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“Il cane cristiano”, la storia di un Indiana Jones venezuelano

RAFAEL DE NOGALES MENDEZ
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Macky Arenas - pubblicato il 17/11/20
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La vita straordinaria di Rafael Nogales Méndez è reale come la storia dei tempi convulsi in cui ha vissutoLa vicenda di questo avventuriero che ha diviso la sua vita tra la caccia alla balena con gli Eschimesi, fare il cowboy in Arizona e combattere in quasi tutte le guerre della sua epoca è tutta vera.

La storia di Rafael de Nogales Méndez è impressionante. Si è coinvolto in qualsiasi conflitto gli si presentasse. Riassumendo, possiamo dire che governò militarmente il Sinai, essendo cristiano combatté nell’esercito ottomano, fu testimone del genocidio armeno, conobbe Lawrence d’Arabia e ricevette la Croce di Ferro di prima classe dalle mani del Kaiser Guglielmo II. Costa credere che una persona che si è esposta tanto ne sia uscita illesa, ma così è stato.

Caballero Andante

Nel suo libro di memorie si è definito “caballero andante”. La sua filosofia sia riassumeva in una frase: “Quando vedi una guerra giusta, arruolati per combattervi”. Come ha scritto la ricercatrice Sonia Romero Harrington, “una delle più interessanti pietre miliari nei rapporti storici tra Venezuela e Turchia è rappresentato dal servizio prestato in territorio ottomano da Rafael de Nogales Méndez, venezuelano formato nelle arti militari in Germania, Belgio e Spagna”. Parlava fluentemente tedesco, francese e italiano, e poi imparò russo, giapponese, cinese e coreano.

Nato nelle Ande venezuelane, a San Cristóbal, nel 1877, venne battezzato come Rafael Ramón Intxauspe Méndez. Discendeva da Diego Méndez, scudiero di Cristoforo Colombo, e aveva quindi l’avventura nei geni.

Padre ricco e sorella nobile

Non era un improvvisato, o un mercenario come si potrebbe pensare. La sua famiglia era benestante, e venne inviato in Europa per studiare Filosofia, Lettere e arti militari. Il padre di Rafael era proprietario delle miniere di rame di Seboruco e delle piantagioni di caffè a El Abejal, e uno dei grandi azionisti del Gran Ferrocarril del Táchira.

Contrattò sempre i migliori pedagoghi venezuelani e colombiani per far studiare privatamente suo figlio. Rafael era l’unico figlio maschio, seguito da tre sorelle che si sposarono con Tedeschi benestanti di San Cristóbal. Una di loro, Ana María Nogales, sarebbe diventata contessa di Westerholt sposandosi, il 6 settembre 1920, con il conte Max Von Westerholt und Gysenberg.

In politica, cospirò e affrontò le dittature instaurate in Venezuela all’epoca. Cipriano Castro e Juan Vicente Gómez erano per lui “le forze tiranne che per un secolo hanno calpestato i sogni del Libertador”. Rafael guidò movimenti e sollevazioni contro entrambi i personaggi.

Spia, cacciatore e cercatore d’oro

Fu una doppia spia nella guerra russo-giapponese. Poi, scrive la Romero Harrington, si dedicò per un certo periodo alla caccia a orso, alci e balene in Alaska, dove divenne noto come “Kid Méndez”. Proseguì la sua carriera come “cowboy” e cercatore d’oro in Nevada con il nome di “Nevada Méndez”. Sarebbe stato inoltre l’unico generale latinoamericano e unico ufficiale neutrale a lottare come tale per anni nelle file delle Potenze Centrali combattendo sotto la bandiera del profeta Maometto.

Partecipò alla Rivoluzione messicana, lottando al fianco di Pancho Villa, e quando la Spagna entrò in guerra contro gli Stati Uniti si arruolò come volontario delle forze spagnole, con le quali combatté coraggiosamente contro i nordamericani.

