Il Papa lo ritiene un esempio positivo che si potrebbe seguire anche in Amazonia. «Finora quello zairese è l’unico rito inculturato della Chiesa latina approvato dopo il Concilio Vaticano II». Vediamo in cosa consiste«Finora è l’unico rito inculturato della Chiesa latina approvato dopo il Concilio Vaticano II. Il rito zairese del Messale Romano è ritenuto come esempio di inculturazione liturgica».
Lo sottolinea Papa Francesco nella prefazione al volume “Papa Francesco e il ‘Messale Romano per le diocesi dello Zaire’”, edito dalla Libreria Editrice Vaticana, il cui intento è proprio quello di conoscere in modo approfondito i diversi aspetti del “Messale Romano per le diocesi dello Zaire”, approvato nel 1988 dalla Congregazione per il Culto Divino (Vatican News, 2 dicembre).
“Si tratta di una celebrazione gioiosa”
Il libro è curato da suor Rita Mboshu Kongo, delle Figlie di Maria Santissima Corredentrice e docente di Teologia spirituale e formazione alla vita consacrata presso la Pontificia Università Urbaniana.
«Si sente – osserva Papa Francesco – che nella celebrazione secondo il rito zairese vibra una cultura e una spiritualità animata da canti religiosi a ritmo africano, il suono dei tamburi e altri strumenti musicali che costituiscono un vero progresso nel radicamento del messaggio cristiano nell’anima congolese. Si tratta di una celebrazione gioiosa».
Un vero luogo di incontro con Gesù
Il rito zairese è un vero luogo di incontro con Gesù, afferma il Papa. «Si vive ciò che abbiamo scritto: « La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia» (Evangelii gaudium).
Liturgia e riti indigeni
Un «esempio di inculturazione liturgica», come scrive il Papa, che si richiama anche all’esortazione apostolica Querida Amazonia in cui è detto esplicitamente di «raccogliere nella liturgia molti elementi propri dell’esperienza degli indigeni nel loro intimo contatto con la natura e stimolare espressioni native in canti, danze, riti, gesti e simboli».
«Già il Concilio Vaticano II aveva richiesto questo sforzo di inculturazione della liturgia nei popoli indigeni, ma sono trascorsi più di cinquant’anni e abbiamo fatto pochi progressi in questa direzione», notava sempre l’Esortazione Apostolica postsinodale del 2020.
Leggi anche:
Querida Amazonia, il celibato e i “viri probati”
Verso un rito amazzonico
Per Papa Francesco, dunque, «il caso del rito zairese suggerisce una via promettente anche per l’eventuale elaborazione di un rito amazzonico, in quanto vengono recepite le esigenze culturali di una determinata area del contesto africano, senza stravolgere la natura del Messale Romano, a garanzia della continuità con la tradizione antica e universale della Chiesa».
Come si svolge il rito zairese
Ma in che cosa consiste il rito zairese? Lo raccontava su www.30giorni.it, un missionario comboniano che quel rito lo conosce bene: Padre Venanzio Milani.
All’inizio della messa si fa la conoscenza di tutti i partecipanti – se c’è un ospite lo si annuncia, così che la comunità possa dichiarare di accoglierlo, e viene sempre ricordato chi è il celebrante e da dove viene – e segue l’invocazione dei santi. L’aspetto della comunione è molto evidenziato nella liturgia zairese: comunione con chi è presente alla messa e con coloro che ci hanno preceduti, con i santi. Cioè, non c’è solo la Chiesa peregrinante lì presente, ma, come in tutti gli atti fondamentali della vita di un africano, vi è sempre un legame con l’eterno.
Leggi anche:
Sinodo: Africa, una voce plurale
La danza intorno all’altare
Quindi ci si mette alla presenza di Dio: tutta la Chiesa, peregrinante e trionfante assieme. A questo punto si danza attorno all’altare. Per gli africani danzare attorno ad un centro significa venerarlo e comunicare alla forza vitale che da lì scaturisce, per esserne irradiati e successivamente ritrasmettere quanto si è ricevuto.
Il riot penitenziale
Il rito penitenziale è svolto dopo la liturgia della Parola, come si trova anche nella Bibbia. In base a che cosa infatti posso riconoscere il mio peccato? In base al mio giudizio? Se compio l’atto penitenziale all’inizio della messa, potrebbe sembrare che sia così, mentre gli africani lo pongono di seguito alla liturgia della Parola, perché solo nell’aver incontrato il Signore, nel paragone con Lui, ascoltando le parole del sacerdote, scopro il mio peccato.
E ho qualcosa per cui domandare perdono, qualcosa per cui chiedere aiuto. Quando si fa l’aspersione con l’acqua santa dopo il rito penitenziale, si dice: “Signore, prendi i miei peccati, buttali nel profondo dell’acqua della tua misericordia e dimenticali”.
Il ruolo dell’annunciatore
A questo punto seguono il rito della pace e la preghiera dei fedeli (perché solo in pace con Dio possiamo vivere in pace tra noi) e qui scaturisce la preghiera per i propri cari, gli amici, la parrocchia, la Chiesa, il mondo.
C’è un legame profondo tra il celebrante ed il popolo, ma è mantenuto anche attraverso una figura intermedia.
Perciò nel rito zairese è stato posto un “annunciatore” che segnala ed introduce elementarmente i diversi momenti della messa».
I canti e i bambini
In Congo ci sono dei canti musicalmente belli, belli come testo, aderente al dettato biblico e non inventato, e leggeri come i versi della poesia africana. Ad esempio, il prefazio non è mai costruito come un monologo, ma come un dialogo (ugualmente la predicazione, ed è impressionante sentire certi botta e risposta del popolo nelle omelie…).
Quando il prefazio è cantato – “ti lodiamo Signore che hai creato le foreste e gli animali, che hai creato il fiume ed i pesci” – il popolo risponde cantando. Anche al Canone il popolo risponde cantando. È come la preghiera eucaristica dei fanciulli, dove i bambini vocianti rispondono.
Leggi anche:
A Messa si può ballare?
Leggi anche:
Il segno della pace, un rito con radici profonde