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50 anni dalla legge sul divorzio in Italia e niente da festeggiare

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Paola Belletti - pubblicato il 01/12/20
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Sebbene vi fossero situazioni e squilibri tra i coniugi da sanare, la battaglia a favore del divorzio finì per buttare il bambino con un’acqua che non era nemmeno così sporca. La legge 898, in Gazzetta Ufficiale dal 3 dicembre del 1970, dopo l’approvazione in Camera e Senato, fu promulgata dal quinto Presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat, il 1 dicembre di quell’anno. Siamo dunque oggi a 50 anni esatti dalla nascita di questa norma e più che festeggiare compleanni possiamo fermarci a vedere che faccia hanno i suoi “nipoti”, in termini di effetti sociali.

Il titolo è  “Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio“. Ecco il primo articolo: 

1. Il giudice pronuncia lo scioglimento del matrimonio contratto a norma del codice civile, quando, esperito inutilmente il tentativo di conciliazione di cui al successivo art. 4, accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita per l’esistenza di una delle cause previste dall’art. 3.

Storia del disegno di legge e della sua approvazione

La legge iniziò il suo iter nel 1965 e inizialmente portò la firma del deputato socialista Loris Fortuna. Disegnando una cornice che vedremo riproporsi in ogni passaggio cruciale delle istanze progressiste, argomenterà la necessità di una tale normativa come recupero di un vergognoso gap rispetto agli altri paesi europei; allora il riferimento sovranazionale era il MEC. L’Italia è l’unico paese europeo e uno dei pochi al mondo a non riconoscere legalmente il divorzio, si ripeterà nelle aule parlamentari e sui giornali.

Lo scontro che arriverà in Commissione Giustizia è sempre quello sull’indissolubilità del vincolo matrimoniale e le forze che intorno ad esso si battono sono i deputati cattolici a sua difesa e quelli impropriamente detti laici che lo vogliono rimuovere.

La legge, che alla fine passerà in entrambe le aule del parlamento 5 anni più tardi, sarà la versione più moderata presentata dal liberale Baslini nel ’68.

Gli aspetti di “moderazione” del precedente disegno sono nella separazione di fatto non è equiparata a quella legale e la sentenza di divorzio diventa rimandabile per altri due anni a discrezione del giudice.

L’opinione pubblica

A fare da contrappunto alla melodia parlamentare ci sono i giornali, le manifestazioni di piazza, i casi limite impugnati per dimostrare la assoluta necessità di liberare soprattutto le donne da un vincolo oppressivo e penalizzante. Esistevano numerose incongruenze e situazioni che di sicuro dovevano essere sanate. Ma non gettando il bambino con l’acqua, per quanto sporca la si vedesse. Come ogni causa aveva i suoi testimonial e persino i suoi martiri. C’è la coppia Ingrid Bergman e Roberto Rossellini, con i loro tre figli che dovettero vedersi riconosciuto il cognome del legittimo marito di lei e non quello del padre (fino a che non cambiò il diritto di famiglia, nel 1975).  Ci fu la popolana romana amica di Marco Pannella che voleva veder riconosciuta la sua unione col compagno dal quale ebbe figli e da quelli nipoti dopo che, decenni prima, il marito l’aveva piantata senza farsi mai più rivedere. E così, sui cartelli che campeggiavano nelle manifestazioni dei radicali, compariva un entusiasta macht point da un cartello dei Radicali: «Argentina Marchei ha vinto, Paolo VI ha perso».

Papa Montini di anni ne aveva 73, allora. E il Santo Padre soffrì, di sicuro. Il Papa che guidò la Chiesa in furiose tempeste, che donò al mondo l’Humanae Vitae ricevendone solo incomprensione e ingratitudine, patì quello che i radicali festeggiavano in piazza come una vittoria non come sconfitta personale ma come una trafittura inflitta alla famiglia e alla tenuta stessa della società.

Il divorzio in Italia in numeri

Come riporta anche il CorSera, l’Istat mostra l’andamento del numero di divorzi dall’approvazione della legge. Ci sono picchi e battute d’arresto fino all’accelerazione impressa dai decreti recenti e recentissimi su iter agevolato, 2014 e divorzio breve 2015.

Per l’instabilità coniugale, i dati del 2015 risentono degli effetti delle recenti variazioni normative. In particolare l’introduzione del “divorzio breve” fa registrare un consistente aumento del numero di divorzi, che ammontano a 82.469 (+57% sul 2014). Più contenuto è l’aumento delle separazioni, pari a 91.706 (+2,7% rispetto al 2014). (Istat)

I matrimoni, dal 1995 al 2017, sono passati da circa 300mila e poco meno di 200mila. I divorzi sono lentamente aumentati fino all’impennata degli ultimi anni.

Non cambiamo solo i numeri

I numeri dicono tanto, non tutto. Dicono come stiamo vivendo il matrimonio e la famiglia ma non dicono la verità nè sull’uno nè sull’altra. Non ci mostrano, cioè, la dimensione profonda della relazione uomo donna, del loro essere fatti per donarsi reciprocamente. Ci illudono che, mettendo ordine tra i casi che la storia ci sottopone, troveremo il modo di godere di questo bene, la convivenza, come fosse un prodotto di consumo.

Ci ricorda il Card. Caffarra, commentando la Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II, che ciò che conta, del matrimonio, è appunto la sua verità, il suo principio; sebbene le vicende umane non facciano che offrirci esempi di come esso venga tradito e umiliato. Ma non smentito! Questo è il punto.

Denota ciò che Dio con il suo atto creativo ha inscritto nella persona dell’uomo e della donna. Cristo dice che prima di considerare i casi, bisogna sapere di che cosa stiamo parlando. Non stiamo parlando di una norma che ammette o non eccezioni, di un ideale a cui tendere. Stiamo parlando di ciò che sono il matrimonio e la famiglia. (cultura cattolica)

L’indissolubilità è un dono, non una norma

La minaccia reale al matrimonio inferta da quella norma che oggi si festeggia come una liberazione è nella concezione che essa implica e diffonde: il matrimonio si riduce a una convenzione, funziona come un accordo economico che preveda benefici individuali, venuti meno i quali non solo è permesso ma è doveroso interromperlo.

Da qui tutta la narrazione sul coraggio di andarsene, sull’onestà con sé stessi nell’inseguire i propri sogni di cu è abbondano trame di film, libri e vite da copertina. I figli e il loro dolore – oltre a quello di chi subisce la separazione – invece finiscono negli omissis.

L’indissolubilità, invece, non è un’oppressione ma un dono. Per i coniugi e per la società intera.

Lo si comprende anche nell’esperienza di coppia: è la stabilità del legame a darci libertà, è il fatto di non essere in perenne condizione “soddisfatti o rimborsati” che ci permette di vivere a pieno e coraggio l’impegno e la bellezza di un’appartenenza reciproca.


COPPIA TESTA A TESTA
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