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La storia d’amore dei 177 giorni di vita di Samuele con trisomia 18 (VIDEO)

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Silvia Lucchetti - pubblicato il 02/12/20
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Manuela racconta in una videointervista i doni che il figlio Samuele con la sua breve vita ha lasciato alla sua famiglia e al personale sanitario che lo ha assistito. Sul sito della Fondazione Il cuore in una goccia onlus troviamo una video testimonianza straordinaria: Manuela ci racconta con grande serenità e dolcezza la storia di Samuele, il suo ultimo figlio nato con Trisomia 18.

Il bambino è vissuto 177 giorni, sostenuto dall’amore dei suoi genitori e fratelli.

Cos’è la Trisomia 18?

La Trisomia 18, chiamata anche Sindrome di Edwards, è una malattia genetica che colpisce circa 1/6000 nati vivi e consiste nella presenza nelle cellule di un cromosoma 18 in più: tre al posto di due.

La maggior parte dei feti portatori di questa anomalia, la cui incidenza aumenta proporzionalmente all’età della madre, muore in utero.

La sindrome fa registrare un tasso molto basso di sopravvivenza a causa di anomalie cardiache, malformazioni renali e altre patologie a carico degli organi interni.

L’amniocentesi

Manuela, oggi 45enne, già madre di 5 figli, si accorge due anni fa e a distanza di 10 dall’ultima gravidanza di essere incinta per la sesta volta.

La notizia è subito accolta con gioia ed entusiasmo da tutta la famiglia; la ginecologa, data l’età, la convince a fare l’amniocentesi anche se ha intenzione di portare avanti la gravidanza qualunque sia l’esito dell’esame.

“Il bambino è affetto da Trisomia 18: deve abortire”

Un paio di settimane dopo le giunge una telefonata di un medico che le dice che il bambino è affetto da Trisomia 18 e la invita ad andare in ospedale per abortire.

Manuela rifiuta l’aborto

Benché sconcertata e gelata dalla notizia, Manuela risponde di getto che non ha alcuna intenzione di farlo, stimolando così l’irritazione del sanitario che inizialmente crede non abbia ben compreso la gravità di quanto le è stato comunicato, ma poi si arrende di fronte alla sua fermezza.

Anche la ginecologa prova a convincerla della necessità di abortire sottolineando che il figlio sarà un bambino “terminale”, al che Manuela ribatte:

Ma se ti dicessero che tuo figlio è un malato terminale cosa faresti, lo uccideresti?

La domanda fa capire alla dottoressa che il suo unico compito sarà seguire la gravidanza che si rivela assolutamente lineare e senza complicazioni fino alla 42esima settimana.


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“Kamikaze”, “estremisti”, “pazzi”

La determinazione a portare avanti la gestazione trova l’aspra contrarietà di amici e familiari che appellano la coppia con aggettivi come “kamikaze”, “estremisti”, “pazzi”, e addirittura un parente molto stretto arriva ad affermare che questa è una punizione divina per essersi disposta ad intraprendere una gravidanza in così tarda età.

Samuele nasce e viene subito battezzato

Samuele nasce con parto naturale a termine, e non è di basso peso come preannunciato ma è un bambino di kg. 3,680.

Manuela temendo possa morire appena partorito come spesso accade in questi casi, vuole accanto a sé al momento dell’espulsione la madrina e il sacerdote per amministrare il battesimo.

Ha raccomandato all’ostetrica di non tagliare il cordone prima di averlo battezzato, perché il suo obiettivo fondamentale è sì farlo nascere ma contemporaneamente renderlo figlio di Dio.

I primi dieci giorni di vita con la Trisomia 18

I primi 10 giorni di vita sono molto tranquilli: Samuele nella culla termica respira da solo e succhia anche il latte dal biberon. Il decimo giorno riceve eccezionalmente la visita dei suoi 5 fratelli che non vedevano l’ora di conoscerlo: Samuele li guarda tutti in faccia, fissandoli intensamente uno ad uno.

Il peggioramento

Il giorno dopo le sue condizioni peggiorano per cui viene intubato, e pur attraversando momenti critici tiene duro, dimostrando di essere molto attaccato alla vita.

Piano piano cambia l’atteggiamento del personale sanitario

L’atteggiamento dei sanitari, inizialmente improntato ad un nemmeno troppo larvato rimprovero e disapprovazione nei confronti dei genitori che lo hanno fatto nascere, progressivamente cambia con la percezione di quanto profondo amore circonda Samuele, tanto che uno di loro arriva a dire che la sua sopravvivenza è dovuta principalmente al fatto…

(…) che si nutre di amore.

E invece:

Noi la dobbiamo ringraziare per averci fatto conoscere Samuele, per quello che ci ha insegnato, per come halottato per vivere.



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Continua a lottare per 6 mesi

Anche per i fratelli questa esperienza si rivela estremamente positiva, in quanto diventano più autonomi e collaborativi nello sforzo che tutta la famiglia fa per stare vicini a Samuele che continua a lottare per sei mesi.

I regali di Samuele

Manuela non ci racconta il momento del trapasso tanta è la serenità e la gratitudine per i copiosi frutti che Samuele ha lasciato grazie alla sua breve vita, e che la madre custodisce gelosamente.

Essere entrati profondamente in contatto con lui ha cambiato le coscienze, i cuori egli atteggiamenti dei sanitari che lo hanno assistito; inoltre si è creata una fitta rete di contatti con tutte le mamme che in quei mesi hanno vissuto in ospedale con bambini che combattevano per sopravvivere:

(…) tutti regali di Samuele, sono la sua eredità, il regalo per me.

La conclusione della videointervista è veramente illuminante, densa di quell’amore e quella speranza che solo la fede può donare:

Anche oggi Samuele è presente in tutto quello che facciamo o diciamo, è con noi, ci parliamo, nella nostra famiglia lui c’è, in modo diverso, non è presente fisicamente ma è presente con tutto il resto, non è che l’amore si spezza, non è che finisce solo perché cambia la dimensione, è solo un’altra dimensione, però Samuele c’è.


GIACOMO MARIA ACETI,
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