Quattro anni sotto la Mezza Luna e la profezia

Scrisse un libro intitolato Quattro anni sotto la Mezza Luna, in cui riferisce le sue lotte di quando faceva parte degli eserciti dell’Impero ottomano. Ci era arrivato senza averlo pianificato. Aveva 34 anni quando scoppiò la I Guerra Mondiale. Non volle rinunciare alla nazionalità venezuelana quanto il Belgio e il Regno Unito glielo chiesero per combattere nei loro schieramenti. Il Venezuela si era dichiarato neutrale. La Legione Francese lo accettò, ma senza rango di ufficiale. Presto l’Impero ottomano gli offrì di riconoscere il suo livello, e lui iniziò a combattere nelle sue forze sui campi di battaglia di Armenia, Kurdistan, Iraq, Palestina e Sinai. De Nogales fu Governatore Militare della Palestina Centrale e della Transgiordania, e spiccò sempre per coraggio, lealtà e capacità di comando.

Del libro menzionato, una citazione si rivela oggi profetica: “Il giorno in cui arrivasse a mancare il potere centrale di Costantinopoli, quel rosario di residui di popoli e nuclei etnici, di origini diverse e religioni rivali, non tarderebbe a trasformare l’Asia minore in una seconda Macedonia o in nuovi Balcani che col tempo finirebbero per mettere in pericolo l’Europa, e soprattutto le sue colonie asiatiche e africane di origine islamica, visto che il cratere di questo vulcano si troverebbe in quel caso situato al centro del mondo maomettano”.

“Il cane cristiano”

In quelle terre era noto come “il cane cristiano”. Era cristiano e tale rimase, anche se seppe valorizzare la ricchezza culturale di quei popoli. Ottenne gradi importanti, onori e decorazioni, come quello di Bey dell’Impero ottomano e di Generale di divisione dell’Impero tedesco. Ricevette la Croce di Ferro di prima classe dalle mani del Kaiser Guglielmo II e la Stella di Mechedieh ottomana.

Nogales si trovò nel famoso e tristemente celebre sito di Van, sul fronte della Mesopotamia e su quello di Kut-El-Almara (1916), come anche su quello di Palestina e Gaza (1917), dove il suo esercito sconfisse gli Inglesi.

Fu testimone del genocidio armeno e scrisse le sue esperienze indicando i Giovani Turchi come i responsabili intellettuali della pulizia etnica di Armeni e altri popoli cristiani, ma esentò da ogni colpa all’esercito, cosa per la quale è stato oggetto di polemiche.

“De Nogales si trasformò, per la sua visione disinteressata, in un testimone scomodo per chi voleva usarlo per giustificare azioni o suddividere colpe – segnala la Romero Harrington –. Si mostrarono Armeni, Curdi e Turchi come li vedeva un Venezuelano, con l’ampiezza di sguardi che le sue circostanze difficili, di cristiano e al contempo soldato che aveva giurato di combattere sotto la bandiera del Profeta, gli imponevano”.

Lo sfortunato destino degli eroi

Il professor Kaldone G. Nweihed ha scritto di lui: “È stato uno degli uomini più straordinari che ancora aspettano di essere reinterpretati alla luce di una nuova epoca che torna alla ribalta dopo una lunga sospensione, come se il mondo intero stesse tornando allo scenario geopolitico vissuto dal venezuelano-turco Nogales Bey”.

Dopo Bolívar e Miranda, non c’è dubbio che Nogales Méndez sia stato il Venezuelano più internazionale, ma dimenticato, cosa che non è accaduta al suo contemporaneo Lawrence d’Arabia. Non è strano. Anche in Venezuela è caduto presto nell’oblio.

Nel 1918, terminata la guerra, tornò in America, visse qualche anno in Nicaragua e collaborò alla causa del rivoluzionario Augusto César Sandino. Tornò in Venezuela dopo essere stato tormentato dal servizio segreto francese. Nella sua patria non comandava più il generale Gómez, e il successore, Eleazar López Contreras, lo inviò a Panama come diplomatico.

Si ammalò e morì a 57 anni a Panama il 10 luglio 1937. Il suo cadavere venne imbalsamato e inviato al porto di La Guaira, dove per 15 giorni scomparve. Ricevette un funerale senza onori.

Anche Bolívar è morto solo e deluso, come anche Miranda, i cui resti sono ancora da identificare. Sembra essere il destino di alcuni eroi, e Rafael De Nogales Méndez è uno di loro.

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