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Chiudere le chiese, tracciare i preti… Miguel Pro rimase sempre accanto ai suoi parrocchiani

Miguel Pro
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Philip Kosloski - pubblicato il 25/11/20
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Negli anni ’20 del XX secolo, quando in Messico anche le leggi proibivano di praticare il culto, un sacerdote continuava a sovvenire ai bisogni spirituali dei suoi parrocchiani.Nel 1926 il presidente messicano Plutarco Calles fece approvare delle leggi laiciste che miravano a sradicare il cristianesimo dal Messico, anche a mezzo dell’espulsione all’estero dei preti per inibire la pratica religiosa. I sacerdoti vennero privati del diritto di portare l’abito talare in pubblico e il governo prese il controllo dei monasteri. La pratica di ogni culto venne rapidamente interdetta e ai fedeli si proibì l’accesso alle chiese.



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Malgrado tutte le difficoltà, il beato Miguel Pro continuò a servire i suoi parrocchiani escogitando nuovi mezzi per guidare il gregge affidatogli. Nell’omelia per la beatificazione di sei servi di Dio, tra cui padre Miguel Pro, il 25 settembre 1998, san Giovanni Paolo II disse di lui:

La celebrazione quotidiana della Santa Messa era il centro della sua vita, nonché una fonte di forza e di fervore per i fedeli. Padre Miguel Pro organizzava “stazioni eucaristiche” coi parrocchiani, e lì il corpo del Signore poteva essere ricevuto segretamente ogni giorno, negli anni della persecuzione.

Spesso Miguel Pro si travestiva per sfuggire alle autorità e compiere più facilmente il proprio dovere. Si recava nelle case delle famiglie per celebrare la messa, ascoltare le confessioni e battezzare i bambini. La chiusura delle chiese e la minaccia dell’arresto non lo dissuadevano in alcun modo dall’essere un pastore per per il suo gregge, e Giovanni Paolo II non mancò di sottolinearlo.

Tutta la sua vita di apostolo dedito e coraggioso è stata ispirata da un instancabile zelo evangelizzatore. Né le sofferenze delle gravi malattie, né lo spossamento dell’attività ministeriale – che egli compiva spesso in circostanze pericolose – sono riuscite a soffocare la gioia radiosa e contagiosa del suo amore per Cristo, che nessuno poteva togliergli (cf. Gv 16,22).

Accusato ingiustamente di aver cospirato in un attentato, Miguel Pro fu fucilato il 23 novembre 1927. Morì con le braccia in modo crucis gridando “Viva Cristo Re!”. Il suo esempio resta fonte di ispirazione per molti, per il suo coraggio davanti alla persecuzione religiosa e per la sua volontà di servire il gregge in tempi difficili.



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[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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