L’arcivescovo di Bologna parla del Natale, della triste evenienza dello stop alla messa, e del significato dell’incarnazione«Su come saranno le messe a Natale bisognerà aspettare. Questa seconda ondata di pandemia ci chiede di essere uniti e perseveranti. Forse dovremmo fare come i pastori e incamminarci all’aperto. Troveremo il modo per arrivare a Betlemme» con queste parole il cardinale di Bologna, monsignor Matteo Zuppi, risponde alle domande di Franca Giansoldati sul Messaggero, a proposito delle parole espresse dal premier Conte a circa il Natale, del significato religioso e intimo che questa festività ha per molti, anche non credenti e del pericolo di nuove limitazioni alle messe.
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Il Lockdown di Pasqua
Ricordando i tempi durissimi del lockdown primaverile, che ha costretto la Chiesa a celebrare addirittura la Pasqua senza popolo, quasi una contraddizione liturgica essendo la Pasqua il culmine della fede cristiana e dunque dell’assemblea del popolo, spera che non si debba tornare ad una scelta simile ma quella, prosegue Zuppi
«[era una] circostanza eccezionale ci ha aiutato a scoprire una modalità di comunicazione nuova per noi. Eravamo un po’ primitivi anche perché l’incarnazione del mistero di Dio significa che non diventeremo mai virtuali, e la Chiesa non diventerà mai un gruppo WhatsApp e che l’incarnazione porta sempre alla fisicità, al contatto, evitando il rischio che il vero diventi verosimile e la realtà virtuale superi la tangibilità».
«In ogni caso – prosegue monsignor Zuppi – le celebrazioni in streaming hanno permesso celebrazioni condivise e hanno consolato tante solitudini. E poi ci hanno aiutato con il linguaggio».
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Solo Cristo è l’antidoto ai mali moderni
Bologna è zona arancione al momento, e la speranza del Cardinale è quella che la situazione non precipiti, che insomma si mantenga innanzitutto una speranza di ritorno alla normalità il più rapidamente possibile, ma la questione vera per monsignor Zuppi è dove si deve fondare quella speranza, in un tempo in cui la morte si fa più prossima del solito. Per il parroco di Trastevere che è diventato un principe della Chiesa, la risposta è una sola:
«La vita è combattere contro la morte e vincerla come ci ha insegnato Cristo. Il benessere e il modello nel quale siamo immersi ci fanno credere in una caricatura della vita, che poi diventa elemento di frustrazione e incapacità a coglierne la sua bellezza. «»«. E’ un antidoto anche a tanta rabbia e delusione che vedo in sottofondo».
Nel Bimbo Gesù l’immagine dell’Amore
Dio s’è fatto bambino, piccolo e indifeso, simbolo di fragilità per riscattare tutte le fragilità dell’umanità, in questa tenerezza del Padre verso i suoi figli, l’invio del Figlio, ci sono tantissimi spunti per una piena e autentica spiritualità del Natale che si accompagna e dà senso alle celebrazioni liturgiche.
«Tanto per cominciare – dice ancora monsignor Zuppi – ci riporta all’essenziale, al mistero della vita, a guardare con occhi di bambino ciò che ci circonda. Il Piccolo Principe diceva che si colgono le cose invisibili solo se si guardano con il cuore. Ed è una frase che fa riflettere perché i grandi si dimenticano di essere stati bambini. Ecco allora che questo Natale forse ci potrà aiutare a contemplare ancora di più il mistero di un Dio che entra nella pandemia, che si fa uomo pur sapendo che l’uomo è fragilissimo, vulnerabile. Il mistero cristiano si fa più evidente».