. E intendeva dire che si meritava di essere più libera dell’uomo nel suo impegno attivo per il mondo.

Comunque sì, siamo nel 2020, anno che ci ha chiuso tra le pareti domestiche e sta rivoluzionando il concetto di tempo e spazio. Gli architetti immaginano città opposte alle metropoli, gli imprenditori immaginano settimane lavorative più brevi (e più produttive). Il tempo libero e della noia è apprezzato come grande risorsa creativa.

In fondo il ritmo giusto di vita lo aveva già mirabilmente intuito San Benedetto, ora et labora.

Come mamma, penso con un po’ di cruccio al bisogno di piccoli ritagli di silenzio e a quanto faccia fatica a pregare senza distrarmi. Quando lavoro a maglia ho iniziato a dire il rosario. La manualità è una buona strategia per scacciare i pensieri che mi allontano dall’intimo silenzio in ascolto di Dio.

La notizia del papà cieco che “ha visto” l’ecografia del figlio grazie al ricamo, mi ha fatto sorgere un desiderio. Anche io potrei recuperare le ecografie dei miei figli e mettermi a ricamarle. E ricamando potrei pregare, e pregando potrei meditare sulla meraviglia della vita.


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Magari potrei anche solo dedicarci un quarto d’ora qualche sera, cucire due punti e scucirne venti (… Penelope, dove sei?) ma farlo come gesto incarnato di memoria. Tu, Padre, mi hai ricamato nelle profondità della terra.

Se a qualcuna dovesse venire lo stesso desiderio, ho raccolto alcune meditazioni da accompagnare al ricamo. Voi sarete brave ad aggiungerne altre.

 

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