I suoi 28 affreschi che illustrano la vita del santo riempivano tutta la chiesa di AssisiNato a metà del XIII secolo a Firenze, Giotto è stato il primo artista in un certo senso moderno a trasformare la produzione di opere artistiche da un’attività artigianale locale a una carriera redditizia. Divenne qualcosa di simile a una celebrità internazionale, ed era ricercato da Papi e corti italiane.
Il genio realizzò il suo primo capolavoro nell’ultimo decennio del Duecento, quando creò qualcosa di completamente audace e innovativo: il ciclo di affreschi nella basilica superiore di San Francesco ad Assisi, una serie di 28 opere che rappresentano storie ed eventi della vita del santo.
L’evoluzione dell’arte
L’iconografia non era niente di nuovo. Nel corso del Medioevo, pittori e artisti avevano usato l’arte per illustrare la vita dei santi. In mosaici, dipinti e affreschi, le loro rappresentazioni seguivano lo stile bizantino tradizionale, con figure piatte e prive di emozione. Colori, oggetti, gesti e altri simboli venivano impiegati per comunicare un messaggio: il fatto che il santo era in cielo, e che attraverso la sua intercessione i fedeli potevano sperare nella vita eterna.
Quanto alle rappresentazioni artistiche della vita di San Francesco, a metà del XIII secolo esistevano pannelli lignei dipinti, soprattutto in Toscana. Francesco era la figura centrale, con storie della sua vita illustrate intorno a lui. Veniva visto come un intercessore, e si sottolineavano miracoli e guarigioni.
La rivoluzione di Giotto è stata quella di prendere le rappresentazioni di Francesco su pannelli lignei, aggiungervi contenuto e stile e riempirvi un’intera chiesa. Era un progetto monumentale, mai messo in atto prima.
Quando Giotto arrivò nella basilica superiore di San Francesco ad Assisi, altri artisti avevano finito da poco di completare scene dell’Antico e del Nuovo Testamento nella parte superiore delle pareti. Il suo compito era quello di collegare il messaggio generale: il fatto che l’Antico Testamento prediceva la venuta di Cristo, e che Cristo chiamava Francesco a imitarlo in un modo unico nella storia attraverso le stigmate.
Mediante una serie di rapporti, paragoni e analogie, i pellegrini che visitavano la basilica vedevano collegamenti e analogie tra i profeti, Cristo e Francesco negli affreschi superiori e inferiori. Lo stile di Giotto era fresco e ambizioso. Cercava di far apparire le scene realistiche con colori brillanti, e piuttosto che sfondi dorati (l’oro simboleggiava il Paradiso) usava un cielo blu. Se le figure nell’iconografia precedente erano prive di emozioni (si credeva che in Cielo le anime non ne avessero), Giotto includeva espressioni di dolore, rabbia, paura, lutto, gioia e sorpresa. Se l’iconografia bizantina era statica, Giotto creò l’apparenza di movimento.
L’innovazione di Giotto
L’elemento forse più innovativo era il suo uso della profondità. Mentre le icone bizantine erano piatte e bidimensionali, Giotto aggiunse prospettiva. Più ingegnere che artista, il genio impiegava spesso lo strumento artistico dello scorcio per creare l’illusione che la scena avesse la terza dimensione della profondità. Agli spettatori, sembrava di trovarsi davvero nella scena descritta.
Non era solo lo stile di Giotto ad essere nuovo, ma anche il suo messaggio. Prendeva spunto dai Francescani e da altri ordini mendicanti, come i Domenicani, che avevano rinnovato la spiritualità del XIII secolo in Italia attraverso la predicazione itinerante alla gente dove si trovava, in strade e piazze – al di fuori dei monasteri. Nel suo lavoro, Giotto trasmetteva un messaggio simile.
L’artista voleva mostrare che la spiritualità cristiana non era limitata all’aldilà. La vita non era una valle di lacrime in preparazione al Paradiso. Al posto di questo, Giotto cercava di abbracciare il messaggio di San Francesco, per il quale la gente poteva iniziare a vedere e a sperimentare la bontà, la verità e la bellezza di Dio già in questo mondo.